HELEN BURNS  "The rain caller"
   (2024 )

Dalla calda Sicilia, arriva l’ardente opera prima del quartetto degli Helen Burns “The rain caller”, edita dall’alacre etichetta ferrarese Alka Record Label, corredata da 10 brani potenti e ricercati, ponderati con g(i)usto impatto di alt-rock, stoner e post-punk.

Quando ci si accorge che il sound e la stoffa ci sono sin dall’esordio, ci si chiede quale sia il piccolo segreto insito. Spesso, ci può essere il pregiato tocco di un produttore esperto ma può anche succedere che, se c’è un forte legame d’amicizia tra i membri della band, la coesione nasca spontaneamente e si fortifichi nel tempo fino a renderla una famiglia, come in effetti amano definirsi loro stessi.

Sembra quasi un caso che l’intercalare “finisce sempre bene” sia collocato all’entrata del disco: infatti, sebbene in “Always ends well” si respiri aria da “day after”, il risultato finale è decisamente incoraggiante, mentre s’aggirano fulminanti “Demons” dark-wave che girano con splendido impatto dinamico.

E chi sarà mai la “Combat Girl” che s’annida con gustosa prepotenza in traccia tre? Di certo, qualcuna che ha dato un’ispirazione verace ai Nostri, che ne parlano con fiammante orgoglio! Dopo la stralunata “Mary Magdalene”, si torna a marcare il territorio identitario sia con la fervente “Hard” che con il carattere schizoide di “Educate”.

Invece, se “Dot and Comma” va presa come una divagazione eterea, il singolo “Mina” splende di chiarori alt-rock, come se i Blur più scazzati miscelassero il tutto con l’indole dark dei Bauhaus: mica male, eh?

E cosa ci propina la titletrack per chiudere il cerchio? La genialità di impacchettare un brano ipnotico, pulsante, invadente ma fascinoso, meritevole del titolo dell’intero lavoro.

Per gli Helen Burns sono i primi 38 minuti di una carriera che si prospetta lungimirante e prolifica di nuove e sorprendenti soluzioni. Meno male che già hanno in cascina altro materiale, così non dovremmo aspettarli a lungo. E questa è, di per sé, una gran bella notizia. (Max Casali)