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DEATH IN JUNE "Live Binario Zero Milano 19-04-2002 "
(2002)
In una delle rare apparizioni in Italia, i Death in June arrivano a Milano per uno dei concerti più attesi del 2002 (almeno se si considera certa musica oscura). Il Binario Zero, suggestivo e affascinante locale del capoluogo lombardo, è la location scelta dal gruppo per far esaltare i fans della 'morte a giugno'. I fedelissimi, giunti dalle parti più disparate d’Italia (spiccano molte teste rasate ed alcuni con le maschere di maiali, a ricordare l’ultima fatica discografica della band), regalano a Douglas Pearce il cosiddetto tutto esaurito ed il leader della formazione ringrazia vendendo dischi e vinili autografati. Prima dell’inizio vero e proprio dello show, lo spettacolo è aperto da Boyd Rice, grande amico di sempre dei Death in June. Il gigantesco militare Rice inizia uno show di circa mezz’ora utilizzando la propria potente voce, un massiccio campionamento della stessa e rumori di ogni genere e grado. Una vera e propria provocazione sonora che urta e colpisce, che non può passare inosservata; che, inevitabilmente, ricorda comizi di altri tempi, più che uno show musicale. Terminato lo show/musical/politico di Rice arrivano i Death in June. Douglas Pearce si presenta in mimetica e sorregge una bandiera, mentre passeggiando per il palco indossa la solita celebre maschera orrorifica della band (che, comunque, conserverà solo per pochi brani, sostituendola con un più aerato elmetto dotato di frangette). La prima parte dello show sembra non volersi completamente distaccare dalla prova “regalata” da Boyd Rice. Douglas Pearce ed il fidato percussionista John Murphy (anch'egli con la maschera), attraverso l’uso di campionamenti, iniziano un live show fatto del solito folk apocalittico, ma condito con influenze (o reminiscenze) industrial. Scelta concertistica che, peraltro, ricalca quella dell’ultimo lavoro in studio; quell’”All pigs must die” il cui lato A si presenta con le solite scelte sonore dei DIJ (almeno da “NADA!” in poi) ed una seconda facciata in cui Pearce riscopre l’industrial, caro al primissimo repertorio. Il pubblico inizia veramente ad entrare nel clima del concerto a partire dal terzo brano; da quella “C’est un reve” che targata 1985 è ancora capace di emozionare. L’album “But what ends the symbols shatter” è tra quelli più richiamati durante lo show. “Ku ku ku”, la title track, e “Little black angel” sono, così, alcuni riusciti ripescaggi dell’ottimo lavoro del 1992. Ma molto spazio è riservato al fresco “ultimo” del gruppo. Sopra tutte merita di essere ricordata “Tick tock”, sicuramente una delle canzoni più belle di tutto il 2001, ma anche “All pigs must die”, “Disappear in every way” e “We said destroy”. Sul finire ancora due perle del valore assoluto Death in June: “Rose clouds of holocaust” e “Heaven street”, primissimo singolo della band, che conserva forza e misticismo intatti. Per il finale, Douglas P e John Murphy sono raggiunti, nuovamente, da Boyd Rice. Un ottimo show ed una risposta calorosa del pubblico, per un concerto di folk apocalittico che, a tratti, è stato capace di catturare e “spaventare” molto più che cinque elettriche chitarre distorte. (Gianmario Mattacheo)