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FONTAINES DC "Live Alcatraz Milano 04-11-24"
   (2024)


THE CURE "Live Troxy Londra 01-11-2024"
   (2024)

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recensioni concerti

PEARL JAM   "Live Datch Forum Milano 17-09-2006"
   (2006)

“We keep on rocking in the free world” è la frase che potrebbe descrivere brevemente la serata. Sì, perché quello che i Pearl Jam ci propongono nella tiepida serata del 17 settembre non è altro che rock, puro ed assolutamente sincero. Non che avessi dubbi sulla radicalità dell’attitudine del gruppo, ma un concerto come quello di Assago è sicuramente il modo migliore per eliminare ogni minimo dubbio. Difficilmente si sarebbe potuto esprimere meglio la filosofia del Rock n’ Roll; i PJ ci fanno ballare, ci fanno cantare, ci emozionano e non disdegnano le provocazioni. Sì, perché il gruppo, dimostrando una grande considerazione per il pubblico, non manca di lanciare messaggi politici, di stuzzicare e non di rado di amareggiare i propri fan. Innanzitutto bisogna fare un plauso a Vedder, che si cimenta in un italiano strascicato (e anche un po’ ruffiano) a dimostrazione di quanto sia importante l’Italia per il gruppo (il cantante stesso rivela di aver incontrato la moglie a Milano); questo fatto risulta quantomeno lampante di fronte alle cinque date italiane in un tour europeo di dodici. Aldilà del feeling particolare tra artisti e pubblico, la performance è del tutto eccezionale; come già detto l’attitudine è davvero radicale. L’imponente volume di suono delle chitarre graffianti si sposa a meraviglia con il pulsare profondo della batteria, lasciando poi alla voce di Eddie, qui splendida e carismatica come non mai, il compito di disegnare i cerchi melodici su cui viaggiano i brani. Brani che tolgono il fiato in una violenta sequenza di canzoni senza tregua; senza fronzoli, senza pause, i PJ mettono in fila i loro pezzi più feroci e ce li scaraventano contro senza il minimo rimorso. Le ballate sono rarissime. Dopo l’introduzione presa da “Once”, si parte all’impazzata con “Go”, “Last Exit”, “Save You”, la recente “World Wide Suicide” e “Corduroy”; non c’è tempo per riprendere fiato, la carica distorta delle chitarre risuona in mezzo agli splendidi vocalizzi. Il suono è compatto, i ritmi serrati e l’atmosfera da sogno. Atmosfera avvolgente dovuta non solo al gruppo, ma anche al pubblico, sempre partecipe ed ordinato. In questo senso spiccano i vecchi classici; “Even Flow” ha un ritornello velocizzato, cantato a squarciagola dagli oltre dieci mila spettatori, è uno dei momenti più accattivanti; Vedder avrebbe potuto benissimo non aprire bocca nel refrain di “Alive”, considerato che nessuno ha rinunciato a farlo tra gli spettatori. Le canzoni dei PJ sono perfette per i concerti, i ritornelli epici stimolano non poco i fan, che danno man forte alla già eccellente prova del cantante. Il vertice inarrivabile resta comunque “Black”, suonata con le corde dell’anima, che nel crescendo finale sublima il legame tra musicisti e pubblico alla ricerca dell’apoteosi emotiva. Difficile immaginare qualcosa di meglio da chiedere ad un’esibizione live; emozioni a non finire. Altri momenti particolari sono la cover di “Another Brick In The Wall” con la frase finale “Bush leaves your swords alone”, “Picture In A Frame” (cover di Tom Waits) e “Rockin' In The Free World”, davvero travolgente. Che i PJ non si lascino condizionare da niente e nessuno è risaputo, ma forse arrivare alla fine di un bellissimo concerto come questo senza sentire classici come “Jeremy”, “Better Man” e “Nothingman” lascia forse l’amaro in bocca. Nonostante ciò, un esibizione del genere non lascia dubbi sul valore sincero della band, ultimo vero degno rappresentante del rock senza mezzi termini e senza velleità sperimentali o ardimenti concettuali. Sana musica per divertirsi, senza dimenticare di pensare però. Molti li definiscono reazionari, io li ritengo solamente l’ultima vera testimonianza del Rock, fatto da gente comune per gente comune. Vedere che c’è ancora qualcuno che mette passione nella musica non è male, in questi anni così gelidamente elettronici. We keep on rocking in the free world! (Fabio Busi)