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FONTAINES DC "Live Alcatraz Milano 04-11-24"
   (2024)


THE CURE "Live Troxy Londra 01-11-2024"
   (2024)

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THE CURE   "Live Wembley Arena Londra 01-12-16"
   (2016)

Cure 2016, ultimo atto. Allora ci siamo. Siamo arrivati alla fine di questo world tour davvero faticoso: quale miglior modo, se non festeggiarlo proprio a Londra (mai troppo raccontata città), all’interno della Wembley Arena, storica venue concertistica? Prima di mettere la parola fine a questo tour dobbiamo, dunque, considerare ancora l’ultima grande recita o, meglio, una recita divisa in tre atti, di cui il primo avrà luogo stasera, per lasciare i rimanenti due ai successivi 2 e 3 dicembre. Un salto nella storia recente ci porta a ricordare l’ultima volta in cui i Cure suonarono alla Wembley Arena; era il marzo 2008 quando gli inglesi terminavano (anche allora fu conclusione) la parte europea del tour. La storia è nota e già richiamata dallo scrivente in questi mesi: quel “4:13 dream”, targato proprio 2008, è l’ultimo lavoro in studio per una band che sempre con più fatica raccoglie energie per incontrarsi in sala d’incisione. Il discorso live viaggia, invece, su ben altri binari. Questo world tour è l’ennesima prova di quanto Robert Smith adori riproporre i suoi pezzi di fronte al suo pubblico, insieme ad un gruppo che, nonostante i vari rimpasti di formazione, rimane la sua personale ragion d’essere su un palco: senso d’appartenenza. La zona di Wembley è proprio come la ricordavamo: meno caotica rispetto al centro cittadino, spazi decisamente più ampi e, purtroppo, meno pub per rilassarci di fronte ad una “Ale” inglese non troppo gasata (chi non ama la birra, salti l’ultima proposizione) ed all’immancabile fish & chips. Dopo i consueti The Twilight Sad, il gruppo di Robert Smith entra in scena e, quando non sono ancora scattate le 20.15, “Out of this world” ha l’onere di fungere da apripista. Da qui in avanti parte la giostra dei pezzi più o meno proposti nei live set di quest’anno. Non sono sorprese “Pictures of you”, “Just like heaven”, “The walk “ (una delle migliori) ed “Inbetween days”, mentre sono accolte con trionfo le meno suonate “Three imaginary boys”, “Primary” e “Bloodflowers”. Il primo rientro è il più qualitativamente alto: la malinconia rabbiosa di “39”, il dark rock di “Burn” ed “A forest” sono tre esecuzioni che alzano a livelli impressionanti il concerto. Ci piace sottolineare il clima ancora buonissimo che i musicisti non mancano di manifestare tra una canzone e l’altra: le occhiate complici tra Robert Smith e Simon Gallup; il leader pronto a non trascurare o lasciare “troppo soli” gli altri, coinvolgendoli con alcune battute e sorrisi, rappresentano solo uno dei tanti esempi che ci fanno apprezzare il lato non prettamente musicale dello spettacolo. Elementi che aumentano ancora di valore se consideriamo che la voce di Robert Smith è palesemente in difficoltà da una decina di concerti, ma ciò non toglie al leader la voglia di soffrire sul palco, donando gioia. Dopo un secondo rientro dominato dalle chitarre pesanti e concluso con le svisate di Gabrels in “Never enough” e “Wrong number”, la band è pronta per l’ultimo sforzo pop. Scontate, ma non per questo meno gradite, le gemme commerciali dei Cure portano a ballare tutta la Wembley Arena; “Friday I’m in love”, “Boys don’t cry” e “Close to me” aprono la strada per quello che dovrebbe essere l’epilogo di “Why can’t I be you”. Ma quando termina il brano di “Kiss me kiss me kiss me”, Robert Smith concede il regalo più bello al pubblico londinese, cantando “10.15 Saturday night” e, soprattutto, quel portento di “Killing an arab”. Sono urla, prima ancora che canti, quelle che vogliono mettere a rischio la stabilità dell’impianto, ma sono, indiscutibilmente, energie buone che migliaia di facce sorridenti sentono di condividere con il vicino. Concerto poderoso. (TESTO: GIANMARIO MATTACHEO; FOTO: GIANMARIO MATTACHEO E ADRIANA BELLATO)