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08/10/2020   NOVA SUI PRATI NOTTURNI
  Filippo Bordignon, giornalista freelance, intervista Massimo Fontana della band

I generi che vi influenzano vi limitano? ''Purtroppo no''.

Questo “Nova sui Prati Notturni” è un ultimo passo o è il vostro nuovo passo in attesa del prossimo? ''Ha le sembianze dell’ultimo, ma non è cosa che decidi a tavolino. La fine, quando arriva, più che deciderla s’impone, ne prendi atto''.

Artisticamente parlando, i Nova sono il frutto di un gruppo o di una leadership in cui ognuno può dire la propria? ''Quindici anni fa ero un leader. Poi col passar degli anni siamo diventati un collettivo, un po’ alla volta''.

Cosa c’è d’italiano in voi, oltre alla lingua? ''La forma canzone. C’è un cantautorato che perde le proprie sembianze sino a dissolversi in un brano ambient o post, ma poi riprende forma, non se ne va. In quest’oscillazione, peraltro, c’è tutta la nostra musica''.

Vi dovessero riassumere in un (vostro) brano? ''Code (codice), dall’album Frank. Credo sia una sintesi inaudita tra post-rock, dark, cantautorato''.

Le nuove generazioni possono capirvi? ''Non mi pare''.

C’è nostalgia nella vostra musica? ''No''.

Una frase altrui che vi riassume efficacemente? ''Il rock’n’roll non è musica per giovani. Thurston Moore''.

Come artista, cosa ti spaventa? ''Niente. È la vita ordinaria che può spaventare''.