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16/11/2021   MACCHIARELLI/SGAMMINI
  ''La nostra voglia di suonare non è mai stata piegata da questo periodo terribile...''

Ciao e benvenuti su Music Map. Partiamo da voi e dalla vostra storia: qual è il vostro background?
Filippo: ''Ciao ragazzi, grazie per questa intervista! Che dire, il mio background è abbastanza variegato… sono stato cresciuto a pane e rock anni ’70 da mio padre, con ascolti importanti come King Crimson, Genesis, Vanilla Fudge, Black Sabbath, John Lennon, ecc. per cui era inevitabile che crescesse in me un desiderio irrefrenabile di iniziare a suonare e di montare su un palco! L’arrivo al basso è avvenuto solo a 15 anni e per puro caso: frequentavo assiduamente degli amici che suonavano già insieme in una band e che seguivo nelle loro performance peggio di una groupie assatanata tanto era il desiderio di suonare! Successe che si liberò il posto del bassista, per cui il chitarrista mi convinse che se volevo suonare con loro dovevo iniziare a prendere lezioni di basso… io invece volevo suonare i riff di Tony Iommi alla chitarra! Morale della favola: mi sono talmente appassionato al basso elettrico che alla fine sono anche passato al contrabbasso, approfondendo lo studio in conservatorio sia nel repertorio classico che jazz''.
Tommaso: ''Entrambi abbiamo un passato molto poliedrico: siamo partiti tutti e due da ragazzini ascoltando la musica rock dei nostri genitori, la passione per il mondo della musica è stata per me determinante. Approfondendo sempre di più lo studio della musica sono andato alla ricerca sempre di nuovo e diverso materiale con cui confrontarmi. In questo la musica Jazz è stata la mia prima e forse ancora oggi più grande fonte di stimoli. Poi sono venuti gli studi in conservatorio e tutto il resto''.

Tommasso al pianoforte e Filippo al contrabbasso per questo nuovo disco dal titolo "Stanzia". In che modo avete condiviso il processo creativo?
Filippo: ''Io e Tommaso ci conosciamo da diversi anni ma non avevamo mai intrapreso un progetto insieme così importante. Personalmente sentivo l’esigenza di darmi una cadenza settimanale fissa per studiare con qualcuno il repertorio degli standards al contrabbasso, approfondendo così il linguaggio jazzistico, l’improvvisazione e l’interplay. Ho trovato in Tommaso il partner ideale: un pianista eccezionale dotato di grande cultura, sensibilità ed intelligenza musicale. Da questo punto di partenza abbiamo iniziato successivamente ad approcciarci a del materiale inedito che ha preso forma lentamente durante le nostre sessioni di studio''.
Tommaso: ''Poteva capitare che Filippo arrivasse alle prove con del materiale grezzo da sistemare insieme, oppure che io mi mettessi a scrivere e ad arrangiare per noi due qualcosa che avevo lasciato nel cassetto. Scrivendo anche poesie, ho inserito dei testi a volte partendo dalla melodia e trovando le parole, a volte facendo il procedimento contrario. Posso dire che ogni brano del disco ha avuto un approccio diverso''.

"Stanzia" è un disco sostanzialmente nato nel lockdown, o quanto meno in questi mesi di fermo forzato. Come questa situazione di stallo si è tradotta in musica?
Filippo: ''E’ stato assurdo. Io e Tommaso viviamo in due province diverse, quella di Ancona io e quella di Pesaro lui, ma sostanzialmente distiamo 20 minuti l’uno dall’altro. Fondamentalmente ci dividono solo un fiume e un ponte. Dopo mesi di studio e di prove ci siamo improvvisamente trovati impossibilitati a suonare insieme, chiusi in casa così come quasi tutte le persone nel nostro paese e non solo. In questa situazione di stallo abbiamo continuato comunque a scrivere e a ragionare sul materiale che avevamo accumulato: lentamente stava già prendendo forma il disco e il concept che volevamo imprimere ad esso. Fortunatamente la situazione si è poi sbloccata e abbiamo potuto continuare il nostro lavoro di ricerca''.
Tommaso: ''La nostra voglia di suonare e di incidere un disco non è mai stata piegata da questo periodo terribile, ma è stata sicuramente influenzata. Solo alla fine di tutto ci siamo resi conto di quello che avevamo fato: eravamo stati coraggiosi! Così abbiamo voluto dedicare questo lavoro anche a tutto questo. Stare fermi non è una scusa per restare immobili. Vogliamo portare un messaggio di conforto e di speranza''.

