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20/12/2024
24/04/2022 ODESSA
''Esortiamo tutti a fare, a desiderare, a mettere le mani in pasta, senza paura...''
Abbiamo intervistato Lorenzo Giovagnoli (tastiere, voce) degli Odessa.
Ciao Lorenzo e benvenuto a Music Map… ''Ciao Mauro, grazie mille''.
Diversamente dal mio solito, ti proporrei di partire da una curiosità personale riguardante non la band ma il suo frontman (si può dire?)… che sto intervistando. A leggere il tuo curriculum formativo ed artistico c’è da rimanere impalliditi (cantante, tastierista, compositore e arrangiatore, scrittore, laureato in scienze politiche, insegnante di canto moderno - mi fermo qua, segnalano al lettore la tua eccellente performance vocale nella cover di ''Cometa Rossa'' degli Area del grande Demetrio - disponibile in rete, Live Urbino 2002). Intendiamoci, nessuna sviolinata né captatio benevolentiae ma dati evidence-based: in una ipotetica “isola che non c’è”, come cantava Edoardo Bennato in uno dei suoi indimenticabili dischi della seconda metà dei seventies (''Burattino senza fili'', Ricordi, 1977), ovvero in una terra utopica dove vige il criterio della meritocrazia e della qualità, avresti dovuto raccogliere almeno il doppio della notorietà e dei consensi di quanto vantano le nutrite schiere di pseudo rockstar finto rock-finto alternativi (rispetto a quali regole? A quali valori?) onnipresenti nei media mainstream, costruite ad arte dall’industria discografica e perfettamente funzionali, in barba alla loro ostentata veste di “trasgressivi”, a quello che nei seventies dei miei vent’anni veniva definito sistema (leggasi, categoria generica di Potere o, nel gergo attuale, del Pensiero Unico).
Tanto premesso, guardiamoci bene dal cadere nella tentazione del rammarico per le potenzialità frustrate a causa delle storture del mondo, tentazione che finirebbe per creare insani ed inconcludenti circuiti emozionali, facendo tesoro della saggezza millenaria che ci esorta ad accettarsi per come siamo e vivere pienamente il presente senza perdersi nel passato o proiettarci troppo in ipotetici scenari futuri. Vengo finalmente al sodo: il tuo percorso artistico rivela la compresenza di diverse “anime”: mi-ti chiedo se, e semmai quale/i, di queste consideri prevalente e/o maggiormente rappresentativa nella musica degli Odessa… ''Caspita! Profonda e complessa la premessa, profonda e complessa la domanda. Circa la premessa, gradisco spendere due parole sulle tue considerazioni, che comprendo molto bene. Con la musica ho avuto un atteggiamento sempre “trasversale”; ho sempre ritenuto, fin da giovanissimo, di non potermi fidare troppo nell’investire a tempo pieno su una carriera musicale pop (intendo questo termine in senso ampio, tutto ciò che rientra nella logica di mercato mainstream), avendo da subito notato, anche se non è una regola, che il successo in questo settore, già allora caratterizzato da strabordante offerta e competizione, richiede per forza di cose grandi investimenti (di energia, tempo, denaro, contatti) affinché si possa concretizzare un progetto destinato a certi canali, con tutte le figure richieste. Per cui le mie incursioni nel settore professionale sono sempre state sporadiche e mosse più che altro da una voglia di imparare, confrontarmi, divertirmi piuttosto che di perseguire pedissequamente il successo.
Si è trattato di una valutazione pratica più che valoriale: lavorando sempre a tempo pieno, con attività di cui ero peraltro titolare e un tempo libero molto ridotto, non ho mai barattato, ad esempio, viaggi della speranza in treno, nell’intento di conoscere o avere udienza dal tal produttore, con i progetti concreti che mi capitavano, dei quali potevo seguire la logica e/o avere un controllo.
E sono state esperienze bellissime: il Jesus Christ Superstar come protagonista a vent’anni, i primi premi con il mio primo complesso (gli Oscuri Manifesti), tramite i quali ho conosciuto Loris Furlan, poi gli Odessa, la borsa di studio per il Cet di Mogol, il premio a Umbria Jazz, i concerti con Ian Paice, i festival prog esteri… A questi progetti poi univo una formazione costante, anche qui usando come discrimine percorsi di cui capivo la logica e che fossero appaganti nel loro svolgersi: sei anni di studio del belcanto con la mezzosoprano Letizia Sciuto, la laurea in canto Jazz, quella in direzione d’orchestra e arrangiamento Jazz, un master in didattica. Non sono stati investimenti sulla carriera ma sulla crescita, e oggi forse ancora più di prima ne rivendico la bontà.
Circa il mio percorso musicale e gli Odessa, inizierei dicendo che compongo musica da sempre: sono un tastierista autodidatta (ho voluto iniziare a prendere alcune lezioni private verso i 16 anni, quando non mi riusciva di afferrare le tecniche e le evoluzioni dei gruppi e dei grandi tastieristi che stavo scoprendo, dagli ELP agli Area), quindi da subito, mentre da ragazzino “tiravo giù a orecchio”, come si dice, le melodie che sentivo dai 45 giri o dalla televisione, allo stesso tempo sperimentavo con accordi e melodie mie. Il mio è sempre stato un approccio inscindibile nella sua parte creativa e apprenditiva.
