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   (2024)


THE CURE "Live Troxy Londra 01-11-2024"
   (2024)

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recensioni concerti

LOU REED   "Live Teatro Turreno Perugia 03-03-2006"
   (2006)

Se conosci bene l’artista Lou Reed sai che ad un suo concerto non bisogna arrivare con troppe aspettative, non tanto perché sia in decadenza, ma piuttosto perché il suo atteggiamento artistico, in tutta la sua carriera, non ha mai seguito i binari dettati dalla consuetudine. E’ forse per questo che molte delle persone che ho interpellato dopo il concerto, mi hanno confessato una certa delusione, per non aver potuto cantare i brani più famosi del genio newyorkese. Non è stato infatti uno di quei concerti in cui la platea si trasforma in un grande karaoke, non ci sono stati i tormentoni da cantare a squarciagola: niente 'Heroin', niente 'Walk on the wild side', niente 'Berlin', niente 'Sunday morning'. Ma un’analisi di un concerto di Lou Reed si può fermare a questo? Non eravamo mica di fronte ad un autore di canzonette come Cesare Cremonini! Solo pensare a chi avevi davanti ti venivano i brividi, come anche a pensare con chi, quel ‘vecchietto’, ha avuto a che fare nella sua lunga carriera. In più di quarant'anni è passato dallo stupire Andy Warhol, al suonare con Cale e Nico, a collaborare (molto) con David Bowie, ad affiancare Patti Smith, fino allo scoprire Antony (quello di Antony and The Johnsons, per intenderci). A parte tutto questo, non possiamo proprio parlare di un concerto deludente, per svariati fattori. Tanto per cominciare è stato un grande spettacolo dal punto di vista sonoro, grazie alla smagliante forma del Lou Reed chitarrista, e ad una band evidentemente molto, molto affiatata, che ad ogni canzone offriva almeno due minuti di assoli o improvvisazioni raramente ascoltabili (il più impressionante è stato forse il batterista Tony Smith). In secondo luogo, un ruolo fondamentale lo ha svolto il carattere carismatico del Nostro, che a 64 anni domina ancora il palco con personalità invidiabile. All’inizio lo vedi salire sul palco quasi barcollante, con l’andamento di un primate, o di un dinosauro (come ha detto un mio amico), suscitando quasi tenerezza; poi col passare del tempo tutti si ritrovano agli ordini del padrone della serata, assoluto protagonista sia tra i suoi musicisti (gli son bastati piccoli cenni per ordinare stacchi, assoli, addirittura la velocità della batteria in certi momenti), sia di fronte al pubblico, ipnotizzato e capace di autentiche esplosioni di gioia. Per ultimo, non possiamo comunque scordare l’altissimo livello di molte delle canzoni proposte, che hanno dimostrato come sia stata grande la carriera di Reed: anche nei momenti di minore ispirazione, gli sono riusciti dei brani eccezionali. Insomma, da un 'Paranoia Key of E' a un 'The day John Kennedy died', la serata si è sviluppata, in certi momenti un po’ stancamente, in altri con tocchi di classe sopraffina. Ci sono stati brani in cui il rock’n’roll è passato da degli “scolastici” giri di chitarra ai migliori suoni caleidoscopici dei Velvet Underground, lasciando spazio anche a ballate emozionanti, in cui il timbro di voce di Reed si è dimostrato immenso. Si è chiuso con 'Sweet Jane', l’unico brano che ha permesso al pubblico di liberare, in un’esplosione generale e impazzita, tutto quello che non aveva potuto gridare nel corso di tutta la serata. Lou si è limitato a ‘suonicchiarla’, quasi ci volesse fare un piacere. Ma dopo tutto l’atteggiamento strafottente e stralunato è sempre stata una sua caratteristica, forse una sua forza. E’ stato amato anche per questo, e continueremo ad amarlo. Continueremo ad ascoltare quasi solamente quello che ci regalò tra i ’60 e i ’70, ma continueremo anche a non negare il suo essere artista, intellettuale, assoluto protagonista della cultura newyorkese e mondiale degli ultimi 50 anni. Abbiamo assistito all’esibizione di un mito, forse stanco, ma mai spento. Abbiamo visto un piccolo grande dinosauro, padrone di una classe immensa. Avrò la fortuna di poter dire “Io c’ero, io l’ho visto!”. E poco male se di questo concerto canticchieremo tutti quanti solo 'Sweet Jane'. (Riccardo Ruspi)