MARK KNOPFLER  "One deep river"
   (2024 )

Chi si risente, il "local hero" dei nostri cuori (che in un ideale olimpo va collocato accanto a Bob Dylan e Van Morrison) è tornato e, al netto della famigerata Brexit, onore all'Inghilterra di cui è uno dei figli musicali più nobili e meritori.

Ha fatto innamorare la principessa Diana e milioni di fan, ed è al decimo album di una onoratissima e meritatissima carriera solista. Torna Mark Knopfler che pubblica con la sua etichetta British Grove via EMI le dodici canzoni di "One Deep River".

Al palato, sembra di ascoltare un album dell'immenso JJ Cale con cui Mark ha da sempre una intensa parentela, ma le sfumature sono molteplici, tra malinconie e tappeti chitarristici. Molte star del rock invecchiano male, diventano le caricature di sé stesse, e suonano la stessa minestra riscaldata. E non facciamo nomi per non irritare nessuno.

Mark no, appartiene a un'altra categoria (quella dei grandi, come Neil Young ad esempio, al netto della bulimia discografica del canadese), Mark no, ha saputo invecchiare bene, ha saputo fare i conti con sensibilità e intelligenza con la senilità (forse perché figlio di una terra crepuscolare come poche), ha saputo maturare come un buon whisky torbato, ha saputo capitalizzare con intelligenza il proprio patrimonio musicale, è come il grande fiume Po dei racconti di GIovannino Guareschi, sempre uguale a sé stesso eppure sempre diverso, è come il fiume che abbraccia la sua città, Newcastle, cui si riferisce la title track ''One Deep River''.

Il tutto intessuto dalle intense sfumature chitarristiche che sono il marchio di fabbrica dell'artista, che attinge con la consueta perizia in più generi, dal blues al folk, senza preoccuparsi di steccati ideologici. Onore al merito anche alla band dietro ai suoni di ''One Deep River'', band che vede Mark Knopfler alle chitarre, Jim Cox e Guy Fletcher alle tastiere, Glenn Worf al basso, Ian Thomas alla batteria e Danny Cummings alle percussioni, Richard Bennett come seconda chitarra e il novizio Greg Leisz alla pedal steel guitar; Mike McGoldrick ha suonato flauto e cornamusa, John McCusker il violino, mentre i cori sono stati eseguiti dalle sorelle Emma e Tamsin Topolski. Voto 10, ovviamente, e peccato davvero che dopo il tour d'addio prepandemia abbia chiuso con i live. Beato chi lo ha sentito dal vivo in passato. (Lorenzo Morandotti)