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22/04/2022   MICO ARGIRO'
  ''Il mio album su... preservativo. Il primo disco che puoi davvero goderti!''

Mico Argirò è un essere umano, cantautore e compositore di musiche per il teatro. Dal 2009 al 2013 pubblica le prime raccolte e singoli (''Tra le Rose e il Cielo'', ''Canzoni'', Felicita - Una canzone crepuscolare'' e ''Risveglio'') iniziando un’intensa attività live. Il 15 aprile 2022 è uscito l’album “Irriverentə – Canzoni dagli anni 20”, primo album in Italia stampato su preservativi, racconto di questi assurdi anni attraverso 8 canzoni tra il cantautorato e l’elettronica.

Ciao Mico. Il tuo vissuto artistico parte dal 2009 con le prime canzoni e subito un'intensa attività live. Che bilancio fai di questi 13 anni? ''Un percorso lungo e complesso, caratterizzato da un grande amore per la musica e per le canzoni e da tanta dedizione. È un cammino nel quale sono cambiato tanto, ho sperimentato, sono riuscito a costruire una mia realtà artistica e ho incontrato tante belle persone. Sono contento di avere una storia e spero, nonostante i cambiamenti di stile, si senta''.

Sei anni fa debutti con "Vorrei che morissi d'arte". Come consideri quell'album rispetto all'attuale "Irriverentə"? ''Sono due mondi differenti, due Mico diversi, anche se il percorso artistico credo continui coerentemente. "Vorrei che morissi d'arte" era più ingenuo, più legato stilisticamente ad alcune cose del passato, più lirico, ma era un disco molto esemplificativo di quel mio periodo artistico, sono felice di quei pezzi e di come era concettualmente pensato l'album. Senza quel disco non ci sarebbe stato questo: tutta la voglia di stravolgere la mia musica nasce anche da quegli anni e dalle serate che ne sono seguite''.

Per tua definizione, l'album annovera 8 brani "rompiscatole: perché? ''Già i singoli che hanno anticipato l'album hanno risposto a questa domanda: per ogni canzone ci sono state persone che si sono incazzate in entrambi gli eventuali blocchi contrapposti. ''Hijab'' su tutte, definita sia comunista che fascista, razzista o sessista, ma si trattava solo una canzone d'amore libero e di una ragazza araba libera di vivere una storia di una notte. Queste canzoni sono tutte così, credo sia inevitabile quando si vuole raccontare un presente controverso e assurdamente polarizzato e il simbolo che racchiude questo concetto è, qui per me, la schwa, che ha la stessa capacità di fare incazzare tutti''.

Il fatto che sia stampato su preservativo e non su cd che significato gli hai voluto attribuire? ''Cercavo un modo di rendere irriverente e fuori dal comune anche il supporto dell'album, una via laterale, un modo per metterlo in quel posto al mondo. L'ho trovato così, in maniera sicura... E poi ho creato il primo album che puoi davvero goderti!''.

Ricca la platea di gustosi ospiti; ce li presenti? Li hai conosciuti tutti nella fitta esperienza live? ''Per questo album ho scelto di contaminarmi tanto con la presenza di artisti molto diversi da me a livello di forma (ma poco per contenuto), tutte persone che stimo e che vivono la musica come un qualcosa di essenziale per l'esistenza. C'è in ''Hijab'' Pietra Montecorvino, prodotta qui da Eugenio Bennato, due nomi incredibili del panorama artistico del Sud Italia. La voce di Pietra era più adatta per esprimere il messaggio di quella canzone e sono onorato di aver diviso il viaggio con lei ed Eugenio. C'è Tartaglia Aneuro in ''Le canzoni divertenti'', un amico dal percorso molto personale che nella canzone diventa la voce della mia coscienza. In ''Home'' ci sono Luciano Tarullo, Antunzmask e i ragazzi del collettivo Cilento Doppia H (The Sniper, Novanta e Mbo), tutti della mia terra, il Cilento, tutti al servizio di un pezzo assurdo. In ''È morto De Gregori'' ci sono Frank Bonavena e Gabriele Slep, una botta di indie milanese immigrato. Altri pezzi poi me li sono tenuti tutti per me. Nel disco però c'è tanta influenza anche in altre collaborazioni non musicali, con Biodpi ad esempio, che firma la copertina, con Carbone, Iara Carvalho dal Brasile, Moby Click con i registi dei videoclip, col mitologico Alvaro Vitali e tantissimi altri. Tutte queste persone le ho incontrate in questi anni di cammino artistico e ci ho diviso bei momenti sul palco o, meglio ancora, nella vita comune. Sono felice di queste collaborazioni e della stima reciproca''.

E'indubbio che tu ambisca a raggiungere l'inclassificazione stilistica. Pensi di esserci riuscito o ci si deve lavorare ancora un po'? ''Secondo me sono risucito a costruire un'identità personale e riconoscibile. Di sicuro non volevo essere solo il classico cantautore acustico, ma non volevo nemmeno farmi racchiudere in un genere. Volevo essere me stesso e basta, voglio esserlo anche per il futuro: fare solo ciò che mi va e che ritengo adatto alle canzoni. Non volevo però perdere completamente le radici e credo di essere riuscito a mantenerle in questo mix tra acustico ed elettronico, tra irriverenza ed emozione''.

"Che schifo gli anni '20" la dice tutta sul disgusto per quest'epoca. Ma, proprio proprio, non salvi nulla? ''Ahahahah, no, salvo tantissime cose, anzi, ho uno sguardo generalmente positivo alla vita, cerco sempre di trarre il meglio dalle cose, anche le peggiori. Questi anni '20 c'è da dire che non sono una passeggiata e siamo solo al 2022, ''Che schifo gli anni 20'' è stato un grido lucido, ma anche ironico. Ritengo che da questi anni duri possiamo tirarne fuori una nuova forza, delle idee nuove, scardinare le nostre convinzioni e dirigerci a un futuro migliore''.

Ironia ed eclettismo rivestono l'intera tracklist. Per cosa ti piacerebbe essere apprezzato principalmente: per i testi, per lo stile, l'istrionismo o cosa? ''Mi piacerebbe essere apprezzato come essere umano, che, quindi, le canzoni fossero una porta d'ingresso al mio animo, alla mia mente. Nei testi, nello stile, nelle trovate si nasconde molto di più di quanto si vede, è un iceberg enorme che spero qualcuno abbia voglia di esplorare''.