OASIS  "Definitely maybe (30th anniversary deluxe edition)"
   (2025 )

Come prepararsi una pensione di platino nell'era di Spotify e Roon dopo essersi assicurati, sia pure a suon di cazzotti oltre che di schitarrate e robusto rock and roll britannico, una maturità d'oro massiccio. Mettendo a frutto i dividendi del fenomeno Britpop, quando la musica si ascoltava solo su cd e montava il fenomeno degli mp3 che avrebbe cambiato tutto nell'industria musicale.

Potrebbe essere sintetizzato così, un po' cinicamente come a loro non spiacerebbe forse, ma non liquidato, il fenomeno un po' nostalgico un po' necessario, visti i magri tempi musicali dominati da Bruno Mars e del tormentone "Apt", del ritorno atteso quanto acclamato degli Oasis.

I fratelli Gallagher da Manchester, partiti oltre trent'anni fa alla conquista del mondo, sono come è ormai anche ai sassi arcinoto in procinto di varare tra sei mesi il megatour che per ora, ha ammesso Liam gelando una fan sui social, non toccherà l'Europa. Mai dire mai, verrebbe da dire citando un'altra icona britannica.

Per ora godiamoci - e se viene da un fan dei Blur come il vostro affezionatissimo credetemi l'apprezzamento vale alquanto - questa goduriosa ristampa di interesse non meramente collezionistico in due cd con demo e outtraks, che riporta ai seminali tempi appunto d'oro in cui gli Oasis partirono subito col piede giusto, con un muro di suono di energico disincanto ma senza sbagliare una hit per sfondare direttamente nell'Olimpo del rock.

Remaster, operazione nostalgia commerciale con cui, è ormai tendenza imperante, le major cercano di spremere ogni limone rimasto? Certo, però godiamocene i frutti perché qui si è fatta la storia e la capsula del tempo ci illude che trent'anni siano passati in un soffio ma non invano, beato chi c'era. Vediamo.

Chi come me ha il privilegio di invecchiare torna facilmente con la memoria a quel 1994 in cui muoveva qualche timido passo nel giornalismo "pro" nella provincia profonda dell'impero senza averne peraltro le basi: nel 1994 i Radiohead avevano da poco cambiato nome ma già firmato da un anno la loro "Creep", erano gli anni in cui si smorzava senza possibilità di ritorno la stella dei Cocteau Twins, da tre anni Robyn Hitchcock aveva prodotto quel bell'album con i suoi Egyptians chiamato "Perspex island", erano gli anni del ritorno senz'anima dei Pink Floyd privati di Waters (con tanto di vW Golf a loro intitolata, nientemeno).

Anni di ex imperi allo sbando, di presidenti fedifraghi con un debole per i pompini e di principesse tristi destinate a tragica fine (Diana Spencer morirà nel 1997), erano tempi di guerre sporche (mai ce ne fu una pulita?) nel golfo e nei Balcani, di disillusioni a manetta, con il millenium bug di là da venire, ma con l'orizzonte di un millennio al tramonto ancora confortevole in cui adattarsi sperando in un futuro migliore.

Quello che è venuto dopo lo sapete. Ecco, il successo degli Oasis nella patria dei Beatles e degli Who e dei Queen (si parla di un disco di inediti...) a quei tempi che furono anche di cambiamento nonostante tutto si spiega anche così, come colonna sonora di un momento storico in un paese che se non ci fosse si dovrebbe inventarlo per quanto nel bene e nel male ha regalato, o saputo vendere, al collettivo immaginario, dai citati Floyd ai Clash ai Sex Pistols, da Shakespeare ai Black Sabbath.

L'Inghilterra del 1994 - quando dall'altra parte dell'Atlantico si spegneva con un colpo di fucile Remington l'astro grunge Kurt Cobain - aveva bisogno di cantori così, energetici e quanto basta furbi e sornioni, capaci di intercettare lo spirito dei tempi bisognosi di ritmo e densità ma anche di spocchia e simpatica arroganza dopo la sbornia disimpegnata degli Ottanta, di fare loro da colonna sonora, di diventare istantaneamente dei classici (sì, anche replicando ataviche rivalità come quella Beatles / Stones) senza dare troppo a vedere che gliene importasse davvero qualcosa. Very british insomma, alla prova dei fatti e col senno di poi.

Dimenticavo: sempre nel 1994 a 273 chilometri da Manchester, ossia a Bristol, nasceva nel novero del trip hop "Dummy" dei Portishead, altra storia, storia parallela eppure altrettanto importante per tornare a quegli anni senza nostalgia ma con consapevole orgoglio di esserci stati e di esserci ancora. A maggior ragione vista e udita la pochezza attuale.

Godiamoci insomma in ogni singolo e sacrosanto bit, a 31 anni di distanza, l'album di debutto degli Oasis nella “Definitely Maybe (30th Anniversary Deluxe Edition)”, con brani registrati e poi scartati dalla sessione di registrazione ai Monnow Valley Studios, insieme agli outtake dalla versione definitiva dell’album registrati ai Sawmills Studios in Cornovaglia, mixati per la prima volta da Noel Gallagher e Callum Marinho. L'album include anche una versione demo inedita di “Sad Song”. Originariamente pubblicata come bonus track sull'LP, questa è una versione alternativa con la voce di Liam Gallagher.

Fu il secondo album più ascoltato degli anni '90 nel Regno Unito, battuto solo dal suo successore, il più leccato e furbo “(What's The Story) Morning Glory”. E scusate se è poco. Marpioni? Insopportabili ma trascinanti? Sicuramente. Pezzi da novanta? Altrettanto. Da somministrare con dosi da cavallo a chi si accontenta dei putridi Maneskin.

Voto 10/10, definitivamente senza se e senza ma: il piedino si muove a suon di musica e non chiede altro. Buon trip, e speriamo non facciano troppo rimpiangere i nineties quando finalmente, attesi da milioni di boomers, risaliranno i palchi. (Lorenzo Morandotti)