JERRY DE SARIO  "Radio Elisir"
   (2024 )

“Radio Elisir” è un album di undici canzoni, ma in un certo senso è come ascoltare un'unica canzone, dalla stessa intenzione. Questo perché Jerry De Sario, polistrumentista milanese, ha un'idea estetica precisa da perseguire, con poche varianti, che stanno soprattutto nelle progressioni armoniche. Ma il mood è costante, così come la scelta delle parole.

Da tastierista, dico che si sente che il concept parte da un tastierista. De Sario canta, suona le tastiere, ma anche flauto, sax soprano e percussioni, spesso etniche (riconosco a un certo punto il darbuka). Accompagnato da una corista, chitarrista e batterista, il compositore ci porta in un'atmosfera morbida, condita spesso da pad (per l'appunto, fondali di suoni statici di tastiera), e molti accordi di settima maggiore, tra quelli più distesi, mentre la chitarra più volte crea una ritmica da lounge, come in “L'età dell'oro”.

Navighiamo tra lounge, new age e qualche suggestione latina ma mai troppo marcata (non si balla). E soprattutto, le parole sembrano venire da un'altra dimensione. Non hanno un briciolo di tensione verso un lontano mondo ideale: lo descrivono direttamente, come se ci fossimo già. Si entra in “mondi celati” resi visibili, come non ci fosse più nessun velo di Maya da squarciare. Ed è chiara la direzione spirituale. L'album si apre evocando “Kryon”, nome di un angelo, l'angelo più forte. Più avanti appare “Only Deva Love”. La parola “Deva” in sanscrito indica la divinità.

“Rainbow on the world” dichiara con ottimismo: “Col buonsenso vinceremo ancora”. E navighiamo in suggestioni geografiche, come “Mari del Sud” o “L'Albero del Teneré”, che era un albero che viveva isolato nel deserto del Niger, ed era considerato sacro dai Tuareg. Purtroppo un veicolo lo colpì, e fu abbattuto nel 1974.

Dalla geografia si passa all'astronomia con “Pleiadi” e poi l'album si conclude con il brano strumentale “Damabiah”, che è il nome di un altro angelo. Dunque, questo disco è “protetto”, circondato da due angeli. Inoltre, il numero legato a Kryon è l'11, e l'album è composto da 11 brani. Quindi, se le parole possono essere sfuggenti (e, va detto, cantate senza toni da predica anzi, con la totale pace dei sensi), non sfugge che c'è una certa conoscenza esoterica a trainare la scrittura. Dunque, lasciamo intatti i misteri del disco, e lasciamoci ispirare dai suoi messaggi di pace, con queste musiche liquide come, appunto, un elisir. (Gilberto Ongaro)