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   (2024)


THE CURE "Live Troxy Londra 01-11-2024"
   (2024)

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THE CURE   "Live Campo Fiera S. Lucia di Piave (TV) 06-07-2002"
   (2002)

All’interno del mini tour europeo, i Cure di Robert Smith arrivano in Veneto per la prima di due tappe italiane (la seconda è Roma). Il concerto non si presenta come una pubblicità e/o promozione ad un nuovo disco in studio (l’ultimo è 'Bloodflowers' del 2000), ma il semplice regalo ai fan di tutta Europa che possono riascoltare i beneamati titolari della musica dark. L’emozione ed i meccanismi sono sempre gli stessi. Non è facile descrivere l’attesa per quello che rappresenta il massimo, sotto ogni punto di vista. La giornata parte soleggiata, anche se i bollettini meteo annunciano che, proprio dalle parti del Veneto, saranno previsti acquazzoni di fortissima intensità. Ma non ci possiamo credere e, carichi di ottimi propositi, affrontiamo il lungo viaggio verso Conegliano Veneto. Il Campo Fiera di Santa Lucia Di Piave risulta essere un luogo piuttosto difficile da raggiungere e, solo dopo un ampio peregrinare, arriviamo a destinazione, pronti per la fatidica apertura dei cancelli dello stadio. Arrivano le 21.00 e mentre dal cielo inizia a piovere, prima moderatamente e poi con sempre più insistenza, lo spettacolo dei Cure è anticipato dalla performance di Pietro De Cristofaro, giovane rocker italiano che si fa apprezzare per una chitarra sufficientemente incisiva e per una discreta presenza scenica. Alle 21.30 circa, in un diluvio insistente, i Cure fanno il loro ingresso. Robert Smith, mano sul cuore e sguardo tra la folla, apre con “Plainsong” per uno dei suoi più classici ingressi; dolcezza, sentimento e romanticismo, tutte emozioni degnamente rappresentate nei sei minuti del brano. Poi “The figurehead”, un magnifico ripescaggio dal capolavoro “Pornography”, ci proietta nel dark sound per eccellenza della band inglese. Ma, quello che tanto si temeva, si realizza: un organizzatore è costretto ad invitare i Cure a tornare nel backstage a causa dell’eccessiva pioggia, annunciando che il temporale troppo intenso pregiudica la stessa incolumità dei musicisti. Al Campo Fiera arriva il vero gelo ed il silenzio più totale. Passano i minuti (sembrano ore), quando lo stesso organizzatore ricompare dicendo che i Cure si sono confrontati e che intendono ugualmente suonare. Ma sarà possibile? È un autentico nubifragio. Ricompare Robert Smith seguito dal resto della ciurma e il sostegno dei fan è così forte da fare concorrenza alla pioggia torrenziale. E, tanto per rimanere in tema, la band snocciola due pezzi che parlano di acqua. “Prayers for rain” (al leader non manca certo l’umorismo), “The drowning man” e, fra esse, “A night like this”, rappresentano il miglior sunto per questa serata. “The baby scream” ed il rock di “Push” sono gli estratti di “The head on the door” che anticipano l’odissea di “Watching me fall”, tormentato pezzo dell’ultimo lavoro in studio. A sorpresa, viene ripresa l’eccezionale e graditissima “The kiss” che apre una serie di brani uno più coinvolgente dell’altro: “Siamese Twins”, “One hundred years” (grazie per non farcela mai mancare), “Bloodflowers e “39” (con un Robert particolarmente ispirato). Intanto la pioggia imperterrita sembra aver deciso di ammaccarci tutti, compresi i musicisti. Infatti, i tendoni posti a copertura del palco presentano falle enormi e lo stesso Robert Smith canta e suona completamente fradicio. Inoltre, la pioggia causa non pochi problemi acustici; spesso (durante la stessa esecuzione dei pezzi) Robert si rivolge al tecnico del suono impartendo le direttive circa l’audio del microfono, della sua chitarra o del basso di Simon Gallup e, altrettanto frequentemente, si possono sentire sinistri rumori mentre vengono tolti i “Jack” dagli strumenti. Tutto sembra essere molto appeso ad un filo. Al rientro l’inno “A forest” è preceduto dalle celebri pop song di “Inbetween days” e di “Just like heaven”, mentre il canto ed il contatto con il vicino aiutano a scaldare i corpi, altrimenti intirizziti. Un’allucinate “Pornography” e “Disintegration” (ovvero le due canzoni omonime per gli album del 1982 e del 1989) chiudono lo show. Ma il pubblico (circa 7.000 disperati) non è ancora pronto per i saluti ed improvvisa il ritornello di “Play for today”. La conseguenza è che Robert Smith, visibilmente commosso, non raggiunge gli altri nel backstage e continua a suonare la sua chitarra. Bastano pochi secondi e Simon Gallup, Perry Bamonte (bellissima l’occhiata che rivolge al leader, quasi a voler chiedergli scusa per non aver capito), Jason Cooper e Roger O’Dennell si uniscono al capitano: se lui è qui che suona sotto la pioggia, Beh! dobbiamo esserci anche noi. E per i fan parte la canzone richiesta. C’è ancora lo spazio per la migliore conclusione possibile: “Faith” eseguita, neanche a dirlo, alla grande. Concluso il concerto, mentre i saluti si stanno ancora consumando, la pioggia che senza un attimo di tregua ha bersagliato tutto e tutti, cessa improvvisamente, mentre noi (esterefatti ed infreddoliti) pensiamo quasi ad uno strano gioco del destino. Qualcuno ha scritto “l’inverno più freddo che ho passato è stata l’estate passata a S.Francisco”. Beh! Nel gelo degli abiti bagnati e nel lunghissimo viaggio di ritorno, posso benissimo prendere in prestito quella espressione. Scaldato, tuttavia, dal ricordo delle emozioni per quella musica e per quella voce così particolare. Un ricordo che, da solo, basta ad accenderti il cuore. (Gianmario Mattacheo)