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MARILYN MANSON   "Live Palasharp Milano 28-05-2007"
   (2007)

I P.M.T., come tutti i supporter, purtroppo, non vengono presi molto in considerazione. Sembrano una copia degli Headliner della serata, con una pesante venatura oscillante tra il metal e i Limp Bizkit. Hanno eseguito addirittura una cover di 'Song 2' dei Blur, con un innesto di 'Master of Puppets' dei Metallica, ma non gli è venuta per niente bene. Salutano Milano. Mezz'ora di musica in diffusione. Partono le inaspettate note di un pianoforte e violino classico… eccoli… "6 AM, Christmas morning /No shadows /No reflections here /Lie cheek to cheek in your cold embrace" (ndt:Sono le 6.00 della mattina di Natale /Nessuna ombra /Nessuna immagine riflessa qui /Sdraiati guancia a guancia nel tuo freddo abbraccio): la strofa iniziale di 'If I was your vampire', prima traccia del nuovo album, 'Eat me Drink me', apre il concerto dei Marilyn Manson al PalaSharp di Milano. La depressione nerissima del Reverendo è presente e angosciante, ma, da artista navigato quale è, costruisce una scaletta per la massa, fatta di cinque canzoni nuove e nove singoli. “Irresponsible hate anthem” funge da distinguo nel mainstream della band; seguono “Mobscene” e l’immancabile “Sweet Dreams” con un magnifico arrangiamento del nuovo chitarrista, quasi voglia rubare la scena al cantante. È ora di un'altra new entry, 'Putting holes in happiness', con uno strano suono retrò anni ’70 e un refrain che strizza l’occhio più e più volte all’easy-listening: banale, ma non per Manson. I fill di batteria introducono 'Just a car crash away', altro brano dell’ultimo lavoro discografico. Musica e immagine, immagine e musica in ogni possibile declinazione. Marilyn Manson è una celebrazione totale della cultura gotica, e non solo musicalmente parlando. Il concerto è un intreccio di percorsi affascinanti, di ritmi e melodie. Brian Warner fa sapere, con una punta di orgoglio, che questa è la seconda data del tour dedicato a tutti gli Italian motherfucker (non è il caso di tradurre, chi capisce se lo tenga per sé). La conclusione dello spettacolo è affidata a 'Fight Song', introdotta da Manson con un discorso stile “alzati e combatti per te stesso”. Il gruppo va nel backstage e, come al solito, la folla non è ancora sazia e comincia a scalpitare. La band, prevedibilmente, riappare e chiude definitivamente il live con 'The Nobodies'. Intanto un gruppo di fanatici religiosi attende la folla uscente dal palazzetto, reggendo uno striscione con scritto “Qualsiasi cosa dica Dio ti ama”. Qualsiasi cosa dicano, lo ameranno. Nel bene e nel Male (?). (Matteo Preabianca)