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14/05/2021   BOWRAIN
  ''I buoni musicisti devono essere per forza dei buoni ascoltatori, non c’è un altro modo...''

Ciao Tine, puoi dirci qualcosa su Bowrain e presentarti ai nostri lettori? ''Se voglio parlare di Bowrain ovviamente devo parlare di me stesso. Ho studiato piano jazz nei Paesi Bassi (a Rotterdam ed Amsterdam) e anche negli Stati Uniti (Philadelphia). Sono stato principalmente un pianista jazz e un compositore finché non ho realizzato che sono interessato anche alla musica elettronica. Nel 2013 vivevo ad Amsterdam e la scena musicale elettronica è piuttosto sviluppata. Più o meno nello stesso periodo ho dato vita all’alias Bowrain e da allora ho prodotto 4 album sotto questo nome (il secondo disco era un remix del primo fatto da diversi artisti, quindi un po’ particolare). Direi che sono soprattutto un pianista e un compositore ma ultimamente sono diventato anche un autore di canzoni. Per l’ultimo mio album “2020 Seconds Alive” ho scritto 2 brani (“Acceptance” e “While We Were Sleeping”) e voglio proseguire in questa direzione. Al momento, sto lavorando sempre più anche sulla mia voce, quindi nel mio prossimo progetto voglio dare più attenzione alla mia vocalità''.

Hai appena fatto uscire “2020 Seconds Alive”, un progetto complesso che comprende un disco, un concerto e un video live. Da dove nasce questa idea ambiziosa? ''Credo che questa ambizione arrivi dal credere che la gente abbia bisogno di connessione, ora più che mai. E’ facile cadere nella trappola dell’individualismo ed è qualcosa verso cui siamo spinti sempre più. Chiaramente il capitalismo non funziona più e quindi io spero che attraverso la grande crisi che questa pandemia ha portato la gente capisca che abbiamo bisogno gli uni degli altri. E’ tempo di essere umili e generosi. Ho vissuto all’estero per 11 anni e nel 2016 sono tornato nella mia città natale, Lubiana. Mi manca l’ambiente multiculturale di città come Rotterdam, Amsterdam, Philadelphia, Berlino, Barcellona… Ma allo stesso tempo amo la Slovenia e il talento che puoi trovare qui. La gente è desiderosa di collaborare. Quando ci siamo esibiti con ''2020 Seconds Alive'' non avrei mai immaginato che il progetto sarebbe stato così ben documentato (CD, video live…). Ma il paradosso del COVID-19 è stato che la gente (me incluso) all’improvviso si è trovata ad avere tanto tempo a disposizione a causa dei vari lockdown. Quindi ci siamo presi del tempo per finire questo progetto come si deve. Ne sono molto orgoglioso e il ricordo di esso rimane nel cd e nel video live che potete trovare online''.

In che cosa possiamo ritrovare l’Africa in questo disco? ''L’album ha un groove africano nelle tracce “Back To (the) Nature” e “Enter the Bow”. La si può trovare anche nel modo in cui il batterista Karlo Petrović suona in quei brani, mi riporta decisamente agli afro beat o qualcosa di simile. Il mantra “We Could Be Free If We Were Able To Live In Harmony” ripetuto in “Enter The Bow” è ancora una volta una chiamata ad essere una comunità, a vivere con la consapevolezza delle altre specie intorno a noi. Il mio senso di comunità è cresciuto molto durante la mia permanenza a Johannesburg quando ho collaborato con il collettivo africano The Brother Moves On nel Dicembre 2019. La gente là sembra avere un legame più forte tra di loro, rispetto a noi Europei. Qui in Europa siamo molto più individualisti, il senso di comunità era decisamente più importante quando io vivevo in Sud Africa''.

Quali sono le tue influenze principali? ''Musicalmente sono stato influenzato da molti grandi musicisti. Ovviamente, sono stato influenzato dai grandi maestri jazz e dalla musica classica del passato. Di solito scelgo un album o un artista che continuo ad ascoltare per un mese o più. Al momento sono fermo su Tony Allen. Ha registrato della musica eccezionale. Ma devo dire anche che sono sempre più influenzato dal silenzio. Credo che non ci sia abbastanza silenzio in questo mondo e la gente dovrebbe imparare a stare in silenzio quando non ha niente da dire. E preciserei che postare sui social media non è silenzio (è decisamente l’opposto!). Ogni giorno vediamo politici e personaggi importanti abusare del loro potere proprio attraverso i social media quando invece sarebbe meglio se stessero in silenzio. Dovremmo davvero imparare ad ascoltarci a vicenda, e i buoni musicisti devono essere per forza dei buoni ascoltatori, non c’è un altro modo''.

