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08/01/2008   MARCO CONIDI
  'Sono semplicemente un fotografo di canzoni...'

In occasione dell’uscita del nuovo disco “Miracoli Non Se Ne Fanno”, abbiamo fatto quattro chiacchiere con il cantautore romano Marco Conidi. Un artista cult, sempre in bilico tra il grande pubblico e quello di nicchia, lunghe pause alternate a importanti ritorni e un disco che esce nell’ultimo scorcio del 2007 regalando dieci momenti di ottimo rock d’autore. Come mai la scelta di un singolo come “Ti Do Di Me”? L’album, al contrario, si rivela molto rock... "Le mie radici rock sono ben piantate da quando faccio dischi e quindi non avevo paura di contaminarmi con altri suoni… questa canzone ha un fascino particolare perché ha un testo struggente e tristissimo ma su una base molto elegante e allegra. È una piccola fotografia di come mi piace fare le canzoni, piccoli momenti in cui la tristezza e la gioia, la voglia di riscatto, si incontrano. E poi ha questa bellissima caratteristica di essere quasi un film dove gli attori sono interscambiabili: ognuno può dire di essere stato da entrambe le parti della storia raccontata". Il prossimo singolo? "Guarda, 'Miracoli Non Se Ne Fanno' è uno dei papabili anche se personalmente non sono mai stato un grande intenditore di singoli. Credo che i singoli abbiano sempre un contesto nel paese in cui si trovano. Per mio gusto magari avrei scelto una canzone come 'Camminando A Stelle Spente', ma mi sa che nessuna radio italiana avrebbe trasmesso un pezzo dove la batteria entra dopo un minuto e mezzo! A volte sono anche un po’ polemico con i media del momento perché non so come si sarebbero comportati se i più grossi gruppi di un tempo fossero ipoteticamente usciti con un nuovo pezzo che non rispettava i cosiddetti canoni radiofonici. Si parla di “pezzo estivo”, “radiofonico”, “televisivo”… io in realtà conosco solo le canzoni belle e quelle brutte". Otto dischi, diecimila iscritti al fan club: sei un piccolo grande artista? "Innanzitutto la parola “artista” è un termine che io uso raramente perché ho una concezione talmente alta dell’arte che mi piace pensare di essere semplicemente un fotografo di canzoni. Il linguaggio che uso è molto “filmico”. Sono un amante del cinema e tendo a scrivere per immagini. Quanto alla storia della nicchia, mi piace pensare che sia piuttosto grande. Ho avuto un blocco di cinque anni per scelte contrattuali infelici ma è il mio percorso. H avuto grosse pause e poi sono ripartito. E la gente era sempre lì fuori ad aspettarmi. Per una persona che si mette in gioco c’è sempre qualcosa che si perde e qualcosa che si guadagna: oggi molti dischi li registrerei in modo totalmente diverso, ma sicuramente guardo con tenerezza a queste cose perché sono una parte di come ero. Ho solo una grande fortuna, quella di aver scritto canzoni che hanno fatto affezionare tante persone, creando questo piccolo culto nonostante grossi periodi di mia assenza dalle scene". Il tuo umore sulle canzoni? "Varia con le giornate. Sicuramente c’è 'Camminando A Stelle Spente' perché stranamente mi ricorda momenti di grande e viscerale abbandono. Mi sembra di averle catturate nell’aria e questa idea mi piace. Ricorda i vecchi brani di Tom Waits, i suoni dei Beatles. Io sono sempre stato una fan della canzone e non dell’artista “a prescindere”: amori viscerali per artisti presi in toto ne ho avuti pochi, e i Beatles sono tra questi". Perché la scelta di un titolo come “Miracoli Non Se Ne Fanno”? Presa di coscienza sarcastica o atto di estrema umiltà? "Beh, devo ammettere che hai colto i due aspetti che volevo si cogliessero senza sbilanciarmi troppo in nessuno dei casi. Già nel momento in cui dici quella frase stai ammettendo che in un modo o nell’altro ai miracoli ci credi. E questo è importante. È un atto d’umiltà ma anche un consiglio. Questi sono tempi immobili, la gente pensa che tocchi a qualcun altro attivarsi per qualcosa e prendersene cura. Tempi in cui la gente si crogiola nel sentirsi in uno stato di impotenza, ad aspettare che qualcosa arrivi dal cielo. Ci hanno fatto credere che siamo spettatori impotenti, il nostro protagonismo in questo paese arriva solo quando dobbiamo pagare un conto per un deficit insostenibile. Poi cadiamo in un oblio di remissione del pensiero e della volontà. È quindi una piccola esortazione, quando la vita ti chiama o ti alzi dalla panchina e vai o ti giri dall’altra parte". 'Mai Soli Mai' è una canzone scritta di recente per gli anziani. Hai un bel rapporto con la solidarietà? "Guarda, io mi sento talmente un privilegiato che quando qualcuno mi chiede di fare qualcosa per altri che sono in una situazione di disagio o difficoltà, non posso fare altro che correre. Quando sto spezzato in due nell’anima non è che penso alla crisi mondiale, però quando qualcuno pensa che io possa essere utile anche per portare un po’ di gioia alla gente, è questo che mi fa davvero felice. In questo caso non c’è classifica che tenga". Il tour? "Lo faremo a febbraio, ne stiamo discutendo proprio in questo periodo. Il mio proposito è riproporre il disco così com’è stato registrato ma è un’idea molto ambiziosa. E per questo che ci siamo presi del tempo. Non credo sia facile fare un tour con 15 elementi sul palco, quindi stiamo trovando una sintesi tra la nostra attitudine vintage e l’aiuto che ci possono dare le tecnologie: ci sono sempre dei vincoli di tempo e spazio. Per quanto mi riguarda ora faremo un po’ di promozione e poi cominceremo a pensare al tour vero e proprio". (Stefano De Stefano)