La mia non è una famiglia di musicisti, ma a mio padre piaceva la musica. Fu lui a regalarmi un organo GEM, a 8 anni, con il quale iniziai di fatto il mio sodalizio, del tutto ludico, con la musica.
Da piccolo ne ascoltavo tanta, senza alcuna distinzione di genere (non avrei avuto nemmeno la consapevolezza per farne): da Battisti e Dalla a Simon and Garfunkel e gli America, passando per Alan Parsons Project, i Goblin… (mi piacevano i film horror e tiravo giù i temi delle colonne sonore).
Mi piaceva molto, e mi è sempre piaciuta, anche la dance della seconda metà degli anni ’70.
Poi con l’adolescenza ho scoperto non solo l’hard rock e il prog inglese più blasonati, ma anche buona parte della scena underground e dell’avanguardia italiana. Il batterista degli Oscuri Manifesti (il mio primo gruppo, che ho formato nel ’93) era un collezionista di vinili prog. Per entrare nel gruppo mi “ha fatto il provino” lui, e avendomi classificato come un “musicista prog” (io come sempre non mi ponevo il problema) mi forniva le audiocassette e mi educeva sui gruppi che non conoscevo come gli Osanna, i Trip, il Rovescio della Medaglia, gli Alluminogeni, i Black Widow, i Beggars Opera e tanti altri.
Il primo disco degli Odessa raccoglie l’eredità di questo periodo; con gli Oscuri Manifesti già suonavamo, sebbene in maniera diversa, alcuni brani che sarebbero confluiti nel disco degli Odessa. C’è un grande amore per il prog italiano ma anche inglese, il jazz rock dei Trinity, e naturalmente per gli Area. Col rock progressivo ho sempre avuto un approccio vissuto ed emotivo, vivo, sebbene non sia la musica che rappresenta la mia generazione. Ero stato “spontaneamente” riconosciuto come artista prog, ma non ero nemmeno consapevole degli stilemi precipui del genere, che si sono consolidati dopo il primo periodo di meravigliosa libertà e sperimentazione, negli anni ’70.
Ho quindi continuato a considerare questa musica nello spirito con cui è nata: non come un genere che deve rifarsi a certi canoni, certi giri armonici, certe sonorità, certi riferimenti, ma un contenitore che potesse accogliere un’espressione musicale libera tanto dagli stilemi posticci del genere quanto dalla tirannia del giro di do, dei timbri radiofonici, del ritornello che deve arrivare a 46 secondi.
''Final Day'' (Lizard Records, 2009) porta questo approccio ancora oltre. È un disco che, a partire dal 2002 (anno in cui entrano Marco Fabbri –batteria- e Giulio Vampa –chitarra- in line up) raccoglie sei anni di palchi e festival. I Musicisti degli Odessa (li ricordo: Valerio De Angelis al basso; Marco Fabbri alla batteria; Giulio Vampa alla chitarra e ora Gianluca Milanese al flauto) possono suonare con credibilità in diversi stili, e in questo disco (parlo chiaramente dei nostri intenti) ne usiamo molti; come una tavolozza, sempre con l’attenzione di riservare, questo sì, estrema coerenza alla canzone, più che ai canoni del genere.
Per rispondere più precisamente alla domanda, negli Odessa ci sono tantissimi riferimenti al mio frastagliato mondo musicale, senza che ne prevalga uno; gli stili vengono usati in funzione drammaturgica. Vale lo stesso per gli altri membri del gruppo; lo stesso di Gianluca, a volte più jazzy, altre più mediterraneo, altre ancora più aggressivo; o Giulio, che dal chitarrismo classico della prima traccia passa con grande credibilità attraverso vari stili elettrici, sempre al servizio della canzone''.
Bene. Dirigiamoci ora verso Odessa… città nota per la sua storia e le sue bellezze e ahinoi, salita agli onori (e oneri!) della cronaca per i tragici fatti che tutti noi conosciamo. Pur svincolata da ogni riferimento all’attualità (il vostro primo disco, ''Stazione Getsemani'', Mellow Records, è del 1999, giusto?) sorge spontanea la domanda sulla scelta del nome… ''L’idea fu di Loris Furlan. Gli Oscuri Manifesti furono recensiti come “Top Demo” su Metal Shock nell’ottobre del ’94. Siccome si parlava di “progressivo italiano ad alti livelli” Loris mi contattò e volle ascoltare. Facemmo lunghe telefonate confrontandoci su diverse cose. Dopo qualche mese lo invitai a Teatro dove debuttavo nel ruolo di Jesus nella rappresentazione teatrale, interamente dal vivo, del Jesus Christ Superstar ad opera di una compagnia bolognese, gli Undici Meno Due.