Possiamo dire che, in un certo senso, "Stanzia" rappresenta anche una fuga dalla realtà statica che abbiamo vissuto nei mesi scorsi?
Filippo: ''Più che una fuga vuole essere un invito al pensiero, alla riflessione, all’ascolto interiore di sé e dell’altro da sé anche se lontano da noi. Questi brani sono fondamentalmente nati dentro lo studio di Tommaso: uno studio piccolo, una stanza che sa di antico, con un piano a mezza coda, quadri appesi alle pareti e mobili che odorano di legno e carta da scrivere. Da questo luogo impermeato di una certa sacralità dove tutto ha preso forma viene l’associazione alla parola latina stàntia, che abbiamo traslato come un imperativo: stànzia, fermati! Un fermarsi che è solo apparente perché la mente umana è infinita e non puoi fermarla: abbiamo così cercato di evadere interiormente per ambire a qualcosa di più spirituale e profondo. Dal punto di vista grafico siamo riusciti a concettualizzare questo concetto nella copertina dell’album grazie alla preziosa collaborazione dell’artista Giacomo Giovannetti. Il front del cd mostra infatti una tigre, simbolo della nostra forza vitale e del nostro istinto, accoccolata innaturalmente su un divano, dietro il quale si erge un globo lunare; in esso compaiono i paesi all’interno dei quali sono raffigurati gli interni delle abitazioni al posto dei confini, in una chiara rappresentazione di quello che è stata la nostra recente situazione mondiale''.
Tommaso: ''Io non la vedo così. La realtà non è mai statica. Anche se in superficie ci siamo fermati tutti, qualcosa giù nel basso della pancia ha continuato a lavorare... Tutto questo silenzio, questo vuoto fuori, ha portato alla luce le cose che stavano nascoste più in profondità. Per me è stato un lavoro alla scoperta di me stesso. È questo lavoro interiore che ha dato vita al nostro disco, così come tante altre cose belle che sono nate nel mondo in questo periodo così triste ed angosciante. Quindi più che fuga dalla realtà statica parlerei di incontro con una realtà interiore dal grandissimo potere trasformativo''.

Tecnicamente questo è un lavoro impeccabile ed artigianale nel senso più nobile del termine. Potete scegliere il brano più rappresentativo e descriverlo ai nostri lettori?
Filippo: ''Io mi sento di suggerire il brano intitolato ''Gaia'', perché è l’unico che porta la firma di entrambi. Avevo appuntato il tema del brano su un taccuino almeno 15 anni fa e lì era rimasto. In quel periodo frequentavo Bologna e mi ero tremendamente invaghito di una ragazza. Volevo dedicarle un brano, per cui ho abbinato le lettere del suo nome e cognome alle note musicali: il tema è venuto fuori da sé. Purtroppo o meglio per fortuna quell’abbozzo rimase lì, con la speranza che magari un giorno avrei trovato l’ispirazione giusta per terminarlo. Dovevo incontrare Tommaso perché questo avvenisse!''.
Tommaso: ''Per quanto mi riguarda non saprei scegliere. Sembrerà banale ma amo tutti i lavori che sono usciti fuori. Ognuno racchiude una qualità ed un sapore particolare. Questa cosa mi piace molto perché il risultato finale non risulta stancante. Se proprio dovessi scegliere il mio brano preferito, sceglierei ''Carnevale''. Questo è un brano che è stato scritto molto tempo prima del lockdown: è nato come brano strumentale e solo poi ho aggiunto un testo che potesse rendere giustizia alla canzone. ''Carnevale'' è un’immagine onirica che parla dell’amore nella dimensione più pura del termine. Mi sono immaginato un mondo popolato di maschere sfarzose in cui però nessuno potesse vedere il volto degli altri. Le maschere siamo noi. ''Carnevale'' è una di loro. La scelta delle parole giuste non può mai essere fatta indossando la maschera. Quindi l’unico modo per abbracciare l’amore, anche con il rischio di soffrire immensamente, è gettare via la maschera che indossiamo avidamente e affidarci a chi abbiamo di fronte''.

