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11/06/2019   MY ESCORT
  ''La malinconia non è una brutta cosa, basta sapere come raccontarla...''

Due parole sul nuovo progetto. ''“L’amore non esiste” è il tipico lavoro a-la My Escort: presenta delle sonorità che si discostano dai lavori precedenti, parte da un’idea ambiziosissima per poi essere ridimensionato, di riffa o di raffa finisce col parlare d’amore oltre che della corrispondente e stretta correlazione col tempo che scorre. Ci sono tre canzoni, tre cartoline che, facendo un po’ il verso a Dickens, arrivano dal passato, dal presente e dal futuro per trasmettere immagini dell’amore da prospettive oblique, in ordine di apparizione: l’amarezza per non riuscire a fare la scelta giusta nel momento giusto in ''Cosmopolitan'', il sarcasmo per come le cose si stanno muovendo ne ''L’amore non esiste'', la malattia insita nella consapevolezza che nonostante tutto siamo pronti a farci del male, per quella che alla fine si rivela soltanto una micidiale ossessione, in ''Solo tu''. A livello sonico il lavoro si discosta da quanto fatto sin’ora. ''Cosmopolitan'' introduce per la prima volta certi elementi di retrowave che recentemente sono il focus dei nostri ascolti, e che stanno contaminando sia la nuova produzione sia arrivando a ri-arrangiare quella passata col risultato di rendere i live più omogenei (oltre che per noi più stimolanti). ''L’amore non esiste'' e ''Solo tu'' tradiscono invece delle inflessioni rock che, per una cosa o l’altra, non abbiamo mai espresso in modo palese ma che di tanto in tanto fanno capolino, come a dire che “non è tutto pop quello che luccica” in casa My Escort. A tal proposito la difficoltà che la gente incontra spesso nel cercare di etichettarci trova uno dei motivi nel fatto che basiamo la nostra cifra stilistica prima sui contenuti e poi sull’estetica, che viene puntualmente piegata al contesto. L’idea alla base del progetto era la sceneggiatura di un corto cinematografico e relativa colonna sonora a cui ho lavorato a fine 2017, interconnesso con delle tematiche psicologiche profonde e che sento vicine. Per questioni economiche non siamo riusciti a tradurlo in realtà decidendo comunque di pubblicarne gli scampoli''.

Qual è la mission dei My Escort? ''Ho suonato in numerose realtà, scrivendo o arrangiando molte canzoni, ma i My Escort sono certamente qualcosa di completamente differente da ciò che li ha preceduti. Mi sono accorto, man mano che la band si consolida, che quello che stiamo creando assomiglia più a una mera narrazione che a un’antologia di canzoni databili semplicemente per periodo storico o stato d’animo. E’ come se stessimo creando pian piano un piccolo universo, con le sue leggi interne, i suoi personaggi, la sua estetica. Avviene tutto in modo naturale ma al contempo ciò stabilisce un modus operandi che gli conferisce una coerenza e una direzione sempre più riconoscibile. La mission dei My Escort è quindi quella di raccontare la propria storia, il proprio universo, è quello di parlare di sentimenti nel modo più onesto e vero possibile, e il prodotto di questa consapevolezza si traduce nella responsabilità che ci investe tutte le volte che scegliamo di scrivere una nuova canzone. Questo, se da un lato rappresenta chiaramente un compito complesso e attento, dall’altro ci dà la forza sufficiente per portarlo avanti, frutto anche della soddisfazione che deriva dai commenti di chi ci avvicina alla fine di un concerto, di chi decide di scrivere un buon articolo su di noi, di chi lascia un post positivo su un social o che si rende conto che dietro a ogni nostro brano c’è molto più di un banale esercizio di stile. Se Walt Disney aveva come scopo quello di rendere la gente felice, sento di poter tranquillamente affermare che anche la malinconia non è una brutta cosa, basta sapere come raccontarla''.

Qual è la dimensione preferita dai My Escort? Live o studio? ''Sono entrambe dimensioni funzionali e necessarie per dipanare il bandolo della matassa. Lo studio di registrazione è sicuramente un passaggio obbligato sul piano estetico per poter risultare intelligibili al pubblico. L’orecchio medio è puntualmente sintonizzato sulla contemporaneità, e per poter comunicare un messaggio è giusto farlo tenendo in considerazione il proprio pubblico. Lo studio permette di confrontarsi con un produttore artistico e con la tecnologia sufficiente a mediare quel messaggio. E’ anche il luogo dei punti fissi, dove si immortala una canzone e dove a mio avviso non ci si dovrebbe permettere la leggerezza e l’impulsività di una chiacchierata tra amici. Le opinioni e le idee cambiano col tempo, le canzoni registrate restano e perciò trovo essenziale compiere il passo dello studio al meglio delle proprie possibilità, per non incorrere in impietosi giudizi futuri, quelli che noi stessi saremo in grado di dare a distanza di qualche anno (se non di qualche mese). Lo studio traccia delle linee, le più marcate durante il corso della vita della band. Amo lo studio, è un luogo intimo, dove posso esprimermi senza condizionamenti, senza pressioni: è la porta più romantica che conosco per fondere l’idea di eternità con quella di personalità. Il live è invece il momento più divertente ed emotivamente provante della mia vita di musicista, dove si mescolano le pressioni generate dalle aspettative mie e della gente con la chiara e lucida cognizione del vivere un momento unico e irripetibile, prezioso, che non tornerà più. Questo è ancor più vero quando il soggetto è una piccola band di culto, senza tour infiniti di fronte e con pause di una o due settimane tra un concerto e l’altro. Non è più semplicemente una questione di “interpretazione” di una canzone. Nel nostro caso cambiano le scalette, certi brani smettono per sempre di essere suonati, certe canzoni che suoniamo live non verranno mai pubblicate e quello è l’unico momento per poterle ascoltare, così come amiamo suonare brani con arrangiamenti completamente stravolti rispetto agli “originali” pubblicati su supporto fisico o digitale, senza contare lo spazio che dedichiamo alle cover. Si sente dire spesso che ogni live è diverso. Mai come chi ci segue sa quanto sia vera questa affermazione''.