Qui stringemmo il rapporto e così, nel ’98, pensò a me quando la Mellow mise il budget per produrre una nuova band che suonasse in stile “classico”. All’epoca avevo da poco rilevato un ristorante ad Urbino con mia madre e mia sorella, e avevo dovuto fermare l’università e il gruppo. Fu la proposta di Loris a riattivarmi. Arrangiavo i brani di notte e cominciai a telefonare alle scuole di musica della provincia per cercare i musicisti (a parte Valerio De Angelis, che avevo già conosciuto proprio ad Urbino, quando chiudevo e passavo un’oretta nelle vie e in particolare in un pub con il pianoforte, tra gli studenti miei coetanei) Trovai così Boris Bartoletti (chitarrista di Ostra) e Federico Filonzi (batterista di Chiaravalle) che incisero ''Stazione Getsemani'' a Sambruson di Dolo con me, Loris, il produttore/fonico Giorgio Brugnone (già bassista degli Spirosfera) e l’ospite Gianluca Milanese, venuto per l’occasione su richiesta di Loris.
Io avevo proposto il vecchio “Oscuri Manifesti”, di cui mi piaceva l’ossimoro, ma Loris ci propose Odessa, in onore certamente degli Area, di certo prog delle origini bazzicato dai Bee Gees e anche in funzione della memorizzazione e pronunciabilità del nome da parte di un fruitore straniero.
Una curiosità su ''L’Alba della Civiltà'': l’ho composto per buona parte durante il lockdown dell’ottobre 2020, quando sentivo con una certa lucidità tutto quello che ci sarebbe stato fatto vivere, a livello sociale, politico e culturale. ''L’Alba della Civiltà'' descrive la dialettica tra agenti del caos e istanze evolutive, entrambe insite nel percorso esistenziale dell’umanità, con una istanza di resistenza e uno sguardo alla fine del prevalere del caos.
Ho curato personalmente le grafiche, una per ogni canzone (a parte ''L’Organista del Bosco'', che è un omaggio al meraviglioso omonimo dipinto di Silvano Braido, recentemente scomparso, che col suo “Crocifissione” aveva caratterizzato la copertina di “Stazione Getsemani”).
Ebbene, tra i vari simboli che ho costellato ve ne è uno, una moneta a due facce contrapposte, che compare in ogni singolo disegno, in diverse forme; questa riproduce esattamente i colori della bandiera ucraina. Non è stato pensato in riferimento al paese, tantomeno alla guerra, che era di là da venire. Curioso, anche perché ritengo che questo doloroso conflitto potrà avere un ruolo per il disvelamento e la successiva deflagrazione dei suddetti agenti del caos, almeno per un po’''.
Prova ora a tracciare il percorso delle principali tappe evolutive della band, dalla sua formazione all’''Alba della Civiltà…'' ''Avendo già detto molto, e molto dirò nelle successive risposte, vorrei postarti il resoconto che Valerio De Angelis fece a caldo, credo il giorno dopo il ritorno dalla nostra prima esperienza in un festival estero.
Il 2 maggio 2003 ci esibimmo per la prima volta in un festival internazionale, il ProgSud di Marsiglia, un’altra meravigliosa comunità di musicisti, artisti e appassionati che ogni anno organizzava questa kermesse di tre giorni. E’ molto bello leggerlo a distanza di anni, oseri dire tenero… fu un’esperienza che ci motivò tantissimo e ci aprì la strada ad ulteriori esperienze importanti come il Baja Prog, il Prog Farm e il Moods di Montecarlo. Valerio è il rocker del gruppo ;-)
Di Valerio De Angelis
Sono le 8:00 di giovedì 1 maggio... la sveglia del mio cellulare mi avvisa che è ora di alzarsi... mmmh... la schiena... ho dormito sul divano della sala prove... non è il massimo... ma fa molto Rock'n'Roll on the road, no? cmq... Marco è leggermente più svelto ed accende la luce... bene... abbiamo dormito 4 ore ed ora ci attende un viaggio di 850 km... Lorenzo arriverà ben riposato tra mezz'ora... la sera prima se n'è rimasto a casa, mentre noi l'abbiamo passata alla Sora per la chiusura... sono il più grande del gruppo, ma forse non certo il più saggio... vabbeh... chissenefrega... si va al bar a fare colazione... latte freddo e ben due cornetti alla nutella (mi ci vuole un po' di carica, no?), dopo un po' compare Giulio... anche lui abbastanza addormentato (se n'era andato a casa poco prima di noi...) e poi, con soli 8 minuti di ritardo sull'appuntamento Lorenzo alla guida della Ford Galaxy affittata per l'occasione... [è quasi un record, visto che di solito viaggia dai 30 ai 60 minuti di ritardo...]
