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20/12/2024
24/03/2022 LA ROSTA
''Sarà la parte più fragile e preziosa dell’animo umano a salvarci e a guidarci nel faticoso cammino...''
La Rosta è un collettivo reggiano formato da Massimo “Ice “ Ghiacci, Marco Goran Ambrosi e Andrea Rovacchi, rispettivamente membri di Modena City Ramblers, Nuju e Julie’s Haircut. Oggi parleremo del nuovo album “Hotel Colonial” che esce a distanza di 6 anni da “Roba lieve”.
Benvenuti. La vostra esperienza con La Rosta nasce discograficamente 6 anni fa con l’uscita del primo album “Roba Lieve”. Prima di parlare del nuovo “Hotel Colonial” accennateci qualcosa del vostro passato con Modena City Ramblers (Massimo “Ice” Ghiacci) e Nuju (Marco Goran Ambrosi). ''I La Rosta nascono dall’incontro avvenuto tra Massimo e Marco quando i Nuju hanno fatto da open act ai Modena City Ramblers ed è proseguito quando Marco ha invitato Massimo a ritirare il Premio Musica contro le Mafie, fino ad arrivare a un progetto che si chiamava The Road, in cui portavano in giro uno spettacolo di canzoni e parole sulla storia del rock. Tutto questo per dirti che i nostri progetti sono serviti a farci incontrare, ma sarebbe troppo lungo raccontare la quasi trentennale storia dei Modena City Ramblers e la più recente e meno “spettacolare” storia decennale dei Nuju. La storia di entrambe le band, però, in qualche modo si è intrecciata con la storia dei La Rosta''.
Voi due siete i fondatori di La Rosta però, oggi, la formazione passa a trio con l’innesto di Andrea Rovacchi (Julie’s Haircut). Che tipo di apporto ha fornito il suo arrivo? ''Andrea è entrato nei La Rosta durante i missaggi di “Roba Lieve”, quando siamo andati nel Bunker Studio a lavorare con lui. Ci conoscevamo già tutti ed è nata l’idea di portare in giro in tre quello spettacolo. Da lì, quando abbiamo scritto le canzoni nuove, è stato naturale diventare un trio''.
“Hotel Colonial” esce (orgogliosamente!) anche in CD, grazie anche alla riuscita raccolta fondi. Pensate che si possa, in qualche modo, frenare o limitare il ricorso alla musica liquida per ridestare l’interesse per il formato fisico? E in che modo? ''Ormai quasi nessuno compra più i cd. Siamo tutti consci di come il supporto fisico più ricercato sia il vinile. Oggi sta tornando di moda anche la musicassetta. Questo ci fa capire come è l’oggetto, più che la musica, quello che si acquista. Infatti mentre per il vinile c’è anche un discorso di resa sonora, lo stesso non si può dire per la musicassetta. Il paradosso maggiore è che chi acquista questi “oggetti”, poi ascolta la musica in streaming. La musica liquida, proprio per il nome che porta, non si può fermare, ciò che è fluido si sparge ovunque, anche se costruiamo delle dighe le infiltrazioni passeranno attraverso le fessure. Non si può fermare, né, forse, è giusto farlo. Noi, dal canto nostro, siamo orgogliosi di continuare a stampare su un oggetto fisico la nostra musica, così che possa perdurare nel tempo, come un’opera d’arte''.
Il disco ingloba 11 brani anticipati dai singoli “Con la poesia” e “Odore di miscela”: di cosa parlano? In generale, nelle tematiche dell’album, qual è l’anelito messaggistico principale che trapela nelle tracce? ''Abbiamo cercato di far incontrare mondi musicali apparentemente lontani perfezionando un orizzonte sonoro quasi cinematografico su cui si appoggiano liriche che parlano di evoluzione personale, di identità e di come sarà la parte più fragile e preziosa dell’animo umano a salvarci e a guidarci nel faticoso cammino verso la nostra Stanza del Cuore. Tutti i testi idealmente riconducono alle diverse camere di un metaforico hotel che accoglie e offre sosta all’eterno umano ‘errare’, da leggersi nella sua duplice accezione, vagare senza una meta certa e commettere errori. I ricordi e le esperienze vissute si mischiano quindi a storie e suggestioni provenienti da romanzi consumati e metabolizzati nell’anima in questi ultimi anni: Jodorowski, Izzo, Auster, Borges tra gli autori che ci hanno ispirato e ci hanno aiutato a esprimere il nostro messaggio''.
Con l’innesto di chitarra acustica, elettrica, mandolino e bouzouki, c’è l’intento di conferire all’insieme un sound internazionale. Siete soddisfatti del risultato ottenuto o (come spesso succede) c’è qualche “rammarichino” per aver tralasciato qualche altro dettaglio? ''Sì, noi siamo soddisfatti. Ovviamente poi speriamo siano soddisfatti anche gli ascoltatori. Il disco è molto più acustico rispetto al precedente, a tratti etno-world, forse questo è l’aspetto che lo può rendere più internazionale''.
Evoluzione personale e identità sembrano rappresentare, nei testi, il sentiero per condurci tutti nell’inerpicato peregrinare verso la salvitica stanza del cuore. E’ cosi? ''Sì, è così. Noi abbiamo lanciato degli spunti, ma poi ognuno deve ritrovare sé stesso nella camera dell’Hotel Colonial che preferisce. Il nostro albergo è in grado di accogliere tutti e le stanze sono spaziose, comode e, soprattutto, lasciano ampia scelta individuale e personale per poter esprimere la propria identità''.
11 brani contemplati come altrettante stanze per ristorare l’“errare” umano da errori, rimpianti, smarrimenti d’identità, afflizioni. Secondo voi, per quali basilari crocevia, l’uomo deve passare per ritrovare la sua vera essenza esistenziale? ''Crediamo che il crocevia fondamentale per ogni uomo stia nella ricerca di sé stessi. La difficoltà maggiore, malgrado l’isolamento digitale a cui siamo sottoposti oggi, è riuscire a convivere con il proprio isolamento. Riuscire a stare bene da soli ci aiuta a stare in mezzo agli altri. Accettare sé stessi aiuta ad accettare l’altro. In ogni caso questa è la nostra umile via che proponiamo attraverso la musica, non abbiamo alcuna verità da raccontare''.
Alla ripresa dei live, amplierete la formazione? Come strutturate le vostre esibizioni, puntando tutto sulla musica o alternando anche aspetti visivi? ''Il live, per il momento, è strutturato in duo. Saranno in giro solo Massimo e Marco, proponendo le canzoni così come sono nate al momento della scrittura. Questo perché Andrea è impegnato come fonico in un altro tour e anche per poter raggiungere più posti possibili. Se i clienti non vengono all’Hotel Colonial è l’Hotel Colonial che va dai clienti''.
Augurando ottime prospettive, salutiamo La Rosta con l’auspicio che “Hotel Colonial” sia un albergo illuminante di risposte importanti per ognuno di noi. (Max Casali)