DARIO MIRANDA "La dormiente"
(2025 )
“Una montagna può sembrare un uomo (se lo decidi), disteso calmo ad osservare il cielo (se tu vuoi così)”, cantava Lucio Battisti nella sua poco ricordata “Una montagna”. Ci sono profili di montagne che sembrano persone distese, ne ho vista una da piccolo in Grecia, e ce n'è una in provincia di Benevento, chiamata La Dormiente del Sannio.
Questa donna di roccia è la fonte d'ispirazione per il nuovo lavoro di Dario Miranda, “La Dormiente”, uscito per l'etichetta norvegese Losen Records, dopo aver realizzato un altro disco paesaggistico, che aveva preso spunto dall'intero massiccio di cui La Dormiente fa parte: il Taburno Camposauro. Miranda suona il contrabbasso assieme a Luca Aquino a flicorno e tromba, e Giovanni Francesca alla chitarra.
Il loro è un jazz che dialoga con il silenzio. Tutti gli strumenti tessono lentamente dei ricami di note, con estrema calma, in contemplazione di ciò che osservano, e noi nell'ascolto siamo guidati da nient'altro che gli evocativi titoli dei brani: “Dolce rumore”, “Miniera inesplorata”, “Nel bosco”, “Sugli alberi”, “Immagine passeggera”, che ha un notevole passaggio free di Aquino, che soffiando nel suo strumento inanella note impazzite e frenetiche, lasciate libere di solcare i passi lenti del contrabbasso. Sembra uno di quei momenti di dialogo che Miranda descrive nel proprio sito. La sua concezione di jazz è quella di una conversazione in musica, scevra da strutture chiuse.
Chissà cosa ha scaturito la particolare melanconia di “All'ombra del tuo sguardo”, dove Miranda decora la musica con spruzzate di pad avvolgenti, verso la fine. Nelle sequenze di arpeggi di chitarra di “Ciò che non siamo”, ne compare uno con la quinta aumentata (tipo do mi sol#), dando una sensazione di sospensione.
Per il brano “Con paura il cuore”, Miranda molla il contrabbasso e suona la celesta, tastiera dove al posto delle corde i martelletti battono su lamelle metalliche (come nel vibrafono), ottenendo accanto alla tromba una sonorità dolce. “Come i complici” continua a sondare le rocce della montagna, con una melodia che forse prende spunto dalla lenta e dolorosa “Gymnopèdie 1” di Erik Satie, per poi deviarla altrove.
Infine, i suoni riecheggiano in maniera ipnotica e morbida con un gioco elettronico, nel brano di chiusura “Milioni di scale”, colorata da un lontano disturbo noise della chitarra elettrica. Un inaspettato pezzo di congedo particolarmente suggestivo, per un album paesaggistico. “La Dormiente” continua a dormire, ma se noi invece rimaniamo svegli per concentrarci ad ascoltare il trio di Dario Miranda, possiamo cercare di immaginare come sia il paesaggio che li ha così ispirati. (Gilberto Ongaro)