Sono presenti 1349 interviste.

20/12/2024
CARLO AUDINO
''Tutta la musica è importante, bisogna imparare a gustarne tutti i generi e le varie diversità...''

20/12/2024
GRETA CASERTA
''Le radici raccontano una parte importante di noi, della nostra storia...''

tutte le interviste


interviste

04/10/2019   SEBASTIAN STRAW
  ''Quello che ho sempre disprezzato, il mio passato, è diventato il mio punto di forza...''

Il 4 ottobre 2019 è il giorno di “Welcome Yesterday”, il nuovo album di Sebastian Straw prodotto dalla Seahorse Recordings di Paolo Messere e distribuito da Audioglobe. “Welcome Yesterday” è un album composto da 11 tracce ricche di tocchi armonici, amalgamate in un perfetto mix di chitarre elettriche distorte e chitarre acustiche, con pianoforti e tastiere. Il sound di Sebastian Straw è fortemente improntato alla musica anglosassone targata Noel Gallagher, Richard Ashcroft, Damon Albarn e Gaz Coombes, leaders indiscussi di ciò che furono gli Oasis, i Verve, i Blur ed i Supergrass. La sua musica è allo stesso tempo dolce e rabbiosa, lasciando tuttavia spazio a momenti più intimi e riflessivi. Ne è esempio la voce, raramente cristallina, che si alterna tra malinconia e scariche di pura energia. L’album è stato anticipato dai videoclip dei due singoli “Happy People Shine” e “My Friend”. Noi di Music Map lo abbiamo raggiunto per toglierci qualche curiosità.

Ciao Sebastian e benvenuto su Music Map. Tu fai parte della generazione cresciuta a cavallo tra gli anni ’80/’90 e questo è chiaramente percepibile nel tuo album che, pur traendo ispirazione dai classici del brit pop, riesce comunque a trovare un’espressività melodica personale, anche attraverso una vocalità che ben si addice al tipo di progetto. Era questo il risultato che volevi ottenere? Conservare le caratteristiche di un certo filone musicale pur manifestando la tua identità e raccontando le tue storie? ''E’ assolutamente corretto. Tuttavia non mi sono imposto un risultato da raggiungere in partenza, ho tirato dritto per la mia strada ed il risultato ottenuto è quello che avete perfettamente descritto. Inoltre, anche gli arrangiamenti e tutto ciò che compone i singoli brani sono il frutto di ciò che ho ed avevo dentro, il tutto scritto ed inciso di getto senza troppi calcoli. Poi sono cresciuto, per così dire, a pane e brit, quindi il risultato non poteva essere differente. La mia identità ed il mio vissuto emergono fortemente, nelle musiche ed ovviamente nei testi; chi mi conosce ed ha avuto modo di ascoltare il disco ha affermato che mi rispecchia più di una fotografia''.

''Welcome Yesterday'' è un disco che parla di rinascita, sia musicale che personale. Dare il “benvenuto al giorno passato” sembra una sorta di accettazione delle tue esperienze negative ma anche un modo per esorcizzare il futuro. E’ così? ''Sì. Quello che ho sempre disprezzato, il mio passato, ad un certo punto è diventato il mio punto di forza ed ho cominciato a ringraziarlo: come dire “benvenuto mio passato, grazie per dove mi hai portato”, ed è grazie al mio passato se oggi sono arrivato fin qui. Credo che il mio punto di forza sia stato canalizzare la rabbia e le delusioni trasformandole in musica. E’ anche questo il messaggio fondamentale di “Welcome yesterday”: non mollare mai, anche quando tutto sembra venir giù, perché ce la puoi fare. Per quanto riguarda il futuro, che dire... credo che dovrà essere il futuro stesso ad esorcizzare me''.

Ascoltandoti sembra effettivamente di fare un tuffo in un passato non troppo remoto, e ciò a molti farà senz’altro piacere. Questo anche grazie ad un mastering probabilmente orientato all’ottenimento di un certo tipo di suono. Possiamo dire che il connubio tra artista e produttore abbia portato al risultato sperato? ''Si, la scelta del produttore ha avuto un ruolo chiave. Oltre alla stima personale che deve necessariamente esserci, il produttore deve anche essere in grado di leggere quello che tu ancora non riesci a vedere e deve immaginare dove vuoi arrivare e dove puoi arrivare, necessariamente. Paolo Messere, con me, ci è riuscito in pieno, e credo che la nostra sarà una collaborazione duratura''.

La tua avventura musicale ha avuto inizio durante gli anni del liceo come front-man di una band. Anni dopo, cosa ti ha spinto ad intraprendere un percorso da solista? ''La mia anarchia musicale, i miei orari folli, l'essere polistrumentista, il senso di libertà''.

Eri un adolescente che sognava di vivere a Dublino e sappiamo che alla fine ci sei andato davvero. Le esperienze di vita all’estero hanno influito sulla tua espressività musicale? ''La mia identità musicale viene da dentro ma vivere in certi posti è stato determinante. La mia musica tuttavia è una cosa più intima. Le mie esperienze estere sono come i quadri e le foto in uno studio di registrazione: li osservi in continuazione e ti riportano lontano, ti tornano in mente i posti, gli odori, gli occhi della gente, i sorrisi incontrati, ma stai suonando tu, stai cantando tu, stai creando tu, e tutte queste cose non possono non far parte della tua musica, ma ne sono il giusto contorno''.

Dal momento che la band in cui militavi era quella dei “Supernova”, qualcosa ci dice che potremmo azzardare quale sia per te un “disco di riferimento”. Tuttavia te lo chiediamo ugualmente: qual è il disco che più ha stravolto l’immaginario musicale di Sebastian Straw? ''Uno sarebbe riduttivo, ce ne sono almeno un centinaio ma almeno tre lasciatemeli citare: “(What's the story) Morning glory?” degli Oasis, “Urban Hymns” dei Verve e “Noel Gallagher's High Flying Birds” di Noel Gallagher''.

Che tipo di persona è Sebastian Straw, nella vita e sul palco? Sogni di esibirti in grandi contesti o preferisci un rapporto vis a vis con chi ti ascolta? ''Sono abbastanza solitario, tranquillo. Sono purtroppo un perfezionista e per questo do e pretendo sempre il massimo. Non mi piacciono gli eccessi, non piace l'esibizionismo eccessivo ma neanche la forzata modestia a tutti i costi. Il tutto vale sia nella vita che sul palco con la differenza che, se non avverto un buon feeling con il pubblico, sul palco mi innervosisco e mi scurisco in volto, e mi dicono che si vede. Diciamo che mi piacciono i grandi contesti ma non i contesti immensi. Potendo scegliere, preferirei fare dieci concerti in auditorium piuttosto che tre concerti negli stadi. Il vis a vis rimane comunque fondamentale, se siamo portatori di un messaggio, lo stesso può e deve anche essere scambiato di persona''.

Proseguirai la tua attività da solista oppure hai in mente delle collaborazioni per i tuoi prossimi lavori? ''Solista. Sono e sarò comunque sempre aperto a collaborazioni artistiche. E sono già alla metà del secondo album''.

E’ già stato organizzato un tour di presentazione per il tuo album? Ci saranno delle esibizioni imminenti? ''Il “Welcome yesterday tour” è ancora in fase di definizione, mancano alcuni dettagli e sarà annunciato definitivamente da qui a breve; tuttavia, sicuramente, inizierà dalla mia città natale, Latina, il 29 novembre''.