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27/09/2013   SALUTI DA SATURNO
  'Questo condominio volante che è il 'Dancing Polonia''...

Ho sentito diverse versioni sulla motivazione della scelta del nome “Saluti da Saturno”: qual è la “vera verità”? ''Saluti da Saturno è una definizione che diede Roberto Greggi, uno dei nostri cantanti, della mia (nostra) attitudine a sentirci un po’ distanti dalla realtà quotidiana e sempre più concittadini di quelle realtà oniriche da pellicola cinematografica, le stesse pellicole che fanno parte della mia vita attuale, del mio vissuto, del mio modo di intendere la musica, di questo e degli altri dischi. Perché Saturno? Perché mi piace pensare che Saturno sia posizionato in maniera tale da percepire qualcosa da quella dimensione reale e quotidiana da cui sono un po’ distante''. “Dancing Polonia” è il terzo album di Saluti da Saturno. Quant’è cambiata la proposta dai tempi di “Parlare con Anna”? ''Dancing Polonia vive un cambiamento di rotta rispetto ai dischi precedenti soprattutto per quanto riguarda l’approccio compositivo. I Saluti da Saturno vivono sempre questa dimensione da piccola orchestra componibile, principalmente nei live, ma la stesura dei brani stavolta ha visto il pianoforte come strumento principale a reggere la struttura delle canzoni. Il termine free jazz cantautorale, lo utilizziamo per definire questo approccio, e per dare il giusto merito a tutto quell’insieme di ascolti, percezioni (ricordo che la dedica del disco è a Ornette Coleman e Secondo Casadei) che stanno dietro ''Dancing Polonia''''. Il progetto Saluti da Saturno è stato di volta in volta paragonato agli Eels, a Capossela, ai Baustelle, a Waits ed a Conte: paragoni, questi, che infastidiscono o onorano? ''Non può che farmi piacere quando tutti questi nomi vengono accostati al nostro. Si tratta di artisti di punta della scena italiana ed internazionale. Rimango incuriosito dell’accostamento agli Eels, che tra l’altro apprezzo moltissimo, mi chiedo però simpaticamente se sia un parallelismo musicale o se si possa riferire alla folta barba di Mr.E''. Incuriosisce l’uso di strumentazione a dir poco “alternativa”, dal pianoforte a cristallo alla glassarmonica fino al glorioso sintetizzatore Ondioline: si tratta di una ricerca di originalità o, semplicemente, gli strumenti tradizionali non erano sufficienti? ''Si tratta di una incurabile passione per quei suoni, fantastici, per la mia idea che il tradizionale non debba limitarsi alla “diffusione” dello strumento. Per quanto mi riguarda anche la glassarmonica riesce ad avere un suono tradizionale, nella misura in cui la mia ricerca di quel particolare suono sicuramente deriva da un rimando, da un'eco che già esiste nella mia testa, da qualche percezione derivante dal mio vissuto personale. Ho dedicato gli ultimi anni a fare una vera e propria ricerca di strumenti che son stati “dimenticati”, sto cercando nel limite del possibile di raccoglierli, li ristrutturo e li custodisco nel mio nuovissimo LA.BO.TRON, un laboratorio con sede a Bologna in cui sono presenti tutti i miei Mellotron (e tutti gli altri strumenti che sto ricercando). E’ una passione, o forse anche, per certi versi, una mia sana (?) ossessione''. Il nuovo disco ha appena ricevuto la Targa Mei come miglior disco indipendente romagnolo dell’anno: è più grande la soddisfazione per il premio o la curiosità per la riduttiva definizione “disco romagnolo”? ''Ma scherzi? La definizione “romagnolo” per me, per i Saluti da Saturno, è una cosa fantastica! In quella definizione risiedono tutte le nostre radici, la nostra vita, il nostro intendere la musica. Ricevere premi genera indubbiamente soddisfazione, riceverli nelle tue terre è un po’ la chiusura del cerchio, quel cerchio che inizia e si chiude lì, dove è avvenuta la tua prima formazione di vita, dove torni anche a respirare il suono della tua gente, dei tuoi amici, quel suono familiare che porterai sempre in testa''. Il disco è dedicato a quelli che sono definiti “due grandi maestri del free jazz cantautorale, Secondo Casadei e Ornette Coleman”: fermo restando che è curioso definire Secondo Casadei un “maestro del free jazz”, cos’hanno in comune questi due artisti, e perché sono stati fonte d’ispirazione? ''Come scrivevo prima in merito a questo cosiddetto “cambiamento di rotta”, quando definiamo free jazz cantautorale, definiamo un particolare approccio alla musica. Nella dedica è riportato: “Tanto lontani, ma tanto vicini”. Anche Secondo Casadei ha vissuto sempre la sua musica con un approccio scevro da schemi, la musica come viaggio senza meta su percorsi mentali, tanto vicini anche per questo. Ed entrambi mi piacciono da impazzire''. Il disco si avvale della collaborazione del grande Arto Lindsay, chitarrista, compositore e storico fondatore dei Lounge Lizards: com’è andato l’incontro? ''L’incontro con Arto lo devo (e gli sarò sempre grato) a Massimo Simonini, eccezionale musicista e animatore culturale dell’Angelica Festival. Gli ho chiesto di poterlo incontrare e da allora si è creato un rapporto di amicizia vera e condivisione musicale assurda! Arto Lindsay è un chitarrista pazzesco, ha avuto un modo originalissimo di contribuire al suono di “Un Giorno Nuovo” e “Cloro”, dopo il nostro incontro desidero solo essere insignito del titolo di Arto Lindsay italiano''. Le recensioni sono state più o meno unanimemente positivissime, in alcuni casi addirittura esaltanti, ma le classifiche per ora rimangono lontane: la ragione risiede nel tipo di proposta o c’è qualcosa che non funziona nell’attuale business delle sette note? ''Che non si viva una situazione particolarmente rosea, purtroppo, in Italia, per il sistema musicale, non è una scoperta di questo 2013. Il disco è uscito da poco tempo, siamo felicissimi dell’accoglienza che sta avendo. Dalla nostra inoltre abbiamo una schiera (forse ancora piccolina ma agguerritissima) di condomini di questo condominio volante che è il ''Dancing Polonia'' che speriamo pian piano di ingrandire. Stiamo lavorando in questo senso e le emozioni che ci vengono trasmesse ci fanno ben sperare. Poi di business effettivamente non ci capisco niente, vediamo che ne uscirà fuori''. La “stella di mare” ricorrente nel brano “Le luci della sera” rappresenta un omaggio al grande Lucio Dalla o è casuale? ''Stella di mare è un elogio della semplicità, la condizione di felicità nel non possedere nulla in confronto ad un sentimento unico e totalizzante come l’amore''. (Andrea Rossi)