Qual è lo stato di salute della musica nel 2019? Cosa vi stimola e cosa vi deprime? ''Da quello che ascolto tutti i giorni, la musica se la sta passando bene. Continuo a scoprire nuovi artisti e nulla come i servizi di streaming a-la Spotify mi hanno mai dato tanto in passato. Poter accedere dovunque mi trovi a qualsiasi brano mi venga in mente o farmi consigliare brani e artisti sconosciuti in linea coi miei gusti o il mood del momento è meglio di qualsiasi integratore multivitaminico per il mio cervello e il mio cuore. Ciò che di rimando mi rattrista è osservare il dinosauro chiamato radio (almeno quello italiano) che da un lato non riesce a rinnovarsi, e dall’altro è nei casi migliori completamente avviluppato dal clientelismo, una tendenza mafiosa che quantomeno qui da noi ammorba ormai qualsiasi settore. Oggi la radio rappresenta in maniera lucida l’effetto che gli interessi economici hanno sul contenuto. Nello specifico, il mio dispiacere non è indirizzato ai grandi network, che di fatto agiscono solo se in ballo ci sono edizioni o lauti introiti, luoghi in cui la musica è già completamente scomparsa, e dove l’unico modo per sopravvivere è affidarsi al VIP del momento prestato ai microfoni nel tentativo di accaparrarsi le simpatie del pubblico di turno, raccontando un sacco di fregnacce, pubblico che in genere si sintonizza unicamente nelle tratte stradali, o si trova forzato a un fastidioso ascolto passivo in situazioni pubbliche come spiagge, locali o supermercati. In quei casi, auguro ovviamente e sentitamente il collasso del sistema. Sono più che altro amareggiato per chi nella radio crede ma che, in un momento di totale saturazione/disinteresse nella proposta, oltre a non comprendere appieno la legge della domanda e dell’offerta, non riesce a rinnovarsi, affidandosi sovente a delle scalette simili in tutto e per tutto a quelle dei grandi networks senza poter però contare sul blasone dietro al microfono. Avrei in tal senso delle idee “salva-radio”, e sto tentando in questo periodo di parlarne con qualcuno, ma per ora, quando il nome è un personaggione, la questione scivola via senza suscitare interesse perché l’idea non risulta da lui autografata, quando invece la radio è piccola non si trova il coraggio o la forza necessaria per rischiare di introdurre qualcosa che non sia già stato ampiamente studiato e bollato come “investimento certo”, fossilizzata com’è dalla paura di chiudere i battenti e senza poter contare su un budget decente che permetta un’azione al di là delle minime manovre di sussistenza''.

Che programmi avete per il breve/medio termine? ''Preso atto che la dimensione che più ci caratterizza è quella dello storytelling e dell’espansione di un nostro personale universo narrativo, nel brevissimo periodo c’è in cantiere la pubblicazione a settembre 2019 del terzo “episodio” di “L’amore non esiste”. Il brano s’intitola “Solo tu”, e legandoci anche al ciclo delle stagioni, un po’ per chiudere il cerchio e un po’ alla stregua di una strenna natalizia, pubblicheremo poi a dicembre (e per ora sempre in digitale) anche la relativa versione acustica, che rappresenta la genesi tanto del brano quanto la scintilla dell’intero progetto, pensata ed eseguita nel 2017 in una prolifica sessione di 3 giorni al Dischi Soviet Studio di Matteo Marenduzzo, in un momento peraltro di forte transizione all’interno dell’organico della band. Sta poi prendendo forma l’idea di un concept che tocca in modo profondo la nostra sensibilità, in modo particolare quella mia e di Luca, i due vecchietti della band, ma per ora preferisco non svelarne i contenuti. Abbiamo appena iniziato a scrivere qualcosa a tal proposito, e contestualmente è arrivata la voglia di investire energie in un nuovo 4° elemento all’interno del gruppo, staremo a vedere che succederà dato che proprio in questi giorni stiamo incontrando i primi candidati. Nel frattempo, come già ho avuto modo di sottolineare, abbiamo registrato del materiale, non solo legato alle sessioni della Dischi Soviet Studio ma anche a un altro studio dove, oltre a rimestare in chiave acustica un paio di brani di ''Canzoni in Ritardo'', il nostro primo album, abbiamo registrato pure una cover molto intensa di Mina e una della Caselli; perciò, anche se ci vorrà del tempo prima di metterci a produrre qualcosa di totalmente nuovo, potremo nel frattempo contare su diversa roba per contrastare nel 2020 il famigerato silenzio mediatico! Per tutta una serie di considerazioni, stiamo inoltre valutando l’ipotesi di pubblicare le sessioni con gli inediti suddetti unicamente in vinile. Per concludere, anche il comparto idee e progetti nel cassetto non scherza, ma in quel caso preferiamo sempre tacere ed evitare di incappare in millanterie fino a quando non potremo snocciolare date senza timori di smentita''.