TETRAD QUARTET  "Even odds"
   (2024 )

In inglese, “pari o dispari” si dice “Odd and even”. Ma se inverti l'espressione, “even odds” non diventa “dispari o pari”; può cambiare significato in “anche i bizzarri”! “Even Odds” è il nome dell'album d'esordio dei Tetrad Quartet, uscito per Filibusta Records.

Vibrafono, chitarra, contrabbasso e batteria. Il quartetto fa un jazz-non-jazz, perché se l'organico richiama subito la formazione jazzistica, questo è solo il linguaggio di partenza. E lasciatemi dire, per fortuna! Ci sono già centinaia di formazioni che rimescolano stancamente i soliti cliché, mentre il quartetto del tetraedro cerca ispirazioni diverse, e il nome suggerisce qualcosa di più aritmetico.

Già il primo brano, “Augmented Time”, è un 7/4 dove il tema di vibrafono, e i successivi frenetici, seguono una scala esatonale (cioè interamente fatta di toni, senza nessun semitono). È una scelta inusuale, perché difficile da maneggiare armonicamente. Non puoi risolverla in tonalità maggiore o minore, quindi devi gestire una costante suspense, con esito intrigante.

“Sotomayor” è un esercizio di virtuosismo della chitarra e del vibrafono, ma anche in questo caso si rifugge la banalità, sia tonale che modale. Il contrabbassista utilizza anche l'archetto. “Almost 11” è una continua modulazione, non si riesce a starci dietro. E nonostante sia suonata molto soft, il ritmo è coinvolgente, e non ti permette di distrarti per tutti i suoi 7 minuti e mezzo di durata.

Torna l'archetto al contrabbasso, per suonare una melodia dal sapore gotico: “Cantata dei giorni dispari”, accompagnata dal vibrafono che per l'occasione intesse un'atmosfera magica. La chitarra entra a metà brano, mentre il contrabbasso passa a fare un bordone, per inseguire il vibrafono, mentre la batteria batte piano sui fusti, dando maggiore importanza ai piatti. Una voce femminile doppia la melodia di vibrafono e chitarra, concludendo il brano nel mistero.

La titletrack si avvia con un tema leggermente malinconico, e qui parte forse la situazione jazz finora più consueta dell'album. Ma la freschezza delle idee all'improvvisazione, del vibrafonista prima, e del chitarrista poi, impediscono la noia. “Pulsar & Quasar” propone una sequenza inquietante, un tema che “desta preoccupazione”, starebbe bene nella scena di un allarme rosso, in un film, se non fosse che i suoni sono così morbidi che di allarmante c'è solo l'intenzione compositiva. L'allarme viene sostituito da soluzioni iper modulanti. Ancora e ancora, modulazioni e modulazioni. Non si trova (non si vuole trovare) il punto, il ritorno ad una facile nota fondamentale. Finita la parte centrale, non si torna precisamente al tema iniziale, ma ad un suo drammatico sviluppo.

Ancora senso di oscurità (e tempi dispari) in “Sideways”, che tra i vari giochi ritmici, contiene degli obbligati davvero carini. “Elapse” è l'episodio più breve: 1'49” dove i suoni si fanno eterei, qui è labile il confine tra jazz e folk. Infine, “Coming and going” termina l'album ancora una volta in 7/4, con un tema stavolta tonale e “conclusivo”, dove il quartetto ci concede dei titoli di coda rasserenanti, nonostante l'agitazione del chitarrista, che segue un frenetico ritmo brasiliano, che contraddice l'incedere lento e rilassato della sezione ritmica.

Il nome Tetrad Quartet deriva dalla tetraktis, la successione delle prime quattro cifre 1, 2, 3 e 4, che sommate danno 10, e questo gasava tanto i pitagorici. Come potremmo definire una musica così creativa, morbida e geometrica allo stesso tempo? Math-jazz? Forse, ma è meglio ascoltarla e restare incuriositi, che incasellarla. (Gilberto Ongaro)