LAZY DAY "Open the door"
(2024 )
Dopo dieci anni di attività live e alcuni singoli ed EP, Lazy Day, ovvero la cantautrice londinese Tilly Scantlebury, arriva all'album di debutto, uscito per Brace Yourself Records: “Open the Door”. Si tratta di un dream pop che ancora ci riporta al sentimento indie-alternativo degli anni '10, quella sensazione di sogni proiettati in una realtà precaria, con case ancora vuote e Zooey Deschanel col rullo in mano, pronta a ridipingere i muri.
Chissà perché mi è venuta in mente proprio Zooey, la mia (anti)diva preferita, quando invece la personalità di Tilly Scantlebury è quanto più distante da quella dell'attrice statunitense. Forse è la scelta sonora, o il video dalle camicie pastellate di “Real feel” (di 5 anni fa) ad avermi mandato fuori strada. In realtà, Scantlebury esplora la propria queerness, accompagnata dalla sua band in maniera morbida anche nelle fasi più accese, dalle chitarre elettriche.
Tilly e la band sono rimasti affascinati dalle fotografie di Catherine Opie, della serie “Being and Having” esposte al MoMa nel 1991, dove sono immortalate 13 persone che si identificano o come lesbiche, o come non binarie. Al primo sguardo però, sembrano tutti uomini, con tanto di baffi. Avvicinandosi, si nota la colla che pende: sono baffi finti! Si gioca con la percezione, per interrogarsi sul costrutto sociale del binarismo di genere. I volti sono circondati da uno sfondo giallo. Così, Lazy Day scrive “Bright yellow”, dichiarando di voler essere come quelle figure.
E poi c'è “Concrete” (che non vuol dire “concreto” ma “cemento”), pezzo uptempo dove si esprime una visione che apprezza le piccole cose: “Sitting on the concrete (…) I never got my hopes up”. Cioè: “Non ho mai avuto grandi speranze”. Il sentimento torna anche nel breve pezzo acustico in chiusura dell'album, “All the things I love”: “It's OK to dream big / but still be wantin' more”. Accettazione dei propri limiti e desideri. Anche le fragilità vengono messe in versi, come in “Joke”: “When you laugh at me, even for a joke / it breaks my heart”.
“Falling behind” è corredata da un videoclip, dove Scantlebury fa da fotografa per una curiosa persona dipinta di verde e dai denti aguzzi. Accostate, sembrano rappresentare la stessa persona, una sorta di Dr. Jekyll & Mr. Hyde, di cui la prima vuole fotografare ed esplorare la seconda. Interessante che nel video, a un certo punto la creatura verde si alzi e chieda alla cantante di sedersi in posa e farsi scattare lei delle foto. Il classico motto nietzschano di chi guarda a lungo l'abisso...
Ad ogni modo, sia nello stile cantato che negli arrangiamenti pop semplici, Lazy Day ricerca la normalità. Non esibisce la queerness con la voglia di stupire; al contrario, si vuole raccontare un'esistenza normale e riconoscibile da tutti. In “Getting good”, dove Tilly canta: “I'm just getting way too good at lying”, la vediamo intenta a fare le cose più comuni di sempre, cioè svegliarsi la mattina, lavarsi i denti, fare colazione ecc. Un po' come il nostro rapper italiano Samu L, che racconta la propria transizione da donna a uomo senza scrivere barre provocatorie, ma parlando del suo quartiere medio, con “tabacchi e panettiere”.
Curiosi anche i visualizer video che accompagnano altre canzoni, fatti con una CGI che dà forma a scale, porte e lampade in mezzo al nulla. Queste immagini ci accompagnano ad esempio in brani come “Squirm”, e se in “Getting good” si accenna al saper mentire, qui si parla di bluff e di una strana considerazione di sé: “I'm just a small and sad little worm / you dig me out and watch me squirm”. Sono un piccolo verme triste, tu mi tiri fuori e mi guardi dimenarmi. Dunque anche in questo contesto musicalmente moderato, emerge un'inquietudine, sdrammatizzata. (Gilberto Ongaro)