ANANDA MIDA "Reconciler"
(2023 )
Conciliatore, pacificatore, peacemaker. Questo è il significato della parola inglese ''Reconciler''. Che è anche il titolo del nuovo album degli Ananda Mida. Un nome che è già tutto un programma. Miele per le orecchie, che nel mio caso sono vedove o orfane (a seconda dei gradi di parentela) dei mitici Kula Shaker di cui non cesso di riascoltare gli album.
Qui siamo sulla stessa lunghezza d'onda spirituale, ossia riconciliarsi senza se e senza ma, senza paura e senza spocchia, a schiena dritta insomma, con la tradizione, farla propria, introiettarla e digerirla per poi restituirla come linfa vitale, nuovo ventaglio di possibilità sonore.
I padri nobili? Ad avercene di ''Reconciler'', specie così, in campo musicale. I rimandi sono a Pink Floyd, King Crimson, Led Zeppelin, Motorpsycho, The Mars Volta. Mica paglia. Una autentica enciclopedia di possibilità. Specie oggi, con la melassa musicale che ammorba le orecchie ovunque, un piattume conformista che fa ribrezzo e spavento.
Se siete stufi di trap e rap italici che intasano come fango i vostri parabrezza musicali via etere, se la vostra playlist è rimasta ai vocalizzi estivi di Annalisa (cui peraltro auguriamo di cuore di vincere meritatamente il prossimo Sanremo come è nella logica delle cose), allora fatevi un bel regalo di Natale, finite il vecchio e iniziate l'anno nuovo con un po' di musica decente, di qualità, cantata da cinque vocalist diversi (in "Lucifer's Wind" la voce demoniaca fa venire in mente l'ironia gutturale del cantante dei Sugarcubes) e sempre suonata da Dio (anche la tecnica ha il suo perché) e soprattutto con anima, cuore, muscoli, organi riproduttivi compresi e senza malizia e senza paura, senza secondi fini se non il piacere di farlo e condividerlo e sperimentare, avendo dei modelli come quelli citati che a loro volta impegnano molto, chiedono di essere all'altezza, non permettono sbavature.
Quindi chapeau pieno e convinto e senza riserve. Se il panorama musicale italico ha ancora la possibilità di sfornare lavori così, monumentali e seri, che le etichette mainstream purtroppo bolleranno come troppo impegnativi e ambiziosi (peggio per loro), alla faccia di mode e derive verso il peggio, allora qualche speranza ancora l'abbiamo in un futuro musicale meno spento e meno convenzionale, che richiami anche giovani e giovanissimi imberbi e impuberi a cogliere la bellezza e l'intensità delle radici del rock.
Come al solito raccomando un ascolto con un impianto almeno decente, non le solite cuffiette dei cinesi impastate di cerume, e molta pazienza visto che per 8 brani nell'album (con le modulazioni di intensità e di tono predette) ci sono ben 83 minuti di variazioni, riff, cavalcate, tappeti sonori ipnotici come un viaggio nello spazio kubrickiano, ballate strumentali. Voto 10 (per la lode ci devo pensare), altamente raccomandato. Disco dell'anno IMHO e buon anno dal vostro affezionatissimo. (Lorenzo Morandotti)