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ELTON JOHN "Live Sala Santa Cecilia Roma 20-09-2010 "
(2010)
Dopo quasi 10 anni di assenza dalla capitale, il ritorno del baronetto ormai 63enne è un evento che costringe l'Auditorium a bissare l'unica data inizialmente prevista: per due serate la sala S. Cecilia è stata presa d'assalto da fans di tutte le età. Naturalmente in pochi ricordano la prima gemma ''Empty sky'' datata 1969, tutti i presenti però hanno lo stesso identico ammirato entusiasmo per Sir Elton John, affetto comunque ricambiato a più riprese durante il concerto ("I love this country!"). Quando entra nella sala, visibilmente appesantito e "liftato", vestito con uno dei suoi proverbiali completi bizzarri, viene accolto da una prevedibile ovazione che lo accompagna al piano dove resterà per tutto il concerto. "The one" è l'apertura che, manco a dirlo, raccoglie subito l'enorme consenso generale, la voce senza tempo, il suono dolce del piano, una magia che durerà quasi tre ore: "Border Song", "The Emperor’s New Clothes", la superclassica "Rocket Man", la nuovissima "You’re Never Too Old To Hold Somebody", "Philadelphia Freedom" e la storica "Your Song" sono sugli scudi, ma è difficile fare citazioni in una scaletta che scorre con un'armonia melodica ed emotiva davvero rara. A metà concerto c'è la plateale entrata in scena di Ray Cooper, musicista sopraffino con un curriculum impressionante di collaborazioni che include pure Stones e Pink Floyd, il quale si sistema al banco percussioni sopraelevato, piatti alla mano, e rende l'atmosfera, già carica all'inverosimile, ancora più vibrante. Il cambio di marcia si percepisce subito con "Funeral For A Friend", il mood di Ray non surclassa mai l'opera di Elton, bensì la sostiene elegantemente e la dota di ulteriori note capaci di far venire i brividi a chi assiste. Sullo stesso impianto sonoro si poggiano altri capolavori: "Better Off Dead", "I Think I’m Going To Kill Myself", "Sorry Seems To Be The Hardest Word", estremamente toccante, "Don’t Let The Sun Go Down On Me", favolosa, e poi "Benny And The Jets" e infine "Crazy Water" che chiude il concerto, anzi no, a gran voce il baronetto è richiamato sul palco per sugellare una serata straordinaria con l'immortale "Saturday Night’s Alright (For Fighting)". Il pubblico era oramai in piedi e sottopalco da un bel pò, impossibile resistere al richiamo di 40 anni di musica incollati ai pur preziosi posti delle prime file. Sarebbe facile a questo punto scrivere che autori come Elton John sono eterni, hanno fatto storia eppure sanno reinventarsi, etc... ma potrebbe sembrare semplice retorica da fine recensione, allora preferisco soffermarmi su ciò che succede dopo il concerto e che rende lo spessore dell'artista quasi quanto la sua grandissima musica. Il buon Sir Elton, infatti, come il più sconosciuto dei performer, poco dopo essere uscito di scena riappare sul palco a luci accese, disponibile a firmare centinaia di autografi: in questo semplice atto d'amore verso il suo pubblico c'è tutto il rispetto e la passione di un Signore che sa arrivare sempre al cuore della gente. E questo basta a renderlo degno di un posto nella hall of fame di tutti i tempi, oltre che un esempio per tanti arroganti artisti, nuovi e navigati, che credono di valere più di quanto sono disposti a dare. Pleased to meet you again, Sir. (Marcello Russo)