Si comincia a caricare quando Lorenzo scocca la fatidica domanda: "ragazzi, ce li avete i documenti per l'espatrio?". Giulio sfodera la carta di identità, mentre il sottoscritto si affida al passaporto... e Marco "io ho la patente... tanto è valida per l'espatrio, no?"... panico!!! gli chiediamo se ha la carta di identità... non ce l'ha... il passaporto? Forse a casa... allora parte una sequela di telefonate all'ambasciata francese... ai carabinieri... ecc... la patente non è valida per l'espatrio: se ci fermano alla dogana, potrebbero non lasciarlo passare... ovviamente noi tre siamo sconvolti… alla fine la madre trova il suo passaporto a casa, così lui si fionda a recuperarlo, mentre noi ci attardiamo ancora un po' al bar... finalmente si parte con un'oretta di ritardo sulla tabella di marcia... l'autoradio non funziona... dramma!!! vabbeh... si andrà avanti chiacchierando e massacrando Marco per la sua sbadatezza... ma non passa neanche un'ora che Lorenzo si gira e mi fa: "Vale, la telecamera l'hai presa, no?" "Porca T***a!!! l'ho lasciata nella macchina..." e così anch'io subisco la mia mezz'oretta di caricate a picco... il viaggio prosegue abbastanza bene... l'umore è alle stelle... ci fermiamo a mangiare in un autogrill dopo Piacenza... poi via verso Genova... Ventimiglia... e finalmente arriviamo alla dogana e nessun controllo... ovviamente Marco ci rinfaccerà il tutto, ma è meglio prevenire che curare, no? Continuiamo per l'autostrada francese fino a Marsiglia... poi usciamo e puntiamo verso Le Pennes Mirabeau... il luogo del festival... finalmente compaiono agli incroci delle frecce giallo fosforescente con scritto Prog Sud... evvai!!! ci siamo!!!
Si arriva al luogo... un palasport... entrati chiediamo di Alain Chiarazzo, l'organizzatore del festival nonché chitarrista degli Eclàt, il gruppo che si esibirà assieme a noi nella serata del 2 maggio... il tipo è tranquillissimo... sui 40 anni... faccia sempre sorridente... occhi chiari... capelli sale e pepe lunghi raccolti in una coda... ci accoglie con gran simpatia e ci dà subito i pass con scritto Odessa che ci consentono l'ingresso all'area del back-stage... poi una gentile signora rossa (credo fosse la moglie…) ci accompagna alla casa dove vengono ospitati i gruppi... camere doppie... io mi sistemo con Giulio che per la prima volta varca i confini dell'Italia. Ci diamo una cambiata e poi si va al palasport per assistere alla prima serata... indossati i pass si accede al backstage dove è presente un servizio a buffet... ci prendiamo un po' di paella e via... si fa conoscenza con gli altri gruppi... tutti e tre francesi... Lorenzo è l'unico che parla francese... un po' anche Marco, ma si vergogna... io e Giulio zero... poi assistiamo al concerto... il primo gruppo non è male... molto giovani... sui 18-19 anni... bravi per la loro età, ma i pezzi non scorrono molto... cmq avranno tutto il tempo per imparare... il secondo gruppo, pur tecnico, è un po’ monocorde... ricalca un po’ acriticamente i cliché del prog metal... Lorenzo è sfinito anche perché ha guidato sempre lui... [io mi sono anche offerto... all'autogrill gli ho chiesto: "Lori, se vuoi il cambio... è lì di fianco a te!!!"] così lo accompagniamo a casa e torniamo per sentire l'ultimo gruppo (Taal), sono una decina di francesi molto bravi: 2 batteristi, chitarrista, bassista, tastierista, 3 violiniste, una flautista ed un violoncellista... finalmente torniamo a casa e crolliamo addormentati verso le 2 di notte...
Il 2 maggio inizia verso le 10:30... scendiamo a fare colazione ed incontriamo i ragazzi dei Taal che stanno facendo colazione... poi se ne andranno perché hanno altre date, ma ci dicono che verranno a vedere il nostro soundcheck... dopo colazione io e Giulio ci chiudiamo in camera per ripassare i pezzi alla "velocità smodata"... cioè molto più veloci di quello che sono, per scaldarci... dopo averli passati in rassegna tutti io mi concedo una bella doccia, poi mi vesto e mi unisco agli altri tre nella
stanza di Lorenzo e Marco, dove proviamo l'intera scaletta a strumenti spenti... che bel quadretto... sembriamo i Beatles!!! Alle 13:45 si parte per il palasport dove alle 14:00 siamo attesi per il soundcheck... dopo qualche problema con le spine (le prese francesi sono diverse dalle nostre...) si comincia a provare i suoni... già si raduna un po' di gente... io mi aggiro per la sala suonicchiando, visto che ho il wireless radiojack... quando proviamo un brano intero, scatta l'applauso... wow!!! Poi chiamiamo Alain sul palco... proviamo un paio di pezzi dei Deep Purple che avremmo suonato come bis... al termine di ''Smoke On The Water'' uno degli organizzatori esclama: "Superb!!! che serata stasera... Made in Marseille!!!".
