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20/12/2024
26/01/2022 GIUDAH!
''Affrontare la musica da un punto di vista nuovo, più libero e senza punti di riferimento...''
Giudah, un nome un perché, raccontaci del tuo nome d'arte e di come ti sei approcciato alla musica! ''Giudah! Perché era la cosa più vicina al tradimento che mi era venuta in mente ed era la mia priorità, musicalmente parlando. Tagliare con tutto quello che avevo fatto in precedenza ed affrontare la musica da un punto di vista nuovo, più libero e senza punti di riferimento. Il mio approccio alla musica è piuttosto datato, il mio primo live l'ho fatto nel 1998 e come molti altri ci sono arrivato perché ero un emarginato. Non facevo sport, leggevo molto, ascoltavo musica simile a rumore e vestivo giusto perchè dovevo coprirmi. Poi, devo dire, senza cose eclatanti, che la musica mi ha dato moltissimo, ho avuto il privilegio di suonare moltissimo in giro e di conoscere persone e realtà fantastiche. Poi con Giudah!, che era nato come progetto solista, ho proprio cambiato il mio approccio alla musica, sia come composizione, sia come ascolti''.
Abbiamo apprezzato parecchio il tuo ultimo singolo, qualità e quantità. Cosa ti ha ispirato maggiormente nel tuo processo creativo? ''Mi fa piacere. ''Doggerel'' in realtà è qualcosa di un po' diverso dai lavori di Giudah! Non ha filtri. È esattamente il mio modo di comporre, rapido e scarno. Ma quella canzone è uscita così di botto che mi pareva brutto riarrangiarla o ritoccarla. Senza fare dello storytelling, ho preso in mano la chitarra mettendo il capotasto sul secondo tasto e le dita a caso e ne è uscito un giretto, poi ho provato una voce, provando a registrare il tutto e bum. È andata. Roba di un paio d'ore. Il giorno dopo l'ho registrata nel mio studio mettendoci solo un rhodes per coprire le frequenze mancanti. Non lo so, era ancora il primo lockdown, nel 2020, e mi sentivo come tutti in quel periodo, apatico, come parcheggiato, ma quando ho sistemato il testo mi sono meravigliato. Pensavo di aver usato parole a caso ed invece avevano un senso. Non lo so quindi cosa mi abbia ispirato, ma da sempre la musica è per me una valvola di sfogo. Ed in quel momento sentivo il bisogno di semplicità e di leggerezza''.
Il tuo è sicuramente un progetto che proviene dall'underground. Credi che la gavetta possa essere ancora utile nella carriera di un'artista? Cosa ne pensi dei talent al momento? ''La gavetta è utile in tutti i campi, secondo me. Ti aiuta a capire chi sei e a farti le ossa in un mondo, quella della musica, che ti prenderà a bastonate di continuo. Il dramma è quando la gavetta rappresenta tutta la tua carriera. C'è chi pensa che i talent siano un modo per saltare la gavetta, chi pensa che sia ormai l'unico modo per raggiungere un pubblico più ampio e chi li odia per principio. Sono scelte, non giudico gli artisti che provano questa strada. Come dicevo, quando vedi che il tuo, passatemi il termine, “prodotto” vale, che hai buoni riscontri, ma non riesci ad arrivare ad un audience più ampia, alla fine ti trovi davanti a due scelte, facciamo tre. La prima è continuare a fare il tuo, la seconda è fare un grosso investimento in promozione
per giocartela ad armi pari con i big, o cercare la scorciatoia dei talent. In fin dei conti non vai a fare le cover di Ligabue. Porti ciò che fai, ma in un contesto diverso. Personalmente, ho sempre pensato che i talent siano l'ultima spiaggia del mercato musicale, in cui le grandi distribuzioni sondano i gusti del pubblico e somministrano un prodotto che potenzialmente ripaga dello sforzo. Massima resa con minima spesa''.
Come hai vissuto tutto il periodo pandemico? ''In un limbo. Una sorta di apnea, una sospensione temporanea dalla realtà. Poi, in concomitanza con la pandemia sono successe varie rivoluzioni personali e lavorative, quindi questa cosa mi ha molto debilitato. Non avevo voglia di suonare, di leggere. Mi
tenevo occupato con piccoli lavoretti domestici e bevevo come un drago. Fortunatamente, vivo in una bella realtà di quartiere per cui il rapporto umano non è mai mancato''.
Cita cinque brani che ti hanno maggiormente influenzato e che vorresti far conoscere al nostro pubblico... ''Daje, allora:
One armed scissors – At the drive in
First fires – Bonobo
High hopes – Pink Floyd
Food for the ants – Yuppie flu
The diamond sea - Sonic Youth''
Quando avremo la possibilità di vederti nuovamente dal vivo? ''Spero prestissimo, non so se si possa definire crisi d'astinenza, ma la mancanza di concerti è qualcosa di molto simile. Ci stiamo lavorando e penso che per la primavera si possa iniziare a tornare in giro''.
Dove ti vedi tra dieci anni? ''Fisicamente non lo so, ma sicuramente parte delle mie fatiche saranno rivolte alla musica. Non necessariamente la mia, anche quella di chi si farà il mazzo tanto senza averne niente, i perdenti, gli emergenti, i progetti sperimentali, le etichette indipendenti, le fanze
(ora più webzine :-)). Quella è la mia parte da quando mi sono formato come persona e non vedo ancora motivo per cambiare bandiera. Per dirla nel mio volgare: “Duri i banchi!”''.