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20/12/2024
01/04/2017 ADDIO PROUST!
''Questi anni di spiccato e insopportabile individualismo e di apatia...''
Ad un primo ascolto ho notato una netta somiglianza timbrica e stilistica con il nostrano Manuel Agnelli (soprattutto nei brani più aggressivi, notevole lo scream violento di ''Ascessi''); ma sarebbe riduttivo catalogare gli Addio Proust! come dei piccoli Afterhours: il vostro specchio sonoro è molto più ampio, e si possono sentire i Beatles più psichedelici (''Film'', ''Insetto'', nei finali stupendi) come le frenesie punk anni '80 (''Bove'') e linee prettamente cantautoriali, come nella bellissima apertura dell'album.
Al netto di tutto ciò, quali sono veramente gli artisti o i dischi che più hanno influenzato “Io non ho mai perso il controllo”? Ci sono in particolare dei dischi che avete ascoltato fino allo sfinimento nella fase di scrittura del vostro?
''Più che gli Afterhours, sono state fonti d’ispirazione le band che a loro volta hanno influenzato Agnelli & co. Ad esempio la citata ''Ascessi'' è forse più la figlia minore dei primi Nirvana, quelli più estremi e violenti, che della band milanese. Ma siamo consapevoli del fatto che avvicinarsi a tali sonorità rende inevitabile il confronto con l’importante e ingombrante eredità lasciata dagli Afterhours. Sicuramente, tra i dischi e gli artisti che hanno ispirato ''Io non ho mai perso il controllo'', in primis ci sono i Nirvana, quelli di ''Bleach''. Ci sono i Beatles di ''I am the Warlus'', ''A day in the life'' e dei dischi ''Revolver'' e ''White Album''. C’è la psichedelia vintage ma allo stesso tempo moderna dei Tame Impala con i dischi ''Innerspeaker'' e ''Lonerism''. C’è Beck, quello di ''Mellow Gold'', ''Odelay'', ''The Information'', per la sua camaleontica capacità di contaminare e soprattutto per il suo gusto e la sua attenzione alle parti ritmiche. C’è la pazza furia garage di Ty Segall, il suo ''Slaughterhouse'' è tra i dischi che più ci hanno ispirato negli ultimi anni, come anche l’oscuro e immaginifico disco degli Other Lives, ''Tamer Animals''. C’è il claustrofobico e disperato ''Nebraska'' di Bruce Springsteen. Ci sono gli italiani CCCP con il disco ''Affinità-divergenze tra il compagno Togliatti e noi'', ci sono i Verdena, c’è Lucio Battisti con il disco ''Anima Latina''. E molti altri ancora che direttamente o indirettamente sono entrati nel processo creativo del disco, come ad esempio la musica popolare tradizionale, quella italiana, e quella di altre culture come la musica greca, la musica balcanica o il blues americano''.
Le liriche di tutto il disco sono interessantissime. Ho apprezzato una scrittura profonda, ma mai pretenziosa. “I pesci non hanno mai un temporale da condividere o dimenticare”... Questi animali di cui si parla in modo un po' misterioso in quasi in tutti i brani fanno forse parte di un vostro particolare universo artistico o sono precise metafore di qualcosa di terreno? O forse sono semplici descrizioni di semplici esseri viventi ai quali raramente diamo questo peso?
''Esattamente, gli animali del disco fanno parte del nostro universo artistico e sono tutte metafore o evocazioni di qualcosa di terreno. Sono creature dallo spiccato carattere umano, tanto da diventare, nel nostro immaginario, quasi degli uomini-animali, esseri dal confine incerto che stabiliscono un dialogo con le nostre istanze più profonde. Ad esempio, in ''Insetto'', un pezzo sulla possessione, sul tormento, la metafora animale ci è servita per trasmettere il senso di turbamento. La sensazione inspiegabilmente perturbante di un piccolo insetto nero nel suo stridente e spasmodico muoversi, nel suo formicolio di zampe e antenne è una presenza che ti rimane addosso, ti possiede, per l’appunto, e con il minimo sforzo. In ogni caso, l’immagine di questi esseri primordiali ci è servita per indirizzare il discorso verso la ricerca d’istintività ed essenzialità espressiva e compositiva, obiettivo che ci eravamo posti sin dall’inizio in fase di progettazione del disco''.
