EMANUELE SARTORIS & ROBERTO CIFARELLI  "Inquadratura di composizioni"
   (2024 )

Musica e fotografia, ecco due linguaggi diversi che si incontrano e si scambiano espressioni. L'incontro sinestetico è stato compiuto dal pianista Emanuele Sartoris e da Roberto Cifarelli, noto “fotografo jazz”, nel senso che ha spesso immortalato i jazzisti, nel climax delle loro performance. Da questo connubio, nasce “Inquadratura di composizioni”, uscito per la Tŭk Art.

I due artisti si sono lanciati rispettivamente quattro sfide, ad esempio: “Prova a fotografare il tempo, l'anima, il vento”. Oppure: “Suonami tredici note di colore, una solitudine blu, suonami una foto venuta mossa” e così via. Ne sono nati otto brani, circondati da due improvvisazioni, per un disco di dieci tracce pianistiche, dove ogni tanto il fotografo pronuncia delle parole (o ride, come all'inizio di “Immobile”, il brano ispirato alle foto mosse, dove Sartoris corre virtuosamente sui tasti).

L'album è aperto dal rumore di scatti fotografici in “Impro 1, nell'ombra della luce”. Le note sono lunghe e suonate lievemente, è un brano meditativo. Al contrario, “Riflessioni sonore”, brano in 5/4, si fa gradualmente sempre più agitato. “Il tempo” è un brano chiaramente in 60 BPM, dato che si sente lo scattare regolare delle lancette, accanto al pianoforte. Le note acute fluttuanti che ogni tanto precipitano, caratterizzano “Arché”, ispirato all'anima. All'interno di questo pezzo, Cifarelli inizia a pronunciare parole edilizie: “Ferro, cemento, sudore, costruzione, distruzione, ricostruzione. Arte, anima”.

Poi, la sfida viene lanciata al microfono: “Solo un colore, solo una luce, solo un piano, solo un solo”. E Sartoris così parte in “Blue solitudo, Notturno Op. 5 Nr.1”. L'andamento rapsodico del brano non lascia spazio a ripetizioni, in questo pezzo si capisce quel che dice Sartoris, quando scrive: “Il jazz è un viaggio nell'ignoto”. Nel corso degli 8 minuti e 30 di durata, non si sa dove si va a finire di secondo in secondo, da momenti fortemente ritmici e dinamici, ad arpeggi sognanti e delicati.

Non mi tornano i conti su “Tredici note di colore”, dove il fotografo chiede “Dodici note, una pausa”, ma il pianista inizia a eseguire delle serie (atonali) di note, ed io ne conto sette, alternate a una pausa. E dopo un po' arriva un cluster. Forse Sartoris ha modificato le istruzioni a suo piacimento, ma l'esito è comunque una sorta di codice morse per pianoforte, un curioso esperimento.

Il pianista voleva la foto del vento? E allora all'inizio di “Zefiro”, il fotografo fa dei respiri profondi. E Sartoris poi contempla le foto di Cifarelli che raffigurano Wayne Shorter, e da quelle trae ispirazione per “Symphateia”, brano che mantiene un pedale (cioè una nota fissa che mantiene stabile l'armonia), attorno al quale suona con molti cromatismi, e un battito di cuore di sfondo che ogni tanto torna. Così, il brano si fa adrenalinico. Quando il pianista decide di abbandonare il pedale, si abbandona a un'improvvisazione condita di tante blue notes.

L'album è chiuso da “Impro 2, dietro lo sguardo”, breve congedo suonato una nota alla volta, una lunga melodia con molti legati, fino alla seconda metà del brano, dove tornano degli accordi di accompagnamento. Come potete intuire, nel finale tornano i rumori di scatto fotografico dell'inizio.

“Inquadratura di composizioni” è un concept album multidisciplinare, e devono essere interessanti le immagini legate al disco, visualizzabili con il QR code presente sulla copia fisica! (Gilberto Ongaro)