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SFERA EBBASTA "Live Unipol Arena Casalecchio di Reno Bologna 22-03-25"
(2025)
Caro signor Padre.
Era il novembre 1985, quando io tredicenne ti chiesi di portarmi, in un teatro bolognese, a vedere i Propaganda. Tu eri l’antitesi del genitore aggiornato, poco musicale eccetera: ti adeguasti, alzando il sopracciglio, e io avrei passato il resto della mia vita a pensare ma che cavolo gli ho fatto fare.
Ti è andata bene, benissimo, perché io invece sono stato costretto a tal Sferaebbasta. In un guazzabuglio di disorganizzazione – cazzarola, ma puoi far entrare i millemila del parterre uno alla volta? – e di adolescenti davanti ad un tizio che ha capito come fare i soldi. Anzi, il cash, come dice lui.
Te li ricordi, i Propaganda? Avevano una cantante, anzi due, e dietro gente che suonava. Qui no: qui funziona con una base registrata – base, insomma, diciamo che è lo stesso TUM TUM che rende tutte le canzoni, diciamo canzoni, uguali – e che per il resto è metà playback e metà autotune. Diciamo, un karaoke con perfino l’aiutino da casa. E un soggetto che interagisce molto con il suo pubblico: togliamo le parole cazzo, Bologna, money, cash, e ci resta davvero poco. Al massimo tu ti sarai beccato un verdammt, ma cosa vuoi che sia.
Oggi funziona così: un tizio che finge di sbraitare il suo odio sociale verso chi l’ha portato a quel livello, le cui frasi sono al 90% un dilungarsi su ciò che Ramazzotti, con il suo nato ai bordi di periferia, almeno aveva limitato a poche battute. E che spesso e volentieri interrompe le canzoni – diciamo, canzoni – per motivi che sa solo lui: qualche volta perché c’è gente che si sente male (padre, davvero: non ho mai visto tanta gente stare male ad un concerto. O meglio, non ho mai visto un concerto in cui il cantante, chiamiamolo tale, si lamenta della gente che sta male) e che lui perculeggia pure (“Ma come cazzo si fa a stare male durante questa canzone?”). Altre volte perché prima chiede alla gente di fare casino, poi si lamenta perché la gente fa casino, e via altra canzone – canzone – interrotta.
Meraviglioso, davvero, tanto che alla fine sono proprio questi sketch (“Bologna, cazzo, sei la città che ha fatto meno casino, volete davvero che me ne vada?”) la cosa più divertente, per chi la musica vera la conosce. Insomma: spesso qualcuno preme stop sul registratore, blocca l’autotune, e il cantante – cantante – deve togliere la mano dal pacco per lamentarsi di qualcosa.
Eppure la gente è contenta. Conosce le canzoni a memoria, salta, balla, e cerca di evitare quel qualche tossico bresco che esagera nel pogare davanti a giovincelli che non arrivano ai 15 anni di età. E scopre il catartico e innovativo gesto di alzare il dito medio al mondo, cazzo Bologna, dito medio!
E allora mi viene da dire che ha ragione lui, che siamo noi anzianotti a non capire i codici comunicativi dei ragazzi di oggi (cit.). Ma fammi dire una cosa, Padre. A te è andata davvero bene, con i Propaganda. E io ne aggiungo un’altra: tutte le generazioni hanno criticato la musica dei propri figli, pensando che fosse robaccia. Ma la mia, di generazione, è la prima che ha ragione. (Enrico Faggiano)