Terminato il soundcheck, ce ne torniamo in albergo... Giulio, Lorenzo e Marco si concedono una doccia. mentre io mi rilasso ascoltando un po' di musica... poi si preparano i vestiti di scena... io preparo la bombetta ed il mantello... è giunta l'ora di sfoderarlo di nuovo... verso le otto arriviamo al festival... portiamo le chitarre ed i vestiti nei camerini ed andiamo a mangiare... ci guardiamo il primo gruppo (i brasiliani Iconoclasta), poi io e Giulio decidiamo di andare nei camerini a scaldarci con gli strumenti... arrivati là scopriamo che la maniglia si è rotta ed un membro degli Eclàt è rimasto chiuso dentro... attimi di panico... si chiamano anche i pompieri... ma finalmente dopo una mezz'oretta si riesce a risolvere il problema... io e Giulio recuperiamo gli strumenti e ci rechiamo
nel back-stage per scaldarci... sono arrivati anche gli olandesi che suoneranno l'ultima sera e subito vengo avvicinato dal bassista, quando mi vede esercitarmi con lo strumento... Quando gli Eclàt salgono sul palco (molto bravi!), ce ne andiamo nei camerini... la tensione è altissima... io mi cambio e continuo a scaldarmi col basso... Giulio è piuttosto teso... Lorenzo continua a scaldare la voce... Marco corre in bagno... finalmente giunge il nostro momento... andiamo un attimo sul palco per le ultime prove... intanto il pubblico si sposta nella saletta dove vendono i CD oppure all'esterno dove vendono panini e salsicce... ultimi ritocchi e poi di nuovo nei camerini... è l'ora di aggiustare i capelli... sfoderare bombetta e mantello... poi il presentatore (Fabrice degli Eclàt) ci chiede se siamo pronti ed esce a presentarci...
Saliamo sul palco ed attacchiamo con ''Esili''... il mantello mi impiccia un po'... ma la performance è di tutto rispetto... si capisce subito che questa sera c’è elettricità nell’aria... Lorenzo introduce i pezzi facendo sfoggio del suo ottimo francese... poi presenta la band, introducendomi come "Monsieur Draculà à la basse!!!"... tutto fila a meraviglia... la gente è entusiasta e applaude al termine di ogni brano, sebbene non li abbiano mai sentiti... è bellissimo!!!
Giungiamo al penultimo brano... "21st Century Schizoid Man" dei King Crimson... un classico del progressive... la gente impazzisce... c'è un ragazzo in carrozzella che schizza da tutte le parti... non riesco a credere ai miei occhi... l'ultimo brano lo devo presentare io... ma mi sono assolutamente scordato le due parole di francese che mi aveva insegnato Lorenzo... allora improvviso un francese maccheronico [tipo "Noio voulevam savouir... l'indiriss, ya?" - vedi Totò, Peppino e la malafemmina], poi opto per l'italiano e l'inglese... nel corso del lungo assolo di tastiera del pezzo, salto giù dal palco e mi aggiro tra il pubblico che mi acclama come un divo... indimenticabile... tornato sotto al palco mi accorgo che non c'è la scaletta e non riesco a risalire [è alto circa un metro e mezzo...], ma qualcuno vi affianca una sedia, così posso tornare a finire il pezzo sul palco... a questo punto chiamiamo Monsieur Alain Chiarazzo per un paio di pezzi dei Deep Purple... ''Smoke On The Water'' scatena il delirio... si alzano tutti in piedi... cantano... battono le mani... finito il pezzo torniamo nei camerini, ma il pubblico ci acclama a gran voce... ed allora Alain ci dice che dobbiamo uscire nuovamente... che facciamo? vabbeh... Deep Purple again! Torniamo sul palco e ci lanciamo in ''Burn'' seguita a ruota da ''Highway Star''... il pubblico è ancora tutto in piedi... wow!!! Siamo fisicamente provati... io sono un bagno di sudore... ma non ne vogliono sapere di lasciarci andare... così ci diciamo "diamogliene un'altra!!!" e vai con ''Whole Lotta Love'' dei Led Zeppelin... altra reazione incredibile della folla... io salto a più non posso ed alcuni saltano con me... grandioso!!! E non è finita... terminata questa Marco parte con l'introduzione di ''Rock'n'Roll''... mammamia!!!
Finalmente ce ne torniamo nei camerini... sfiniti, ma consapevoli di aver dato tutto... il presentatore ci chiama nuovamente sul palco per i saluti finali... e poi via nel back-stage a bere qualcosa... al nostro ingresso scatta l'applauso... c'è chi ci ferma per complimentarsi e chi addirittura ci mostra il nostro CD per farselo autografare... incredibile!!! Il bassista dei Flamborough Head mi si incolla come un francobollo e continua a ripetermi che non ha mai visto un gruppo suonare così... che è rimasto affascinato dal mio modo di suonare e che dobbiamo andare a suonare in Olanda ad un festival (ProgFarm) che organizza lui ed altri membri del suo gruppo... Al termine della serata (ovvero verso le 4 di notte...) abbiamo già venduto diversi CD e c'è il presidente della Musea Records (una stimata etichetta francese) che ci vuole parlare il giorno dopo... siamo tutti ancora troppo carichi per andare a dormire, quindi si va a fare un giro in macchina... verso le 5 finalmente l'adrenalina torna a livelli umanamente accettabili, così si torna a casa e si va a nanna...
Il giorno dopo i messicani Iconoclasta, che stanno partendo, ci regalano 4 spille a forma di chitarra in madreperla... sono delle persone squisite e speriamo di mantenere i contatti... hanno detto che dobbiamo andare a suonare in Mexico... grandi!!!
