DEMIDEAD  "War against ourselves"
   (2025 )

Dopo l’ascolto, è consigliabile una visita cardiologica. Da una parte perché è un salto temporale negli anni ’90, dall’altra perché questo disco contiene una particolare e spaventosa efficacia nel descrivere l’aria che tira in questo periodo.

Anche se lo stile riporta a cose che erano già note in ambito metal estremo oltre trent’anni fa, i Demidead si sono evoluti nella ricerca, che li ha portati a individuare alcuni dei mali che minano l’uomo interiore.

Un’interpretazione artisticamente seria e drammatica, che ha visto concentrare in quello che questi musicisti definiscono “demone parassita” l’origine di molti disturbi, che spesso portano a serie patologie. Pertanto ecco la musica che diventa quasi una terapia, per raccontare questo demone ma anche la battaglia di chi lo individua e decide di combatterlo.

Un rito violento e allo stesso tempo sciamanico, oscuro perché il demone che impera in molte anime si circonda di oscurità, specialmente nelle menti. Eppure i momenti di lucidità interiore si percepiscono, potenzialmente dei veri e propri varchi che la musica riesce a creare.

Musicalmente, i Demidead si agganciano anche con quanto ha lasciato in eredità il progressive, una sorta di lasciapassare attraverso i gironi infernali narrati dalle sfuriate metalliche tipiche del death metal, che ogni tanto l’esistenza obbliga ad attraversare. ‘Pollution Eden’ ne è un esempio: quando l’apparente calma porta a pensare che il tormento si stia avviando verso la fine, ecco l’ennesima scarica che riporta nell’incubo.

D’altronde anche il Sommo Poeta insegna che pure un semplice passaggio attraverso l’Inferno lascia il segno. Ed ‘Incarnation Of Death’ sembra stia lì per ricordarlo, con le sue grida disperate ed i suoni lancinanti, anche se il momento del riscatto è sempre raggiungibile. È il nome stesso della band a suggerire la speranza per una ri-scossa, diretta a chi si crede effettivamente non ancora del tutto un dead man walking. Come per questi musicisti, è possibile almeno trovar rifugio nella musica.

Personalmente è ‘Only One Thing’ ad avermi colpito. Una partenza poggiata su un’accativante linea melodica che muta man mano che il brano decolla, diventando gradualmente minaccioso ed inverosimilmente ipnotico, ma allo stesso tempo comprensibile e dal groove... rock!

In molti qualche anno fa arricciavano il naso al cospetto del suono heavy italiano. Questo disco è uno schiaffo all’eccessiva esterofilia di cui in molti in Italia peccano. Contemporaneamente conforta pensare all’alto livello di qualità raggiunto dalle band italiane in fatto di metal estremo.

Infine, sento di fare un unico augurio ai Demidead: dimostrare il più possibile sopra qualsiasi palco il loro valore. In particolare oltre confine, perché c’è ancora fame di musica onesta e ben suonata, pur essendo sempre l’andrenalina l’ingrediente principale di alchimie sonore come la loro. (Mauro Furlan)