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FONTAINES DC "Live Alcatraz Milano 04-11-24"
   (2024)


THE CURE "Live Troxy Londra 01-11-2024"
   (2024)

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THE CURE   "Live Troxy Londra 01-11-2024"
   (2024)

"Robert, 16 anni per un album nuovo, non sono un po' tanti? Anche Dio per fare il mondo ha avuto bisogno di soli 6 giorni"... "Sì, ma non lo ha fatto su misura per quello che serviva"...

Ok, le interviste farlocche oggi rischiano di non sembrare tali, in un mondo di fake news eccetera, però è chiaro che cotanta attesa rischiava di finire nel nulla, visto e considerato, poi, che le ultime uscite di Robertino nostre erano state alquanto controverse, per non dire boiate più o meno rinnegate.

Poi però i primi ascolti di "Songs of a lost world" hanno fatto capire che, ecco, si va sul sicuro: eravamo più sulle tracce di "Bloodflowers" che non di "Disintegration", se vogliamo, ma comunque in un quartiere dove i fans dei Cure si possono trovare a proprio agio senza chiedersi chi sia quel vicino molesto che ascolta nu metal o limitrofi. L'album perfetto per l'età, così come quelli di tanti anni fa lo erano per quell'altra, più giovane e tormentata, di età.

Attesa spasmodica, e l'idea del concerto in streaming per farlo sentire un po' ovunque: ecco quindi il Troxy, sold out già al momento in cui la cosa fu pensata, e spiegazione di tante cose. La lineup degli ultimi anni (Robert-Simon-Jason-Roger-Reeves-Perry) che prima esce tutto l'album nuovo, ascoltato in religioso silenzio come si fa davanti ad una lezione di vita ancora tutta da imparare.

Poi, via alla Storia: altre 23 canzoni, che bypassano completamente gli ultimi 30 anni - la meno vecchia è "Burn", per intederci - e che hanno forse come unico difetto il bypassare anche alcuni album ("Faith" e "Pornography", ma quando c'è una session apposta per "Seventeen seconds", di cosa stiamo parlando?) ma che saltellano dall'intensità di "In your house" alle allegrie di "Friday I'm in love". Raccontando, appunto, che la vita è poi allegrie e tristezze, gioie e dolori, ma che alla fine è bello essere ancora qui a raccontarla. E magari unirsi tutti al coro di "Play for today", con Robert che chissà se se lo sarebbe immaginato, nel 1980, che si sarebbe trovato quasi mezzo secolo dopo a risentirla nelle voci del proprio pubblico.

Chiaro che siamo esseri mortali, e difficilmente i Cure saranno ancora qui tra 40 anni - molto probabile che non ci saremo nemmeno noi - e quindi non sapremo mai se "A fragile thing" sopravviverà come "A night like this", per intenderci, però è bello esserci qui, ora. Con i capelli grigi, con le rughe eccetera eccetera. E con forse più attenzione alle cose più soft, dato che pogare su "Why can't I be you" potrebbe essere fatale ad ossa invecchiate, ma è bello esserci.

E le tre ore di musica curano da un po' tutti i mali, depurandoci dalla robaccia che, oggi, viene fatta e ascoltata da chi non ha un minimo, un minimo, di cultura musicale. (Enrico Faggiano)