Scendiamo per la colazione e la padrona di casa, nonché organizzatrice ci sommerge di complimenti... ad una ragazza appena arrivata dice che si è persa una gran serata e che il sottoscritto è un personaggio carismatico sul palco...
Anche gli olandesi scendono e continuano a farci i complimenti per la serata... quando Lorenzo finalmente si stacca dal telefono prendiamo la macchina ed andiamo a face un giro a Marsiglia... troviamo un parcheggio vicino al porto e ci fermiamo in un ristorante di pesce un po' caro, ma molto carino... con vista sul porto... antipasti assortiti... ovvero un mega-piatto con pesce, verdure, crostini, ecc... vino bianco e l'immancabile baguette... ci concediamo anche un dolce tipico... e poi via a spasso... si gira adocchiando le vetrine dei negozi ed immancabilmente (almeno per il sottoscritto...) si finisce al Virgin Megastore... il pomeriggio vola ed alle 19:00 dobbiamo essere al festival per un'intervista con una rivista francese e per parlare con il presidente della Musea...
Ripartiamo, ma presto ci perdiamo tra le vie di Marsiglia... gira e rigira finiamo in un quartiere dall'aria chiaramente malfamata... cmq chiediamo informazioni presso un bar, restando in macchina... i tipi sono piuttosto loschi, ma nessuno di noi sospetta quello che succederà in seguito... ci danno indicazioni per l'autostrada A7... ripartiamo, ma subito ci fermiamo ad un semaforo... io sono seduto dietro con Marco e stiamo controllando la cartina quando arriva un ragazzo di corsa, apre la portiera, agguanta il portafoglio di Lorenzo [che molto astutamente l'aveva lasciato in bella mostra sul cruscotto] e scappa saltando su uno scooter con un amico... è stato rapidissimo... neanche il tempo di accorgersi... così Lori perde 2-300 Euro... la carta d'identità... la patente ed una sacco di indizi accumulati nel corso degli ultimi 5 anni... terribile... Questa esperienza ammoscia il nostro entusiasmo... torniamo al festival dove veniamo accolti al grido di "ecco le vedette!!!" Subito raccontiamo la disavventura capitataci... un ragazzo (Stephan) accompagna subito Lorenzo a Marsiglia per fare la denuncia, mentre io e gli altri andiamo a casa per rilassarci un attimo e poi torniamo al festival... comincia ad arrivare gente e molti continuano a complimentarsi per la nostra performance del giorno prima... ci rechiamo nel backstage per mangiare... mentre stiamo armeggiando con un'insalata di pomodori e mozzarella si avvicinano tre ragazzini sui 7-8 anni con dei foglietti in mano... ci stanno chiedendo l'autografo... imbarazzo totale... che gli scrivo? Li ringrazio e gli scrivo di continuare ad ascoltare la bella musica e di suonare... dopo un po' un tizio si avvicina con la copertina del nostro CD da farci autografare... dice che è per un ragazzo... dopo un po' mi alzo per prendere il pane e vedo un signore che mi fa un cenno... esco dal backstage e lui assieme al figlio mi ringraziano per aver autografato il CD... sono senza parole...
La serata scorre tranquilla... Lorenzo viene intervistato... io mi aggiro con una bottiglia d'acqua tra le mani ed ogni tanto qualcuno mi saluta... si complimenta... o semplicemente mi indica bisbigliando qualcosa... vendiamo un'altra quindicina di CD e vediamo gli olandesi Flamborough Head in azione... i pezzi sono belli, in stile un po’ “retrò”... il chitarrista ha molto gusto... alla fine del concerto scambio un nostro CD col loro e me lo faccio autografare... Mentre si smonta il palco nel backstage parte una serie di cori e canti... appaiono magicamente dei bonghi e comincia un ritmo tribale... i batteristi dei vari gruppi si alternano alle percussioni... partono cori... cominciano a girare biscotti... cioccolatini... Lorenzo stappa alcune bottiglie di Visner (vino dolce fatto con ciliegie...) che aveva portato per l'occasione... vorrei che non finissero mai...si fanno le 5 di mattina e giunge l'ora di salutare tutti... ci si scambia qualche e-mail... ci si saluta con la speranza di vedersi nuovamente il prossimo anno... che tristezza i saluti... it was easier to say "hello" than to say "goodbye"...
La mattina dopo si vorrebbe partire verso le 10... ma quando apro gli occhi e guardo l'ora sul telefono... 10:30!!! si preparano i bagagli piuttosto alla svelta e si scende a fare l'ultima colazione... latte, succo d'arancia e baguette con burro e marmellata... poi incontriamo gli olandesi che si apprestano ad andare a Marsiglia... li avvisiamo di stare attenti... ci facciamo qualche foto assieme... e finalmente verso le 12:00 riusciamo a partire... se all'andata il morale era alto... beh... ora è alle stelle!!! se non fosse per il furto del portafogli... vabbeh... servirà di lezione...
