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   (2024)


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   (2024)

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recensioni concerti

THE POLICE   "Live Stadio delle Alpi Torino 02-10-2007 "
   (2007)

In un clima di grandi ritorni e rientri, quella dei Police rappresenta una delle reunion più pubblicizzate degli ultimi anni e, conseguentemente, una rimpatriata che ha diviso appassionati e critici musicali. Da una parte ci sono i vecchi fans, che attendevano il concerto allo stadio Delle Alpi come l’evento irripetibile che mancava da venticinque anni, e, dall’altra parte, c'erano coloro che vedevano nel reunion tour un semplice espediente per far aumentare considerevolmente il conto in banca dei tre musicisti. I Police hanno, nel breve lasso di tempo di cinque anni, segnato un’impronta indelebile nella musica, attraverso un tecnicismo impressionante ed uno stile assolutamente proprio ed inconfondibile. Sting, Andy Summers e Stewart Copeland sono stati portatori di un reggae/rock bianco ed innovativo che partiva dall’irruenza del punk (sentire i primi live, targati 1978) per arrivare ad un genere poco codificabile e, soprattutto, poco clonabile: con loro è nato il 'Police sound', fatto di connivenze punk, wave, reggae e rock progressivo. Partiamo dalla fine. A Torino abbiamo assistito ad uno spettacolo bello, ma sicuramente non trascendentale. Ma andiamo con ordine. Apprendiamo dai giornali che i presenti sono 65.000 (altre fonti riportano il dato di 80.000), ed il colpo d’occhio sul prato gremito conferma che stiamo parlando di uno degli eventi musicali più attesi in assoluto; migliaia di ragazzi e non più ragazzi assiepati l’uno contro l’altro per riascoltare la Polizia, finalmente dal vivo. Un’interessante nota di colore risiede nel fatto che il concerto odierno coincide anche con il compleanno di Gordon Matthew Sumner (sono 56 le sue primavere), e già ci si chiede se gli altri due Police gli attribuiranno un corale “happy birthday”. Alle nove e trenta si spengono le luci e i tre musicisti entrano sul palco. Sting si posiziona davanti al microfono, con il suo fidato basso (quello di sempre, mai sostituito e dovutamente consumato), Andy Summers (quello che più di tutti ci fa vedere i segni del tempo) è posto alla sua sinistra e Stewart Copeland è già pronto con le bacchette in mano per scandire il tempo ai compagni di viaggio. Alcuni schermi che proiettano a sequenza le immagini dei musicisti (leggermente fuori sincro!) sono il necessario optional per fare apprezzare lo show anche a chi ha preso posto proprio là in alto. Loro sono pronti ed il pubblico è altrettanto preparato ad ascoltare la celebrazione dei Police on stage: inizia il greatest hits dei Poliziotti. È “Message in a bottle” che apre lo spettacolo, primo classicone che ci dice la prima importante verità della serata: la voce di Sting è rimasta assolutamente immacolata ed è assolutamente piacevole sentire che suona esattamente come in quei dischi che da “Outlandos d’Amour” a “Synchronicity” hanno fatto ballare milioni di appassionati. Una nota in più la dedichiamo a Stewart Copeland che, dei tre, appare come il più virtuoso ed il più ispirato. La sua bravura lascia sbalorditi i presenti e ci fa capire benissimo la differenza tra un discreto batterista ed una maestro dei tamburi (che vanta, tra l’altro, anche un breve passato nella prestigiosa prog band Curved Air). Si susseguono inevitabili hits come “Walkin’ on a moon” e “When The World Is Running Down…”, nella quale Andy Summers si cimenta in un assolo chitarristico di circa cinque minuti. Delude “Don’t stand so close to me” che viene arrangiata in maniera troppo soft (ed appare come una canzoncina che qualsiasi boy band scriverebbe per mille passaggi radiofonici), mentre esaltano “Wrapped around your finger” (Copeland alle percussioni) e “Invisible sun” in cui la sessione ritmica riesce a trovare l’intesa migliore, mettendo in secondo piano la chitarra di Summers. Summers che, d’altro canto, ci fa vedere colpi di classe in “Can’t stand losing you”, con un potente intermezzo psichedilico, ottenuto attraverso una chitarra particolarmente acida. Non sono mancati i “dialoghi” tra Sting e il pubblico, come per l’immancabile “De do do do, de da da da”, in cui viene esteso il ritornello della canzone che il juke box dei 65.000 presenti rilancia accorato, mentre “Roxanne” è il super hit che chiude il main set. Per il rientro, la band sceglie la splendida “King of pain” (una delle migliori esecuzioni della serata), “So lonely” (molto reggae) e l’immancabile “Every breath you take” con cui il pubblico si commuove nel brano più dolce dell’intera discografia Police. Lo ripetiamo: lo lotta fra critici detrattori e fan sfegatati pensiamo che debba terminare con un pareggio. I primi possono giustamente sostenere che dal palco non arrivasse l’adeguata energia ed il necessario calore (sì, insomma, come se non stessimo davanti ad una vera band… e, ah già, nemmeno un accenno al compleanno di Sting). I secondi, invece, potrebbero (anche qui a ragione) sostenere che i tre musicisti sono degli assoluti virtuosi ed abili professionisti capaci di far tornare indietro il tempo, nel grande juke box del Delle Alpi. A voi la scelta. (Gianmario Mattacheo & Silvia Campese)