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26/10/2018   FRANCO VIETTI
  ''E’ la vita che ti porta a prendere alcune direzioni, senza un disegno già scritto...''

Quando e in che occasione ha sentito che il suo ruolo nella musica era quello di scrivere musica e testi solamente da autore? ''Non è un ruolo che ti dai da solo. Né te lo puoi dire. Arriva e basta. Io ho sempre suonato, in molti gruppi e, sin dai tempi universitari bolognesi, ho avuto la possibilità di collaborare con grandi artisti e di suonare molto sia in Italia che all’estero. Poi, dopo molto tempo che coltivi una passione che è “incomprimibile”, provi anche a fare altro. Io non faccio più live e da qualche tempo scrivo canzoni. Vi è anche da dire che occorre sempre avere la consapevolezza dei propri mezzi e che ad ognuno tocca fare il proprio mestiere. Io non potrei mai cantare un pezzo, essenzialmente per due motivi: non sono capace a cantare e non mi piace il mio timbro vocale. Scrivere canzoni, però, è molto appagante, specie se pensi di essere riuscito a fare ciò che volevi. Poi, il fatto che ciò che fai piaccia anche agli altri è tutto un altro film… che bisogna avere il coraggio di vedere e di scoprire''.

Che valore crede possa avere un autore di canzoni in un periodo storico come questo in Italia, dove la musica non ha “più testo?” ''La musica di oggi non è peggio di quella di ieri. I paragoni non tengono se non sono contestualizzati. Ascolto in questi tempi delle cose molto belle così come delle cose che non mi piacciono. Ma questo è normale ed è sempre successo. La grande differenza tra un “ieri” e un “oggi” è che la musica si adegua ai tempi in cui è fatta. Oggi, prevale l’immediatezza, l’effimero, il “non ricordo”, e tutto viene triturato in pochi secondi per essere sostituito da qualcos’altro. Nessuno ha più la pazienza, l’abitudine e il tempo di ascoltare un pezzo di quattro minuti e pensare alle parole di ciò che ascolta''.

Si dice che l’autore di canzoni sia un “Eterno secondo”, un cantautore e scrittore professionista ne ha anche intitolato un libro per questo essere “non primo” ma “secondo dopo il primo”, in riferimento ad autori che scrivono per artisti numero uno. Cose ne pensa del fatto che spesso molti rimangono sconosciuti, o nell’ombra per tutta la loro carriera? ''Forse è vero ma questo non è un problema, almeno io penso non lo sia. La musica non è una gara tra chi è il primo e chi il secondo, o il terzo. La sfida, se così vogliamo dire, è prima di tutto con sé stessi. Ognuno ha il suo ruolo e ogni ruolo è rispettato. In un gruppo, ad esempio, è il front man che batte il tempo, anche come immagine. Ma ciò non vuol dire che gli altri non abbiano pari dignità nel concorrere al risultato finale. Una volta, alla fine di un concerto, un grandissimo cantautore italiano, mi disse “ora vado a casa”. Eravamo in uno stadio e avevamo appena finito di suonare. Io gli dissi “ma non stai qui a goderti tutto questo?”. “Per carità” rispose. Morale: se uno è soddisfatto non ha bisogno a tutti i costi del consenso esplicito. Gli autori di grandi interpreti sono spesso sconosciuti, ma la soddisfazione personale è quella che ricercano per prima''.

Autori si nasce, cioè è un ruolo voluto in cui ci si sente realizzati? ''Sul fatto che autori si nasca ho qualche dubbio. E’ la vita che ti porta a prendere alcune direzioni, senza che necessariamente debba esserci un disegno già scritto da qualche parte. Penso sia naturale che la maturità musicale possa portarti a fare alcune cose che non hai mai fatto, ad esempio scrivere canzoni. A me scrivere piace molto e, come spesso dico, in quei tre o quattro minuti, devi essere “vero” per forza, anche se racconti cose che solo immagini e mai accadute e che gli altri interpreteranno in altro modo, spesso diverso dal tuo''.

Come è arrivato alla scelta di Simone Nadalin come interprete di “La baia degli angeli”? ''Come detto, io non sono un cantante ma scrivo solo canzoni. La consapevolezza dei propri limiti non deve mai abbandonarti. Cercavo qualcuno che potesse dare voce alle canzoni. Per “La baia degli angeli” ho chiesto a Simone Nadalin, un amico di vecchia data, di dare voce al pezzo. Simone ha una lunga esperienza in diversi gruppi indipendenti ed è anche un grande front man. E’ riuscito a dare una bella profondità al brano e sono contento che abbia accettato''.

Il brano è uscito con la produzione di un grande della musica, il Maestro Guido Guglielminetti, e non è poco… In che occasione ha potuto relazionarsi a lui e presentargli la sua composizione? ''Conosco Guido da molti anni e l’ho sempre stimato; è un grande musicista ed ha fatto una carriera eccezionale. Qualche tempo fa ci siamo sentiti e gli ho mandato alcune canzoni da ascoltare. Gli sono piaciute. E’ un grande onore lavorare con lui. Io, musicalmente parlando non sono nessuno, e lui invece ha un approccio molto rassicurante con me. Poi, se una cosa non gli piace, devi intuirlo tu prima che te lo dica lui. Ma vi assicuro, si intuisce''.

Cosa ha voluto esprimere in “La baia degli angeli”? ''E’ molto complicato. La baia degli angeli è un luogo che esiste veramente e si trova sulla costa del Sud della Francia. Mi sono liberamente ispirato alla storia di Saint-Exupéry, l’autore de ''Il Piccolo Principe''. Mi sono immaginato cosa pensasse, cosa volesse dire e, soprattutto, a chi, questo grande scrittore sorvolando la Baia degli Angeli con il suo aereo. Io mi sono immaginato un racconto di un padre ad una figlia e il testo è venuto fuori “di botto”, così come la musica. E’ l’espressione di un grande affetto, delle proprie debolezze e del desiderio di una maggiore vicinanza. E’ autobiografico e qui mi fermo''.

E’ ritornato a scrivere musica dopo diversi anni. Quanti brani ha nel cassetto? ''Molti, credo oltre una trentina. E credo di avere testi per altrettanti''.

Cosa pensa di farne adesso che la musica si è risvegliata in lei? ''Io non posso fare molto, posso solo continuare in questo progetto, contando sulla collaborazione di Guido Guglielminetti e propormi come autore''.