Al rientro in Italia troviamo un'oretta di coda... io sono al volante... cheppalle!!! ma chissenefrega... niente avrebbe potuto abbatterci... dopo Bologna chiedo il cambio e Lorenzo riprende possesso del mezzo... giungiamo a Fano verso le 22:00... ed ovviamente scatta la pizza sociale... sono quasi 4 giorni che non la facciamo!!! Lori è sfinito e terminata la cena si avvia verso casa... io, Giulio e Marco andiamo a fare un giro al lido, dove incontriamo dei nostri amici che cominciano a chiederci del viaggio... alla fine sono piuttosto distrutto anch'io e verso le 2 me ne vado a casa... a quando la prossima???''.
''L’Alba della civiltà'', uscito a ben undici anni di distanza da ''The Final day'' (2009), segna una significativa diversità rispetto ai due precedenti dischi, starei quasi per dire una svolta con ulteriore salto di qualità, probabilmente anche per la presenza rilevante del flauto (e qua non posso evitare uno strappo alla regola, citando il magistrale tocco di Gianluca Milanese - oltre che all’infaticabile e preziosa regia della Lizard Records e del suo motore-immobile Loris Furlan) che lo caratterizzano per un progressive moderno, poliedrico e arioso, centrato su strutture melodiche ottimamente supportate da una ritmica energica ma mai invasiva, dove le notevoli capacità tecniche dei singoli confluiscono in un sound di gruppo ricercato ed originale… che ne dici di questa lettura?... ''La trovo molto, molto lusinghiera e te ne ringrazio. Mentre i brani di ''Final Day'' sono stati levigati dai palchi e dalle prove qui, come per ''Stazione Getsemani'', si è trattato di un atto creativo prevalentemente individuale. Gli Odessa erano fermi da tempo (''Final day'' è del 2009) e tutti i suoi membri presi da tanti altri progetti, musicali e non. Io avevo appena concluso un intenso tirocinio formativo sulla disabilità, che non mi lasciava tempo libero, quando arrivò il primo lockdown. Ebbi delle vittime a me care, finite sedate e intubate e tornate in un’urna. A uno di loro ho dedicato il disco, lo splendido formatore Carlo Di Loreto. Altri amici dovettero sfangarsela a casa, pressoché senza indicazioni. Ci si sentiva ogni ora.
In quel momento di lutto e sconcerto, rinchiuso in casa, oltre che dedicarmi alla didattica a distanza con gli alunni, decisi di preparare un concertino ogni sabato sera, tramite una diretta sui social: ogni sabato, un concerto tematico. Affrontai il Jazz, l’opera musicale moderna, l’hard rock, la canzone d’autore americana, la black music e naturalmente il prog e gli Odessa. Fu di nuovo un mio urgente bisogno di strutturarmi, focalizzarmi su qualcosa; l’esigenza di ritrovare pubblico, contatto e comunità, sebbene mediati da uno schermo.
Alle dirette partecipò con entusiasmo da subito Marina Montobbio, poi Loris, con cui dopo tanti anni tornai in contatto. Anche Gianluca, che ho riscoperto affermato flautista Jazz con collaborazioni poliedriche, e gli altri Odessa. Conobbi in questo frangente Max ProgPolis, che mi volle intervistare, e le dirette crebbero di interesse, seguite anche da Francia e Brasile. Con gli Odessa reincidemmo “Esilio” a distanza e lo ripubblicammo. Questo mi permise di entrare in contatto con una comunità prog che non conoscevo più, e scoprire che il nome Odessa, sebbene noto a pochi, godeva di grande considerazione, era, come dire, cresciuto da solo, e molti si dedicavano a riscoprirci. Come ho detto, composi i brani de “l’Alba della Civiltà” tra novembre e il marzo successivo, e credo che questa riattivazione musicale, che mi aveva imposto uno studio quotidiano per mesi, abbia permesso la fluidità con cui il materiale è stato realizzato. A inizio novembre inviai a Loris un provino di quella che sarebbe stata “L’Alba della Civiltà”, con un testo in inglese. Avevo deciso di investire in un piccolo studio casalingo e avevo quindi potuto realizzare un prodotto abbastanza definito. Gli chiesi cosa ne pensasse, per far uscire un singolo “Odessa” dopo tanto tempo. Lui ne fu entusiasta, mi chiese di pensare a un testo in italiano e di provare a coinvolgere Gianluca, il quale accettò immediatamente di buon grado
Di fatto, questo modus operandi diede il via alla confezione dell’intero Album: io componevo, realizzavo e facevo ascoltare a Loris. Ne parlavamo, fissavo, poi inviavo le parti ai ragazzi.
Gianluca nella maggior parte dei brani ha avuto libertà totale, per scegliere i suoi innesti, che spesso si sono rivelati iconici e molto caratterizzanti, tanto che nel disco è presentato come membro della band, e così vorremmo fare in live, nonostante i tanti chilometri che ci dividono. Tutte le voci si registrarono a casa mia, così come il basso e la chitarra, mentre Marco mi inviava le tracce di batteria.
