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PATTI SMITH "Live Parco della Pellerina Torino 12-07-2008"
(2008)
È un’artista che ha saputo creare un rapporto davvero particolare con l’Italia. Ogni anno ci delizia con una serie di concerti e di apparizioni tra le più disparate, confermando in ognuna di esse una classe costante. Realmente diversificati gli show della poetessa; se si pensa che nel dicembre scorso aveva suonato a Milano, all’interno della Basilica di San Vittore, davanti a poche decine di fortunati spettatori, ed oggi è l’artista con l’onere di chiudere il Traffic Torino Festival, di fronte a migliaia di appassionati. Come risaputo, l’edizione 2008 del Traffic è incentrata sul movimento punk. Il punto è come collocare Patti Smith all’interno di questo movimento e, soprattutto, come considerare il suo ruolo oggi. La newyorkese alla fine degli anni settanta era tra gli artisti che popolavano il CBGB’s della Grande Mela, storico locale in cui nasceva il punk d’oltreoceano ma, soprattutto, era il luogo in cui nasceva un ineguagliabile embrione musicale che avrebbe condizionato generazioni di musicisti a venire. Nacque lì l’amicizia con i Ramones (ovvero la quint’essenza del punk americano), con Tom Verlain dei Television e con David Byrne dei Talking Heads. L’attitudine era certamente quella punk (seppure più istruita e colta di molti artisti che avrebbero cavalcato l’onda punk negli anni a venire) anche se i riferimenti musicali poco si accostavano al genere che vide nel biennio 1976/1978 la sua grande esplosione. Molto più legata agli stereotipi musicali di un rock classico, più vicino ad un Dylan o a Springsteen, è, tuttavia, vista un po’ da tutti come la madrina del punk, avendo ancora oggi una spiccata tendenza anarchica ed una forte allergia ad unirsi ed associarsi a quei sistemi di massa, tanto osteggiati nelle sue canzoni. Ma torniamo più alla cronaca. Quando il pubblico del Traffic pensa di aver già fatto nella serata di venerdì il pieno di nuvoloni e pioggia, il cielo torinese comincia a farsi sempre più minaccioso. Ma se la sfuriata che aveva caratterizzato la giornata dei Sex Pistols si era risolta in una quiete dopo la tempesta, graziando gli headliner, oggi per Patti Smith la sorte pare abbia cambiato la lancetta direzionale. Dopo l’esibizione dei riformati Massimo Volume, si scatena un temporale estivo particolarmente lungo e tenace. Sono in molti ad avere abbandonato l’arena, cercando riparo sotto gli stand gastronomici e pubblicitari. Passano i minuti che diventano mezz’ore, quando i rifugiati sotto i chioschi iniziano ad udire la musica. Dovrebbero essere gli Afterhours, anche se, anche se… Chiediamo ad una ragazza dell’organizzazione chi stia suonando: “E’ entrata in scena Patti Smith”, risponde. In effetti sta ancora diluviando, ma i dubbi non esistono; si imbracciano gli impermeabili e si corre sotto il palco. Il motivo per il quale il gruppo di Manuel Agnelli abbia preso il posto di Patti Smith, come headliner della serata, non ci è dato sapere. Ci rammarica entrare in scena dopo che la sacerdotessa del rock ha già eseguito tre o quattro pezzi. La pioggia copiosa non attenua (anzi) la forza degli appassionati che cantano insieme alla grande rocker americana. Lei, d’altro canto, ci appare meno chiacchierona del solito, dimostrando, invece, un atteggiamento ancor più grintoso del consueto. Parole scagliate aggressive tra la folla e gesti di impatto per i bagnati aficionados. Grandi esecuzioni dei suoi classici, intervallati da alcune brillanti cover. “Are you experienced?” è scarna ma essenziale e “Smell like teen spirit” è uno dei momenti migliori della serata; intensa, sognante e rock, allo stesso tempo. Durante l’esecuzione di “Pissing in a river” Patti Smith esplode con un’intensità unica. La sua interpretazione cresce con il crescere del brano e della chitarra di Lanny Kaye, fino a diventare una vera e propria confessione rivolta ai bagnati sostenitori particolarmente commossi dopo l’esecuzione; tra loro alcuni volti, prima bagnati dalla pioggia, ora diventano bagnati dalle lacrime. Intenso e unico. L’energia positiva che sprigiona nelle sue performance live è un vero regalo, un solo movimento delle sue mani riesce ad incendiare il pubblico presente: dote non comune a tante rockstar… Quando poco a poco la pioggia sembra abbandonare l’acquitrino della Pellerina, Patti Smith snocciola, una dietro l’altra, “Because the night” e “People have the power”. La prima rappresenta il brano più conosciuto della newyorkese (benché scritta per lei da Bruce Springsteen) e la seconda crea una partecipazione ed un feeling unico tra la cantante ed il suo pubblico. La sacerdotessa Smith si dimena in un ballo che pare antico e mistico al tempo stesso e quando riabbraccia il microfono, a conclusione del brano, ci ricorda che il futuro è adesso e che il futuro siamo noi. Con questa frase abbiamo tracciato una perfetta linea di congiunzione (ecco ciò che stavamo cercando ad inizio recensione) tra la serata di ieri e quella odierna. Se ieri Johnny Rotten ci diceva “No future… no future for you!!!”, adesso Patti Smith professa l’esatto contrario. In realtà sono due facce della stessa medaglia che ognuno di noi dovrebbe assimilare per trarne (forse) la propria risposta. (Silvia Campese e Gianmario Mattacheo)