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14/04/2022   DALILA SPAGNOLO
  ''La musica non è un hobby, ma è il ritmo dell’esistenza...''

Dalila Spagnolo ha fatto uscire il suo nuovo brano “Alberi d'eterno”. Le facciamo qualche domanda sul suo percorso.

“Cantautrice della fragilità”, sembrerebbe una missione. Però nel disco precedente, in “Tutto di me” canti: “Se sono fragile saranno affari miei”. Stai per aprirci agli affari tuoi, o questo è il frutto maturo di quel verso-seme? ''Hai ragione, è una missione. Anzitutto verso me stessa, poi una responsabilità verso gli altri. Questi “altri” sono esattamente come me, io non intendo insegnare nulla, ma attraverso la mia storia provo a sensibilizzare cantando la vulnerabilità come qualcosa di prezioso. Non possiamo trascorrere la vita a nasconderci dietro un dito facendo finta di essere chi non siamo. Quindi, proprio perché mi affianco il nome di “cantautrice di fragilità” mi permetto di cantare le mie e quelle dell’essere umano, come in “Tutto di me”, in cui c’è una chiara volontà di mostrare la parte più egoista ed egocentrica, oltre a quella umana e solidale che emerge nel resto del disco''.

Rispetto ai lavori precedenti, si nota un cambio di direzione stilistica; dagli arrangiamenti orchestrali attorno alla chitarra acustica, con “Alberi d'eterno” si avverte l'elettronica pop contemporanea, e a un certo punto anche la voce sdoppiata à la Billie Eilish. Come mai questa scelta? ''Non c'era un motivo, non c’era una volontà prestabilita di abbracciare il pop elettronico. Nelle prime sessioni di arrangiamento, insieme al mio produttore artistico Luigi Russo, è nata la produzione di “Alberi d’eterno”, ci suonava bene così e abbiamo proseguito per quello che sentivamo. Il resto del disco non sarà così elettronico, ma fuggo dall’imprigionarmi dentro generi e stili. Voglio sentirmi libera di fare e di essere, solo così la mia musica mi riguarderà da vicino. Cerco suoni che mi descrivano nella mia moltitudine e nelle mie colorate personalità, non che mi imprigionino''.

Nel tuo canale YouTube, tra i primi video spicca una cover di “Misty”, storico standard jazz. Com'è la tua dimensione live? Lasci spazio d'improvvisazione alla band? ''Ho registrato la cover di ''Misty'' poco dopo aver iniziato a studiare canto jazz al Conservatorio di Lecce, è stato un primo approccio al jazz al quale sono affezionata, ma non riguarda il repertorio dei live. Nei miei concerti c’è assolutamente spazio per improvvisazione e in modo più ampio al fluire emotivo e libero dalle strutture dei brani''.

Raccontaci della tua esperienza in Burkina Faso. Che atmosfera generale e musicale hai trovato? ''In Burkina ho trovato accoglienza, la musica lì è il sottofondo della quotidianità, ci si svegliava col suono dei tamburi e allo stesso modo si andava a dormire. Tutti gli africani sanno suonare gli strumenti tipici di prassi, i musicisti studiano e/o approfondiscono. La musica non è un hobby, ma è il ritmo dell’esistenza. Mi sono portata a casa un grande amore per la musica tradizionale africana e di questo ne ha risentito il primo disco, e ne risentirà il secondo. Anche i live sono ricchi di omaggi ad artisti africani, non riesco a farne a meno''.

“I timori miei preziosi / custoditi dentro il cuore / si nascondono dal rischio / di perdersi per sempre. I timori miei da soli / si accompagnano per mano / come semi poi si annaffiano / sono germogli, non si strappano”. Perché questa volontà di custodire i timori? Perché non liberarsene? Cosa intendi? ''Perché mai dovrei liberarmi di qualcosa che mi ha plasmato e forgiato fino ad essere la donna che sono oggi, qualcosa che mi guida e mi permette di orientarmi verso una coerenza che nasce dalla paura di snaturarsi? Se non avessi paure e timori, fragilità e debolezze, facendo attenzione che queste parole non si scambino per sinonimi, non sarei io, così come sono. Se li trattassi come qualcosa di cui sbarazzarmi sarei un’illusa ipocrita che crede che il passato può annullarsi e che le ferite profonde non lascino le cicatrici. Faccio pace con tutto questo e lo canto, cantando anche i miei dubbi, la mia ricerca di un equilibrio spesso precario, le mie incertezze. Tutto fa parte di me e questa è la verità che porto alla luce, la verità di ciascuno. Non esiste essere umano che non sia tremendamente forte e potenzialmente fragile al tempo stesso''.

“Sai che quando non ti vedo, sembra quasi non esisti, ti nascondi così bene”, richiama certa filosofia sull'essere contrapposto al non essere. Questo “bambino capriccioso” a cui ti rivolgi, nasconde per caso un dilemma esistenziale? ''Con questa strofa ho voluto solo descrivere la capacità dei timori di nascondersi dietro alla gioia e all’entusiasmo dell’io bambino. Quando sei felice non concepisci la tristezza, e poi viceversa. Quando questi vengono alla luce recano fastidio e sono spesso di intralcio alla crescita personale, se gli si dà troppa retta. Accettarsi non vuol dire giustificarsi, ma allo stesso tempo non ci si può evolvere senza esser consapevoli delle radici. Il “bambino capriccioso” è colui che va accettato e atteso nella crescita, tra un abbraccio materno e uno schiaffo sulle natiche, è la metafora del processo di crescita personale fatto di accettazione e autodeterminazione critica''.

Nella tua scrittura musicale e testuale, hai dei riferimenti consci a cui ti ispiri? Del passato e/o del presente? ''Quando scrivo non penso a niente e a nessuno, non imito e non mi ispiro direttamente a nessuno. Certamente dopo il processo creativo riconosco le influenze degli artisti di mio riferimento. E’ uno zaino che porto in spalla e che dimentico di avere, mi ispira sicuramente, ma la maggior parte delle volte inconsciamente. Nell’ultima canzone che ho scritto ho pensato a Tosca''.

Grazie del tuo tempo. Salutandoci, c'è un messaggio particolare che vuoi lasciare alle lettrici/lettori di Music Map? ''Ciao Music Map, grazie per le vostre domande, mi hanno permesso di scavare ulteriormente dentro di me e di condividere la mia vocazione con voi. Grazie a chi mi leggerà, un saluto a tutt* voi, buon ascolto! :)''.