A differenza di quanto successo per i precedenti dischi, ho potuto avere controllo totale sulla produzione, curare gli arrangiamenti, i timbri, la postproduzione e questo è stato un grande valore aggiunto del disco. Chiaramente in questi 11 anni di distanza c’è tanta esperienza di studio, di palco, un’attività di compositore e arrangiatore per una compagnia di musical che sta diventando importante, nella quale sono anche insegnante di canto, una ulteriore laurea in canto Jazz e una in arrangiamento e direzione d’orchestra. Lo stesso dicasi per i miei sodali, tutti punti di riferimento nel loro strumento e immersi in tanti progetti.
Una cosa che ho voluto fare in questo disco è usare timbri “caldi” e analogici. Oltre chiaramente al flauto e al combo, i suoni di tastiera sono l’organo Hammond, il piano elettrico, l’organo a transistor, il piano acustico, i synth analogici nei loro vari settaggi lead e in quelli ad arco. Ho anche avuto il piacere di curare degli innesti di orchestra d’archi, nei punti che ritenevo potessero far fruire meglio l’emozione e la dinamica. Notevole attenzione ho potuto dare ai cori, avendo a disposizione la sala di ripresa a casa mia.
Trovo il titolo del nuovo album, ''L’Alba della Civiltà'', particolarmente significativo quanto evocativo (anche) in riferimento alle vertiginose trasformazioni della post(post?) modernità liquida (riprendo Zygmunt Bauman) che configurano scenari tutt’altro che rassicuranti (conflitti geopolitici in atto, cambiamenti climatici, pandemie, rivoluzione digitale, utopie transumaniste atte a trasformare Homo Sapiens in Cyborg … mi fermo qua per non sollecitare troppo i latenti pensieri catastrofisti), ma che può essere letto anche nelle sue potenzialità positive. Il disco ci mette di fronte alle possibilità di una nuova era e, nel caso, con quali prospettive?
Si, il disco vuole essere un viatico che usa i canali dell’arte: la suggestione, l’emozione, il simbolo, il desiderio per tornare a vivere, con il cuore aperto e senza paura. “Di buio e Luce parte 2”, ad esempio, è un richiamo amoroso alla vita, al desiderio, verso una persona che è nelle tenebre. E’ un lavoro che spinge a vedere e preparare la rinascita oltre l’annichilimento attualmente in atto. Una rinascita che a mio avviso passa attraverso un ridimensionamento dell’esistenza digitalmente mediata, finché il digitale non verrà messo al servizio dell’umano e non del suo abbrutimento. Credo che questo dovrà avvenire anche attraverso la riattivazione delle comunità (“stai con me e crescerò con te; quando il sole nuovo splenderà cambierà anche un mondo sempre, eternamente immemore di ciò che fu”): di lavoro, di prossimità, di solidarietà. Nella musica, la ricomparsa delle scene locali… tutto ciò che è stato tolto come modello identitario e legame sociale, al fine di rendere gli individui tante piccole monadi sole di fronte a un potere con sempre meno limiti, dovrà venire ripristinato, in quanto afferente all’umano, al suo benessere e quindi non amputabile''.
Last but not least corre l’obbligo di far sapere qualcosa ai nostri cybernauti sui vostri prossimi passi, in particolare sulle modalità di promozione del disco e sull’attività live… ''Il primo concerto dove gli Odessa presenteranno il nuovo album sarà il 4 Giugno a Fano, al Museo della Batteria di Daniele Carboni, organizzato dalla infaticabile Marina Montobbio, preziosa fonte di idee ed entusiasmo. Siamo entusiasti, vi aggiorneremo, venite!
Abbiamo anche altre interessantissime e lusinghiere partecipazioni in via di definizione''.
Per congedarsi, utilizzo stavolta una formula consueta, passandoti il microfono per rivolgerti direttamente alla platea di Music Map… ''Sono molto contento di questo disco, considero questa squadra ormai una sorta di famiglia. Con Marco, Valerio e Giulio esiste da tempo un rapporto fraterno che va al di là del sentirci spesso o suonare assieme. Questo disco, oltre che con loro, mi ha permesso di collaborare con persone che hanno fatto parte di molti tra i momenti più significativi della mia vita artistica, come Loris e Gianluca, dei quali apprezzo, oltre che la rispettiva competenza, la delicatezza, il garbo e l’onestà.
Vorrei fare anche un plauso alla comunità prog, perché ha essenzialmente mantenuto un approccio alla musica fatto di ascolto focalizzato, spirito di comunità, partecipazione agli eventi, confronto e passione. Se ne parla come di una modalità “vecchia”, mentre credo fortemente sia quello che dovremo ricostruire, come modello di approccio all’arte, molto presto. Quello che ha permesso l’autenticità di tutto ciò che oggi consideriamo come “classico”, mentre, è una mia opinione personale, credo che rimarrà ben poco dei progetti predigeriti e standardizzati che vengono usati come modelli del conformismo, a beneficio dei giovani e non solo.
Esorto infine tutti a fare, a desiderare, a mettere le mani in pasta, senza paura. Si impara, ci si diverte, si creano legami, ci si scopre, ci si sorprende''.
Grazie ancora Lorenzo e alle prossime mosse… in quel di Odessa! ''Grazie di cuore a te Mauro, un caro saluto a tutti i lettori''. (MauroProg)