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STEVE HOGART "Live Auditorium Parco della Musica Roma 03-02-24"
(2024)
Era il 1991 quando scoprii per la prima volta il gruppo dei Marillion, in un concerto trasmesso dall’allora canale televisivo musicale Videomusic.
Fu amore a prima vista, in particolare mi colpì quel cantante in spolverino nero e guanti bianchi che, dopo pochi mesi, ebbi l’opportunità di vedere dal vivo durante l’Holidays in Eden Tour nella data di Cascina (PI); ricordo ancora la sua apparizione sul palco sulle note introduttive del brano “Splintering heart”.
Sono passati trentatre anni da quel momento e, anche se in altre occasioni ero riuscito a seguire il gruppo, questa opportunità di vedere Steve Hogarth in una esibizione solista, accompagnato dall’italica band Ranestrane, era davvero imperdibile.
La splendida location dell’Auditorium Parco della Musica di Roma era già affollata quando alle 21,00 in punto H, come ama definirsi, è entrato in scena facendo partire dal suo piano elettrico le morbide note di “Thank you whoever you are”.
La metà della prima frazione del concerto ha visto alternarsi l’esecuzione di brani “marillici” ad altri del suo repertorio solista, dando subito l’idea che, nonostante i decenni trascorsi, la sua voce non aveva perso niente della sua potenzialità mandando in delirio, a più riprese, il folto pubblico presente.
Nella seconda parte del primo tempo Hogarth è stato affiancato dal gruppo romano Ranestrane (che da anni collaborano con i Marillion) rendendo più elettrici i brani fino a quel momento eseguiti in rigorosa versione acustica.
Anche in questa interpretazione più energica, i brividi hanno continuato a scorrere in un crescendo di trasporto emotivo: la delicatissima “Estonia” mi ha mandato in estasi.
Il coro dei ragazzi Flowing Chords, “trovati per strada” come li ha scherzosamente definiti durante la loro presentazione, ha impreziosito ulteriormente la performance ed i restanti brani, culminati in “Man of a thousand faces” e “Easter”, hanno visto il pubblico accompagnare con entusiastica partecipazione vocale il finale dello spettacolo al cui termine il protagonista si è concesso con simpatica disponibilità al rituale assalto dei fans a caccia del prezioso autografo cui neanche il sottoscritto si è sottratto.
Il suo ingresso nella band dei Marillion ne ha indirizzato il sound verso una nuova direzione che, dopo più di trent’anni, il pubblico continua ad apprezzare, tributando ancora entusiastiche risposte così come al concerto di stasera, che ci ha proposto ancora una volta un artista in gran forma che, anche nella sua veste da solista, mantiene intatte grandi capacità vocali e compositive.
Se penso che quando vidi per la prima volta i Marillion mia figlia aveva tre anni, e stavolta era seduta accanto a me con indosso la maglietta del concerto di Milano/Alcatraz (''Sounds that can’t be made tour'') che le portai, beh... sono soddisfazioni: ho seminato bene. (AlbeSound)