L'album, anche nelle parti più aggressive, conserva comunque un sound elegante. Era uno dei vostri obiettivi mantenere un equilibrio tra le parti più liriche e quelle più “rock” del disco o è qualcosa che è venuto fuori successivamente con il lavoro in studio? Quanto è cambiato il disco una volta pronto rispetto a come lo avevate in mente prima di registrarlo?
''L’altalena emotiva che caratterizza il disco non è stata qualcosa di preventivamente programmato, ma è nata e si è sviluppata in maniera del tutto naturale. Il lavoro in studio ha sicuramente favorito questo aspetto e ce ne ha dato maggiore consapevolezza. Decisivo in questo senso è stato anche il contributo del nostro produttore Guido Melis, che ha suggerito l’ordine della scaletta dei brani e che, là dove è stato necessario, ha spinto un po’ sull’acceleratore, velocizzando e dando maggiore energia a pezzi, come ad esempio ''Ascessi'', inizialmente più lenti e meno incisivi.
Il disco e in particolare alcuni pezzi sono mutati moltissimo in studio durante le sessioni di registrazione. Trasformandosi tra le nostre mani, hanno acquistato con il tempo il loro vero carattere, come ad esempio ''Sulla coda di novembre'', un brano che inizialmente rischiava di essere escluso proprio perché non trovava una propria quadratura.
In alcuni casi abbiamo lasciato cavalcare l’istinto, creando sul momento, senza ripensamenti, le parti strumentali o addirittura i testi, finendoli di scrivere proprio davanti al microfono tra una take e l’altra. A volte quando riascolto il disco ho l’impressione di percepire l’incertezza e il dubbio nel cantare alcune frasi scritte sul momento. L’incertezza della voce e la titubanza nel cantare una nuova frase, a mio avviso, donano maggiore sincerità ed empatia al discorso musicale, rispetto alla granitica sicurezza di cantare un testo pensato e ripensato precedentemente''.
Tra i ripetitori
delle antenne radio,
il tempo di guardarsi e non parlare.
Si chiude, improvvisamente, con questi versi il vostro disco, come se ci fosse ancora altro da dire ma il lettore cd lo impedisse. C'è forse qualche tema di questo album che pensate di riprendere in mano e approfondire nei vostri futuri nuovi pezzi?
''É esattamente ciò che volevamo ottenere. Ci sarebbe moltissimo altro da dire, e tutto il discorso portato avanti con questo disco è solo l’inizio. Ci siamo solo affacciati sul bordo di questo baratro, sbirciando timidamente in punta di piedi per guardare verso il fondo. I nervi si sono tesi a fior di pelle, lasciandoci solo con un fastidioso male ai denti. Tutto ciò che doveva esplodere è rimasto bloccato nell’attimo prima di accendere la miccia. Avevamo maturato molte cose negli ultimi anni, frustrazioni e desideri da tirare fuori, ma il tempo concesso per scendere dall’impalcatura di un semplice essere umano, come lo siamo noi, è davvero poco, ancora meno se si pensa ai 33 minuti di un disco.
Sono convinto che stiamo già maturando la visione del prossimo lavoro, ci sono già i primi semi. Finora abbiamo solo urlato in faccia ai demoni che ci tormentavano, forse adesso è necessario fermarsi a conoscerli e magari radunarli tutti attorno a un tavolo''.
Percepisco nel vostro disco una sana follia di fondo, genuina, quella che spesso aiuta a partorire un album di qualità. Davvero non avete mai perso il controllo?
''È assolutamente impossibile rimanere calmi e non perdere il controllo in questi anni di spiccato e insopportabile individualismo e di apatia. Nel nostro disco, oltre ad una sana follia di fondo, c’è una genuina contraddizione: infatti molto di ciò che si canta non è ciò che si prova. ''Macello'', con il verso Io non ho mai perso il controllo è un esempio in questo senso. Abbiamo voluto con questo brano bloccare e immortalare una sensazione di rabbia accecante nel momento prima dell’esplosione, quando cioè si gonfiano le vene del collo, si diventa rossi in volto mentre si prova inutilmente ad autoconvincersi che va tutto bene. Questo per dire che la rabbia e il perdere il controllo fanno parte integrante del nostro vivere, ma che non sempre è possibile esternare, anzi quasi sempre diviene un'insopportabile frustrazione con la quale convivere. Anche la balena della copertina si porta addosso una sana e genuina follia e contraddizione di fondo. Apparentemente è seduta al tavolo di cucina intenta a prendersi in relax un caffè, ma sta partorendo chissà quali pensieri e forse si sta preparando a divorarci...''. (Haze)