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20/12/2024
19/11/2020 FIABA
''Con poco si può fare tanto, con tanto si può fare tutto...''
Abbiamo intervistato Bruno Rubino dei FIABA.
Ciao Bruno e benvenuto in Music Map. Considerata la vostra storia nel panorama musicale italiano, una storia importante (superata la soglia dei venticinque anni), “densa”, per dirla con l’antropologo statunitense Geertz, la tentazione di ripercorrerne le principali tappe è forte, ma necessità impone di focalizzarci solo su alcuni aspetti. Auguriamoci quindi di riuscire a stuzzicare la tentazione nel lettore (pardon, nel cybernauta), provando a dare delle chiavi di lettura per orientarsi al meglio, nella complessità della (ehm, dei) FIABA. ''Ciao Mauro, grazie e un saluto da parte dei FIABA a Music Map''.
Premesso che il gioco di ricercare l’etichetta giusta per definire la vostra proposta musicale (Folk? Metal? Prog?... fino alle più fantasiose di “Fairies metal” o “Elfic metal”) è destinato a fallire (quale migliore marcatore identitario?), come collocheresti i FIABA nel panorama musicale italiano o, visto da un’altra angolatura, quali sono (stati) i vostri principali riferimenti artistico-culturali? ''Io direi semplicemente che noi, facendo rock in italiano, siamo un gruppo di “rock italiano”, purtroppo è una dicitura che identifica una precisa tipologia di musica e, indicando un sound diverso dal nostro, sarebbe fuorviante come definizione, allora si potrebbe dire nel nostro caso “rock progressivo” ma anche qui si penserebbe ad un genere musicale più che ad una nuova modalità di approccio alla musica, come invece dovrebbe essere, quindi non siamo “prog” a meno ché non si intenda la progressione come evoluzione della musica stessa. Siamo comunque partiti come influenze dall’heavy metal, che secondo questa mia visione è già di per sé un “rock progressivo”, per approdare ad un nostro sound personale. Forse i FIABA fanno fiaba… Un nuovo genere? Ai posteri l’ardua sentenza, storicamente le nomenclature si danno a posteriori''.
Con il nuovo ''Di gatti, di rane, di folletti e d'altre storie'' targato Lizard Records (a cui va il merito di valorizzare molti talenti sbrigativamente relegati nell’ “underground”, così come, nel vostro caso, regalarci l’atteso ritorno sulla scena discografica di un gruppo-cult dopo otto anni), abbiamo sette album in studio, due EP, un DVD. Ogni disco esprime momenti unici, irripetibili (il primo, ''L’appiccato'', data la sua rarità, è stato una sorta di Sacro Graal per i collezionisti), eppure l’ultimo nato spesso appare il più significativo. Non appena estratto dal lettore ho avuto la netta impressione che il vostro “settimo sigillo” metta a tacere ogni inconcludente visione nostalgica del repertorio fiabesco, imponendosi come un’opera superba, artwork compreso, in grado di esprimere l’eredità di un passato inconfondibile, ma che lascia intravedere interessanti (e forse inediti) scenari. Che ne pensi? ''I primi tre brani del nuovo album : “La gemella tradita”, “Il gatto con gli stivali” e “La rana e lo scorpione” sono gli unici tre di recente composizione, “La brace loro”, “ Dentro il cerchio delle fate” e “Hambarabah Ciicci Cockoo” per esempio sono del 2000 mentre “I passi nel solaio” e “La principessa rana” risalgono al 1998, sino ad arrivare a “Il gatto del campo dei biancospini” composto nel lontano 1991, coevo di brani come “C’è un posto nel bosco” o “Lo spaventapasseri” pubblicati nell’album “XII L’appiccato”. Abbiamo mantenuto gli arrangiamenti originali dell’epoca, sono un fervido sostenitore della sincerità nelle prime stesure. Penso che i brani dei FIABA siano senza tempo e che queste nuove produzioni con budget, senza dubbio più consoni alla nostra proposta, valorizzino le nostre recenti produzioni penalizzate in passato dai mezzi artigianali a nostra disposizione agli inizi. Con poco si può fare tanto, con tanto si può fare tutto''.
Da vecchio progster (in tutti i sensi, passati da tempo gli “anta”😊 e appassionato del sound tastieristico), nonché fan di Rick Wakeman con tutta la sua sterminata discografia (ci torneremo subito dopo) non posso non chiederti se la mancanza di tastiere è il frutto di una precisa scelta di campo (musicale?), il risultato di contingenze o magari di entrambe… ''Precisissima scelta ponderata. Le tastiere sono degli strumenti straordinari con un’infinita gamma policroma di soluzioni ma, facendoti un esempio, per evocare il suono di un gruppo di musicisti girovaghi scesi da un carrozzone sono magari più funzionali una bombarda, un tamburello e un violino che tutto l’ensemble della London Symphony Orchestra. Per i FIABA si è pensato alla classica formazione Heavy Metal a due chitarre ricercando una sorta di purismo musicale minimalista, un po’ come potrebbe essere in campo jazz un quartetto batteria, pianoforte, contrabbasso e voce. Il “gioco” era inizialmente: evocazione di un medioevo immaginario con strumenti inimmaginabili nel medioevo. Da musicista sai che non è facile buttare giù una discografia con quattro suoni, solo una certa “sincerità narrativa” può aiutarti''.
