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ELVIS COSTELLO "Live Teatro Manzoni Bologna 28-05-2016"
(2016)
Sia fatto buio. Sono le 21:04 e le luci si spengono. Uno schermo trasformato in televisore d’epoca, del colore del legno e incorniciato da festoni, al centro; una sedia con davanti un microfono old style in piena atmosfera country nel lato destro, insieme a tipici oggetti del bluesman anni ‘30; un pianoforte a coda pregevole, nero e imponente, nel lato sinistro: il palco di Elvis Costello allestito nel Teatro Manzoni di Bologna per la quinta (di sette) data italiana del suo ''Detour'' è un piccolo grande trailer della sua lunga, brillante carriera. Il cantautore britannico si esibirà da solo per l’intero spettacolo: il centro del palco, di fronte al televisore che proietta spezzoni di film indimenticabili, manifesti pubblicitari provenienti dai ‘50s, foto d’epoca di Costello e dei suoi familiari, amici o colleghi musicisti, è il suo universo da rocker; a destra quello da crooner; a sinistra – in un’atmosfera da caminetto di casa – c’è il suo lato più sentitamente Americana. Non manca nemmeno una sciarpa del Liverpool poggiata su un amplificatore.
Per prime ci furono le canzoni. Così come una delle sue fonti di ispirazione, Sua Maestà Bob Dylan, anche Costello rinuncia al tipico concerto greatest hits o rimango fedele agli album in studio. La scaletta propone tracce storiche dei tempi degli Attractors (''Accidents Will Happen'', ''(What’s So Funny ‘Bout) Peace, Love and Understanding?'') o dei suoi primi dischi solisti (''Watching the Detectives'', ''Alison''), rivisitate in chiave acustica, accanto a convincenti episodi recentissimi come ''A Face in the Crowd'' – una canzone inedita ispirata all’omonimo film del 1957 ed eseguita per la prima volta dal vivo lo scorso aprile – e diverse tracce post ‘90s. La voce è meravigliosa, calda, impeccabile: Costello lascia uscire le parole in modo così sentito che sembrerebbe stia cantando quei brani per la prima volta in vita sua. La tecnica chitarrista è appassionata e perfetta, magistralmente gestita tra momenti calmi e improvvisi picchi di euforia. E anche il pianoforte è suonato con mestiere e coinvolgimento. L’ukulele è tra le sue mani una sola volta per ''Vitajex'' (e per noi è sufficiente così, suvvia!). Quello che è certo è che dopo quasi due ore di performance e una ventina di canzoni suonate Costello è in piena forma, per niente stanco o spremuto. Fino all’ultima canzone voce e fisico si rispondono a vicenda in modo perfetto.
E poi ci fu la persona. Sì: Elvis Costello è un gran personaggio. Intrigante, stiloso, con gli occhiali da sole nelle prime canzoni e poi con quelli da vista e poi di nuovo con quelli da sole (ma un paio diverso dal primo), sia col cappello in testa sia con i pochi capelli rimasti appena dietro la fronte stempiata. Ama parlare di sé e della sua arte. Chiacchiera tantissimo con il pubblico: parla del suo primo tour in USA, della sorpresa che provò nel vedere San Francisco, della moglie che gli ha prestato il pianoforte per il tour (alla quale ha promesso di restituirlo intatto), di cosa significhi invecchiare sul palco. Ci parla orgoglioso dei suoi figli – ci ricorda che il più piccolo ha 9 anni – e ricorda con commozione lo straordinario amico Alain Toussaint: con lui, che è morto lo scorso novembre, Costello ha pubblicato il disco ''A River in Reverse'', album uscito nel 2006 e registrato nei mesi successivi al tremendo Hurricane Katrina, che costrinse Toussaint a cambiare casa e allontanarsi dalla sua New Orleans nell’agosto 2005. Di quel disco Costello ha suonato una straordinaria versione di ''Ascension Day''.
Infine, il mito. Perché tale è Costello: ha ormai raggiunto i quarant’anni di carriera, già da decenni è considerato uno dei più grandi cantautori di sempre, continua a reinventare sé stesso senza fermarsi un istante. Le canzoni che il pubblico accoglie con più calore sono la bellissima rivisitazione di ''She'' di Charles Aznavour, la sempre toccante ''Alison'' – durante la quale Costello scende dal palco, va a spasso per la platea con la sua chitarra a tracolla, poi si siede in prima fila in uno dei pochi posti liberi e canta a cappella insieme agli spettatori – e una versione stratosferica di ''I Want You'', che chiude lo show. Il mito si consacra, casomai ce ne fosse bisogno, per l’ennesima volta; per l’ennesima volta dimostra di essere ancora rilevante. In una sola parola, emozionante.
(Samuele Conficoni)