Con voi Camilla Battaglia alla voce. Perché avete scelto lei?
Filippo: ''Perché è eccezionale, meravigliosa, elegante, suadente… non so, ho finito i termini! Io e Camilla ci siamo conosciuti anni fa durante la militanza dentro l’Orchestra Nazionale Jazz Giovani Talenti di Paolo Damiani e ho sempre seguito le sue produzioni solistiche in seguito a quell’esperienza insieme. Oltre ad essere una cantante ed un’interprete fantastica è anche una compositrice ed arrangiatrice di altissimo livello, per cui credo che abbia in questo senso una notevole marcia in più rispetto alla media. Tommaso aveva scritto qualche poesia molto evocativa (il ragazzo tra l’altro è anche scrittore, dovrebbe pubblicare un libro a breve!) ed è riuscito perfettamente ad inserire le parole in italiano ad alcuni brani precedentemente strumentali come ''Carnevale'' e ''Cambi di luce''. Ho pensato subito a Camilla e quando l’ho chiamata per proporle la cosa è stata entusiasta''.
Tommaso: ''Io non conoscevo Camilla, è stata un’idea di Filippo. Mi sono fidato di lui e devo dire che questa scelta è stata la migliore che avessimo potuto fare. Camilla ha un controllo vocale sbalorditivo ed un gusto musicale fuori dal comune, oltre che ad essere una persona squisita. È stato molto divertente lavorare insieme a lei e spero di poter ripetere l’esperienza''.

Una parere sincero: il jazz in Italia gode ancora di buona salute?
Filippo: ''Assolutamente sì. Siamo circondati da talenti straordinari, da artisti con idee innovative e geniali. Purtroppo mancano gli spazi e questi due anni hanno notevolmente affossato una situazione già precedentemente in saturazione, soprattutto per quanto riguarda le agenzie di management e le rassegne. Ormai il musicista deve incarnare almeno quattro figure professionali se vuole essere sicuro di riuscire a presentare dei nuovi progetti in contesti di alto livello. E’ dura, ma personalmente non riuscirei a fare a meno di scrivere, suonare ed esprimermi: non bisogna mollare, mai!''.
Tommaso: ''Premetto una cosa: mi sento di avere ancora tantissima esperienza da fare e quindi quello che dirò è solo un mio punto di vista. Per valutare la salute di qualcosa, sia esso un ambiente o una realtà, occorre prima osservare l’ambiente stesso e farsi qualche domanda: c’è ricambio generazionale? Quali sono i modi per fare carriera e poter sopravvivere in questo ambiente? La musica che facciamo arriva alle persone? E perché non arriva? Troppo spesso noi musicisti diamo la colpa al sistema che è corrotto, al fatto che la cultura non venga valorizzata a sufficienza e tutti i luoghi comuni del caso. Io credo che invece noi musicisti siamo i primi responsabili di un sistema che non gode di buona salute come dovrebbe ed è opportuno farsi qualche esame di coscienza e tornare a suonare con una visione più umana del tutto''.

Che consiglio dareste ad un giovane che voglia approcciarsi al Jazz?
Filippo: ''Sicuramente il primo consiglio è l’ascolto: gli consiglierei di ascoltare i grandi che hanno fatto la storia del jazz come Parker, Miles, Coltrane, Mingus, Peterson, Rollins, Dameron, Coleman ecc. E’ la prima cosa secondo me: ascoltare e capire l’evoluzione di un linguaggio musicale che poi è arrivato fino ai contemporanei Metheny, Pastorius, Holland, Miller, Glasper, Francies, Iyer, Leman, ecc. Altra cosa che consiglierei è di andare ai concerti il più possibile e assolutamente di non limitarsi esclusivamente al jazz''.
Tommaso: ''Cerca ciò che ti piace e ti fa stare bene, qualunque cosa sia. Solo imparando a stare a contatto con i propri desideri è possibile godere di quello che facciamo''.