Puoi dirci come è nata la collaborazione con il citato Mago Merlino delle tastiere, uno dei più grandi miti rock che con l’altro gigante dei tasti d’avorio Keith Emerson ha fatto sognare (e pure dividere in fazioni: l’universalismo non è affatto congeniale alla biologia di Homo Sapiens 😊) la mia generazione? Ma soprattutto, è alle viste una futura (auspicata) collaborazione? ''Semplicemente, il mio amico e collaboratore Pierluigi Cavarra ed io, abbiamo pensato che sarebbe stato bello avere Wakeman in uno dei brani del disco che stavo scrivendo per il soprano Valentina Blanca, così lo abbiamo invitato, ho composto quindi per piano e voce dando ovviamente il dovuto spazio d’arrangiamento affinché il tocco magico di Rick facesse decollare il pezzo con il suo inconfondibile stile ed è nato quindi “La bambola di pezza”, realizzato con relativo video clip, presto lui si è entusiasmato per il progetto rimanendone totalmente coinvolto tanto che alla fine ha suonato su tutto il disco. Ironia della sorte, ma non mi stupisco più di nulla, in Italia nessuno sembrava interessato a pubblicare un album (in italiano) con Wakeman e la Blanca, ad ogni modo “La bambola di pezza” per noi non poteva rimanere in un cassetto e abbiamo deciso di condividere gratuitamente questa esperienza con tutti mettendo il clip in rete. La collaborazione adesso è ripresa e, tempi e contingenze permettendo, un doppio live video di Wakeman/Blanca sarà pubblicato in Inghilterra con delle tracce audio contenenti i primi quattro brani inediti del progetto Wakeman /Blanca/Rubino''.
Sono convinto che il salto di qualità che rende una band originale, unica (un traguardo ambito da molti quanto appannaggio di pochi) avviene quando riesce a creare un mondo e trascinarvi l’ascoltatore liberando la sua immaginazione, evocando storie, simboli. Mi pare proprio questo uno dei vostri punti di forza, l’esatto opposto della attuale società di (iper)connessi e isolati (per dirla con l’omonimo libro di Spitzer, Corbaccio, 2018) dominata da un linguaggio asfittico che comprime in una stretta mortale la nobile lingua italiana e la ricchezza dei suoi dialetti, depauperandone il potenziale simbolico (e, aggiungo, il funzionamento della memoria di lavoro affidata ormai alla techne). Come se non bastasse, ad accelerare la progressiva “cyborghizzazione” abbiamo le restrizioni imposte dal coronavirus, con la conseguente celebrazione mediatica della vita digitale (Vittorino Andreoli docet, 2007): un’autentica pacchia per gli adepti del transumanesimo. Come vi ponete, (anche) con la vostra musica, di fronte a questi scenari? ''Leggevo in questi giorni de “La finestra di Overton” (tecniche di accettazione pubblica graduale dell’inaccettabile), noto le strategie e l’applicazione della P.N.L. da parte dei media mainstream e vado a constatare giornalmente con rammarico la contemporanea attuazione del principio della rana bollita di Noam Chomsky (su “La rana bollita” naturalmente farò una canzone). Detto questo la realtà è solo la percezione condivisa di ciò che ci circonda, la verità è un’altra cosa, la fiaba ha a che fare con gli archetipi, Jung docet per dirla alla Fusaro :-), quindi ci allontana dalla realtà e ci avvicina senza dubbio ad una delle verità possibili, il compito di qualsiasi artista è quello di tenere la rotta col timone ben saldo, verso quale isola lo puoi ben immaginare''.
Nell’attesa e nell’augurio di rivedervi quanto prima sul palco (prima o poi finirà questo incubo virale!) a re-incantare un immaginario soffocato dall’information overflow, godiamoci ''Di gatti, di rane, di folletti e d'altre storie''. Ed ora, la parola al giullare cantore per rivolgersi ai cybernauti di Music Map… ''Ciao a tutti voi cybernauti di Music Map! Un saluto da parte di Giuseppe Brancato, continueremo sempre a farvi sognare! Buona navigazione alla scoperta del magico mondo dei FIABA!
Ciao Mauro, grazie mille per lo spazio che hai voluto regalarci.
Bruno''.
Grazie ancora Bruno e a risentirci quanto prima… fuori al tunnel. (MauroProg)