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LOU DALFIN "Live Hiroshima Mon Amour Torino 04-04-2008"
(2008)
Serata di grande festa per la storica band piemontese all’Hiroshima di Torino. Evidentemente il legame tra i Lou Dalfin e il locale torinese deve essere molto stretto: qui scelsero di registrare il loro primo DVD live, “Al Temps de Fèsta en Occitania” uscito nel 2005 in tutta Europa, e qui hanno deciso di tornare per festeggiare il loro concerto numero mille. E di una grande festa si è davvero trattato, oltre che di un sentito omaggio ai Lou Dalfin e alla cultura occitana: prima del concerto, si è potuto visitare una bella mostra di manifesti, foto, ghironde, e dischi dei Lou Dalfin – commentati dalle parole scritte del giornalista Paolo Ferrari – e degustare alcuni prodotti tipici durante l'aperitivo occitano. E dopo il concerto, ancora musica con un dj set dei Feel Good Productions che hanno presentato “Remesca”, progetto di remix che vede dodici brani dei Lou Dalfin rivisti da alcuni dj europei e non. Ma soprattutto il concerto è stato una grande festa, come sempre quando si tratta dei Lou Dalfin, che hanno spaziato in tutto il loro repertorio costruito in venticinque anni di carriera. Venticinque anni e mille concerti, per portare la cultura occitana in giro per il mondo, facendo rinascere una musica che sembrava destinata all’oblio. La forza di Sergio Berardo, leader e voce della band, è stata quella di riprendere la musica occitana, rivitalizzandola però con le sonorità contemporanee, rendendola così fruibile da tutti, e soprattutto dal pubblico più giovane. Spazio quindi alla chitarra elettrica, al basso e alla batteria, oltre ad una bella sezione fiati, ad accompagnare la ghironda, la fisarmonica, gli organetti tipici delle vallate occitane, perché la tradizione vive solo se la si attualizza, altrimenti diventa roba da museo. Sfilano così molti dei classici dei Lou Dalfin, dal grido di resistenza di “Sem encar icì”, resistenza culturale contro la massificazione che vorrebbe annientare le differenze culturali, alle canzoni in cui si ricorda quando le vallate venivano svuotate dei giovani maschi per mandarli alla guerra senza sapere per chi e per cosa combattevano, non certo per le loro valli (“Coscrit”, “La Dancarem Pus”), fino all’apice del concerto, l’inno “Se chanta” quando, come sempre, Sergio invita chi tra il pubblico sa suonare a salire sul palco e imbracciare uno dei tanti strumenti a disposizione, con tutto il pubblico che accompagna in coro. Storie di corsari, di viandanti, di banditi, di trovatori, di musicisti e osterie, storie di un mondo che cerca di resistere, come dicono in “Occitania e basta”. Quello dei Lou Dalfin però non è uno sterile indipendentismo etnico, ma la difesa delle proprie tradizioni come bene collettivo, la propria unicità come valore aggiunto per tutti. Grazie ad una musica che attraversa i generi, le età e i confini, che parla del passato per parlare in realtà di noi e del nostro tempo, a qualsiasi latitudine la si ascolti, i Lou Dalfin sono pienamente riusciti nel loro intento. (Giorgio Zito)