DAL:UM  "Coexistence"
   (2024 )

À È Ì Ò Ù Ý! Nah, il Capodanno non c'entra, poi si capisce.

In gergo si dice “thwack and twang”, tecnicamente è il pizzicato con arresto. Sono suoni di corda spinti, potremmo dire in parole poverissime che hanno “molto attacco”. Si percepisce pure il corpo, la consistenza della corda. In Europa, Bartók è il più noto compositore ad aver fatto abbondante uso di questa tecnica. Ma qui ci spostiamo in un altro continente.

Uscito per Glitterbeat Records, il secondo album del duo Dal:um, “Coexistence”, ci fa esplorare le suggestioni di due strumenti tradizionali coreani: due particolari cetre da tavolo, che si chiamano gayageum e geomungo. Le due musiciste Ha Suyean e Hwang Hyeyoung creano dialoghi armoniosi con gli strumenti; l'affiatamento si sente particolarmente quando nei brani si fermano, e poi ripartono insieme con naturalezza, come un unico organismo.

Le corde vengono suonate con la tecnica accennata all'inizio, e l'esito è di ottenere suoni dal carattere molto percussivo. La sensazione è quella di leggere un testo pieno zeppo di à, è, ì, ò, ù, tutto àccèntàtò e màrcàtò.

In “Cracking” le Dal:um corrono, mentre in “Dodry” lasciano decadere le note, con una lenta declamazione ipnotica, per poi trovare una ritmica decisa in “Poison and Antidote”. “Alive” invece presenta arpeggi tanto rapidi quanto morbidi e sussurrati, con una buona capacità di crescendo e decrescendo d'intensità, senza rallentare mai. Poi, a sorpresa sentiamo un archetto creare delle note prolungate come quelle di un... violoncello? Vado in cerca di presunti ospiti nelle informazioni: no, niente ospiti, sono sempre loro! È Hyeyoung, che suona il suo strumento con l'archetto, cioè in maniera non convenzionale.

Ascoltare il duo Dal:um è affascinante, soprattutto per la scelta minimale di suonare esclusivamente gayageum e geomungo, senza aggiunte di arrangiamenti. È una valorizzazione di questi strumenti, che mostra come si possano ancora suonare in maniera attuale, senza mai apparire come reliquie di un revival etno-folk. Anzi, si dimostra per l'ennesima volta che gli strumenti geolocalizzati sanno esprimersi e comunicare ancora con il resto del mondo. Glitterbeat Records, una garanzia. (Gilberto Ongaro)