SWAN•SEAS  "Songs in the key of blue"
   (2024 )

Che la fretta sia una cattiva consigliera, ne ha tenuto ben conto Corrado Angelini, leader del quartetto milanese dei Swan•Seas, per confezionare il debut album “Songs in the key of blue”.

Infatti, a distanza di due anni dall’uscita di un paio di singoli, ecco che il giusto tempo ha permesso di elaborare un album pregevole, dai connotati sonori non troppo attinti dalle nostre parti come lo shoegaze e il dream-pop.

Operazione che merita, senza discussioni, lodi a scena aperta, visto che i quattro musicisti meneghini si amalgamano con intesa formidabile, riuscendo a far spaziare la fantasia verso firme straniere, come se il prodotto non fosse concepito in Italia.

Sontuosità e graffio mordace fan brillare l’iniziale “Frosted glass”, preludio al singolo “Fuzzy feeling” a presa rapida, come fosse un mèlange tra Tears For Fears, Simple Minds e Coldplay: insomma...tanta roba, no? Anche quando i ragazzi decidono di darsi una calmata con “A line slowly tracing”, si realizza che il talento non cala di una virgola, mentre per “Clarity” e “Ethan” Angelini e compagni adescano oscurità Cure-iane di Mr. Robert Smith.

Capite che malleabilità hanno i Nostri ragazzotti? Poi, nel momento di sfoderare ampiezze maestose, ecco che dal cilindro ti tirano fuori una gemma come “Fountainhead”, o ancora lo splendido melting-pot stilistico del secondo singolo “Drop to the floor”: roba far frullare emozioni a colori, come se in cielo disegnassero un arcobaleno mistico, con vibrante malinconia benefica.

L’apoteosi finale è espressa dall’aulicità disarmante di “Such a drag” che, in più di un’occasione, rimanda a quel favoloso disco dei Merchandise “After the end” (chi non lo conosce, reperire presto, please!).

Cosa aggiungere ancora? Che “Songs in the key of blue” non va consegnato all’indifferenza, poiché perdereste una rara prova di insolita capacità compositiva: quella fatta con la dovuta pazienza, non solo per la propria onestà ideativa ma, altresì, per donare alle orecchie del pubblico una goduria inaspettata. That’s all, folks! (Max Casali)