CHRISTOF MIGONE  "Auditorium (chaos, quiet fail)"
   (2024 )

Non credo d'aver capito cos'ho ascoltato, ed ora devo scriverne. Un po' come John Cage che dice: “Non ho niente da dire, e lo sto dicendo”. Ma sono intrigato da quello che non capisco, che sfida le mie poche rotelle rimaste. Vediamo se dalle mie parole, riuscite a capire quel che non ho capito io.

Avete presente quando siete accanto a uno che ascolta musica in cuffia ad alto volume, quindi voi non sentite quello che sta ascoltando, se non qualche fruscio, e l'ambiente circostante che condividete? Ecco, “Auditorium (chaos, quiet fail)” (uscito per The Dim Coast Label) è qualcosa del genere. Forse.

Avevamo già incontrato Christof Migone su Music Map, intento a registrare i suoni prodotti da un pomodoro ghiacciato tenuto in bocca (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=10503). Questa volta, il sound artist canadese ci propone il risultato di... un fallimento, di un errore. Era un esperimento del 2002, che non lo soddisfaceva. E allora, cos'ha fatto? L'ha volutamente peggiorato, aggiungendo strati su strati di suoni, fino a che diventasse “a mess” (parole sue).

Dopodiché, l'ha fatto ascoltare due volte a degli amici in studio in cuffia, ma in due modi diversi. Nel primo, ha portato cibo e bevande, e tutti mangiano, bevono, ruttano, chiacchierano, ridono, e camminano nella stanza, sempre ascoltando il “mess” in cuffia. Nel secondo, li ha fatti sedere su un sofà, chiedendo di rimanere il più possibile in silenzio. E noi, cosa ascoltiamo?

Noi ascoltiamo gli ascoltatori che ascoltano! “Auditorium (chaos, quiet fail)” ci propone i rumori, rielaborati e non, che i corpi degli ascoltatori producono, nell'atto di ascoltare. Siamo invitati all'ascolto attivo, a tenere presente che stiamo ascoltando ascoltatori che ascoltano. Sono cinque tracce. La prima è la rielaborazione dei rumori della situazione in silenzio, “Q”. La seconda traccia “C” rielabora i rumori della situazione caotica. Ed è curiosamente disturbante, perché sembra di ascoltare i corpi degli ascoltatori dall'interno.

Come faccio a saperlo? Perché la terza traccia e la quarta traccia rivelano l'audio di partenza. “Chaos”, è la situazione di chiacchiere, risate, vettovaglie e rutti, mentre la quarta, forse la più affascinante, è quella dove gli ascoltatori ascoltano in silenzio. Noi ascoltiamo l'ambente in cui tacciono: questo ci permette di sentire il traffico, al di fuori dello studio. Un quarto d'ora a Montréal, nello studio Hotel2Tango. Ciò mi ricorda veramente John Cage, che una volta, dichiarando il suo amore per il suono di per sé, faceva riferimento proprio al traffico. Per lui tutto ciò che è ascoltabile è musica. Musica è ciò che ascoltiamo attivamente, suono o rumore non fa differenza: diventa musica se noi gli prestiamo attenzione volontariamente.

E la quinta traccia? Beh, è il “mess”, lo ascoltiamo pure noi alla fine. Un quarto d'ora intitolato “Fail”. L'idea di Migone partiva dalla battuta di Cage riportata qui all'inizio, sul niente da dire. Doveva ispirarsi al mutismo e al balbettio. Infatti, sotto i vari strati di atmosfere e suoni liquidi, possiamo percepire un fondo balbettante e instabile (c'è anche una batteria, molto nascosta).

Il fascino che Cage aveva per il suono è un corroborante per la mai affermatasi “cultura dell'ascolto”. Christof Migone porta avanti questa filosofia, cercando di rendere “l'ascolto attivo” qualcosa di concreto e tangibile. Questo mi ricorda, per concludere, un'altra cosa che non capisco e che mi affascina: la fisica quantistica. A livello subatomico, spiegano gli esperti, ci sono delle particelle che se non le osservi hanno una qualità, e se le osservi cambiano qualità!!! Come sia possibile non so, ma vuol dire che il nostro sguardo influenza ciò che osserva (o fraintendo?). La stessa cosa probabilmente vale per l'ascolto. L'ascolto è un contatto, una sorta di “tocco”. Per dirla con Bennato: allora, avete capito o no? (Gilberto Ongaro)