STRANIA "Acceptance"
(2024 )
Sbloccando un ricordo scolastico, credo che abbiamo tutti in mente come Giacomo Leopardi descriveva la Madre Natura, no? “Matrigna crudele ed indifferente al dolore degli uomini”.
Un concetto decisamente forte, dettato dal suo proverbiale pessimismo cosmico, ma che, comunque, fa tutt’oggi riflettere sul dualismo che incarna la Natura stessa: al contempo, madre salvifica e spietata.
Tema, questo, che viene ampiamente riportato in auge dall’italian progressive rock-band degli Strania nei 35 minuti che annovera il loro album d’esordio “Acceptance”: 5 brani con durata elastica che va dai 4 ai 10 minuti e che tenta di concretizzare la volontà del combo di differenziarli tra loro, con animi contrapposti e consapevoli.
L’ombrosa e coriacea “The tide’s Echo” schiude l’opera, caratterizzata da un impatto immaginifico, mentre in “It’s meant to be” si viaggia con stilemi accoglienti e fruibili, tra British pop e lucente dark-prog.
La terza tappa è appannaggio del singolo “Metempsychosis”, dall’indole malinconia e fluttuante, con trillati vigorosi ed incalzanti innestati su un bel tessuto godibile, ma l’intento tematico sulla crudeltà della Natura tocca vertici sonori con l’intensa e glorificante “Nothing remains”, ed il titolo la dice tutta sulla potenziale tabula rasa che, spesso, l’umanità deve subire dagli eventi catastrofici che ci propina la soggetta in questione.
Per salutarci, gli Strania approdano nella maestosità del porto di “Lost at sea”, delineato con vibrante maestria, perennemente in bilico tra dolcezza e dolente caparbietà esecutiva.
“Acceptance” è decisamente un debutto interessante, che lascia sensazioni appaganti e, se i ragazzi non proveranno l’ansia di confermare le buone cose proposte, nel fatidico secondo album, saranno promossi a pieni voti. Al momento, un bell’8 ci sta tutto. (Max Casali)