Qual è il messaggio principale che volevi comunicare attraverso “2020 Seconds Alive”? ''Come ho detto prima credo che l’idea principale che sta dietro a questo progetto è il concetto di vicinanza tra la gente. E’ qualcosa che accade per esempio durante un concerto, ed è qualcosa che purtroppo abbiamo perso durante questa pandemia ed è importante riprendercela. Ma la cosa interessante è quello che sta dietro al titolo. Il talentuoso compositore e pianista sloveno Drago Ivanuša ha aperto il concerto con la performance solista “10 Minutes Of Happiness”. Si è esibito con la proiezione sopra la sua testa di un video di un orologio analogico che faceva le 19:50. Il mio concerto iniziava esattamente alle 20:00 quando l’orologio si sarebbe fermato. Era un chiaro riferimento all’ossessione di noi uomini nei confronti della felicità e questo mi ha portato a pensare a un conto alla rovescia verso la mera sopravvivenza. Col concerto ''2020 Seconds Alive'' volevo raccontare il potenziale di trasformazione della musica e delle arti in generale, così come anche la relatività del tempo o quello che Siyabonga Mthembu (voce principale dei Brother Moves On) chiamerebbe TIA time, cioè This is Africa time. Quando l’orologio di Ivanuša si ferma, la trasformazione ha inizio''.

Musica Jazz e giovani: qual è l’approccio dei giovani alla tua musica? E’ difficile comunicare con loro e farli avvicinare a questo genere? ''Non mi considero solo un artista jazz poiché il mio lavoro è vario. L’idea di combinare diversi generi è per me cruciale e con ogni mio album provo qualcosa di diverso ("Far Out" era un album molto elettronico, “Distracted” era più cinematografico, “2020 Seconds Alive” è un disco live). Io vedo la musica come un mezzo di comunicazione molto vasto, nel quale non ci dovrebbero essere limiti. Per esempio, Miles Davis era un’icona jazz molto popolare, ma ha aperto a diversi stili musicali che erano attorno a lui e, in questo modo, ha raggiunto un pubblico più ampio. Non fraintendetemi, non mi voglio in nessun modo paragonare a Miles Davis, ma alla fine della fiera, sta tutto nell’essere aperti nei confronti delle idee che ci circondano. Credo che il problema principale della musica jazz al giorno oggi sia che è molto istituzionalizzata e questo può creare una sorta di nicchia di esperti jazz che spesso non apprezzano la musica più popolare o più in voga. Ogni genere musicale comunica un messaggio preciso, quindi perché dovrebbero esserci dei limiti? Le scuole e il sistema educativo hanno messo il jazz sui libri ma il jazz non era questo agli inizi''.

Possiamo dire che “2020 Seconds Alive” sia un progetto live in un particolare periodo storico in cui non ci sono veri live… Che idea hai sul futuro della musica dal vivo? ''E’ indubbiamente così. Sembra che questo album provenga da un altro mondo :) . E’ impossibile predire il futuro come abbiamo imparato da questa pandemia. Un piccolo virus ha colpito il mondo intero e completamente cambiato le nostre vite, chi può dire cosa avverrà dopo. Ma comunque la musica live non morirà mai. Le persone hanno bisogno di concerti nelle loro vite e prima o poi gli eventi torneranno nella nostra quotidianità. Durante i lockdown che abbiamo vissuto, ero così disperato che ho iniziato ad esibirmi in veri e propri concerti solisti trasmessi in streaming dal mio salotto. Ho ricevuto molti riscontri sui miei social media, la gente aveva bisogno di provare le sensazioni che si provano durante un concerto. Diciamoci la verità: il mondo non può esistere senza cultura, così come il mondo non può esistere senza cibo. Al momento la musica è stata digitalizzata e lo streaming ha preso il sopravvento ma questo non può soddisfare completamente né i musicisti né il pubblico. Gli umani sono essere sociali e la musica live ci mette in connessione gli uni con gli altri''.