Sono presenti 346 recensioni concerti.
PATTI SMITH "Live Piazza della Cattedrale Asti 12-07-2007"
(2007)
Patti Smith è un’artista che non ha bisogno di presentazioni. È stata (e probabilmente è ancora) l’unica donna che rappresenta il rock al femminile nella sua totalità. Rock, quindi, ma non solo. Patti Smith è un’artista a trecentosessanta gradi; un’artista capace di spaziare dalla musica (ciò, comunque, che le riesce meglio), all’arte pittorica, alla poesia ed un po’ alla politica (nella conferenza stampa che anticipa il tour italiano, ha quasi esclusivamente parlato del male operato dell’amministrazione Bush). Abbiamo il piacere di riassistere ad un suo show, proprio quest’anno che pubblica “Twelve”, album in cui interpreta dodici (come suggerisce il titolo) cover di artisti che, per motivi diversi, l’hanno ispirata nel corso della sua lunga vita ed apprezzata carriera. Assistere ad un suo spettacolo è come mettere il denaro in banca: vai sul sicuro. La metafora bancaria, in realtà, non le si confà molto, essendo l’artista poco legata agli aspetti più veniali della vita. La poetessa del rock rientra tra quei fortunati dinosauri della musica internazionale che non riescono a realizzare uno spettacolo sotto tono, dando sempre vita ad un live sentito ed energico, attraverso il quale nasce immediatamente un feeling sincero con il pubblico, composto da ultraquarantenni, ma anche da teen ager che hanno facilmente imparato il linguaggio della newyorkese (d’adozione perché, di fatto, è nata a Chicago). Il suo show è un’ulteriore garanzia di successo, in quanto vengono riproposti i maggiori hit della carriera, intervallati da alcune di quelle cover che la sig.ra Smith ha reinterpretato quest’anno. L’ingresso è per le ore 21.15 quando con un grosso cappello, una giacca scura (che toglierà dopo alcuni pezzi) e una maglietta con un vistoso simbolo della pace, inizia a suonare il suo rock. Lei è commossa e, sinceramente, colpita dall’ondata di calore dei piemontesi ai quali la signora del rock concede brani fatti su misura per emozionare. Lo show prende rapidamente fuoco, proponendo sapientemente un’alternanza di canzoni più recenti e di vecchi classici. C’è anche lo spazio per l’orrorifico incontro con un beatle girovago per il palco, prontamente salutato dalla cantante che, per completare il saluto, lo omaggia con l’emozionante beatles-cover di “Within you without you”. Si alternano brani autografi a brillanti riproposizioni di brani altrui, non necessariamente contenute in “Twelve”. Ecco materializzarsi un’inaspettata “Perfect day” di Lou Reed, mentre, tra le cover più riuscite, ricordiamo “Smells like teen spirit” dei Nirvana, “Are you experienced” di Jimi Hendrix, “Gloria” dei Them (tutto il pubblico diventa un coro gospel), ma anche una sorprendente “Blitzkrieg bop” dei Ramones. Quest’ultima canzone viene eseguita per celebrare un periodo della vita indimenticabile per la Patti mondiale: quello del club CBGB di New York, storico locale nel quale si esibirono i principali artisti della scena rock alternative statunitense (tra i quali anche Tom Verlaine dei Television, grande amico della cantante). Tra un brano e l’altro, c’è spazio per un saluto regalato un po’ a tutti; ai ragazzi (bah! neanche più tanto ragazzi) delle prime file, a quelli posti nelle retrovie, fino ad arrivare a chi si trova ad osservarla presso la sua abitazione prospiciente piazza Cattedrale. Lei, d’altro canto, non manca di ringraziare per l’affetto ricevuto durante la sua permanenza italiana. Potrà sembrare scontato, ma sembra proprio sincera: come, peraltro, sembra sincera quando si avvolge con la bandiera della pace ricevuta da un fan, decisamente non guerrafondaio (vedi foto). Quando arriva il momento di “Because the night” si scatenano proprio tutti. Patti Smith canta e sorride ed il pubblico è attento a scandire il tempo e ripetere le note del suo maggior successo. È un appuntamento ed un momento irrinunciabile, quello di “Because the night”, ma sentirlo dal vivo regala quell’elemento in più, difficile da descrivere. Proprio mentre la osserviamo cantare il suo cavallo di battaglia, siamo intenti nel coglierne anche gli aspetti più belli della sua persona; appare ancora come la silfide della copertina di “Easter” (Arista 1978), bella, intoccabile e ribelle. Con la sua band ha un affiatamento davvero particolare, si conoscono e sanno esattamente dove la vocalist vuole arrivare. Su tutti, il fidato Lenny Kaye che, con la sua chitarra, rincorre la voce di Patti Smith fin dagli esordi, da quando non ancora trentenne la rocker entrò nel mondo della musica con readings di poesia e suoni. “Dancing barefoot” è sempre una delle migliori esecuzioni della poetessa (e, forse, una di quelle che meglio rappresenta il suo sound), mentre “People have the power” è l’inno che tutti aspettano. Dopo il brano ci ricorda, inoltre, che siamo noi il futuro per un mondo migliore e che, ovviamente, siamo noi che abbiamo il potere di cambiare le cose. Con una potentissima “Rock n roll nigger”, Patti Smith saluta tutti, augurando una buona notte e dei sogni meravigliosi, necessari per affrontare, l’indomani, una fottuta giornata di gioia. (Silvia Campese & Gianmario Mattacheo)