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01/12/2016   IAN FISHER
  ''Porterò in tour un po' di vera musica country da fare ascoltare al pubblico italiano...''

Meno di un anno fa hai registrato un altro album, ''Nero'', che parlava di distruzione e ricostruzione. Qual è invece il tema di ''Koffer'', se ce n'è uno? «''Koffer'' è più un mixtape, una raccolta di singoli che ho registrato nel corso degli ultimi cinque anni e che morivo dalla voglia di pubblicare. Se dovesse emergere un qualche tema di fondo, sarebbe in maniera inintenzionale e avrebbe meno a che vedere con l'album in sé e più che con il mio lavoro in generale, che è spesso collegato al viaggio, ad un sentimento di nomadismo culturale e nostalgia. Ma se volete trovarlo voi un concetto di fondo, fate pure». ''Koffer'' significa "valigia" in tedesco. Potresti fare una lista di tre cose che metteresti nella tua valigia e tre cose che invece non porteresti con te. «Bella domanda! Io sono sempre in viaggio per i miei concerti. Credo che una delle ragioni per cui mi sposto così tanto sia perché mi costringe a semplificare le cose. Mi rende davvero consapevole di cosa sia davvero necessario e di cosa ci si può lasciare alle spalle. Ovviamente potrei rispondere su un piano filosofico, ma preferisco rimanere ancorato alla realtà pratica. Porto sempre con me la chitarra acustica, un po' di vestiti (2 paia di pantaloni, 7 camicie, 7 paia di calze e mutande, un paio di pigiami e due giacche, una leggera e una pesante. E il mio computer. In genere è tutto ciò che serve. Contrariamente a quanto consiglia Douglas Adams in ''Guida Galattica per Autostoppisti'', non porterei con me un asciugamano. In genere preferisco portare un libro con me, ma potrei benissimo lasciare a casa anche quello perché spesso dopo i concerti sono troppo stanco per leggere. E infine, non porto mai con me nessuna aspettativa. Mark Twain diceva che le aspettative sono il peggior bagaglio da portarsi appresso». Ogni tua canzone ha una storia alle spalle. Ci racconteresti qualche aneddoto legato al tuo primo singolo ''Candles for Elvis'', ''Whole Lotta Room'' e ''If you wanna stay''? «Ho composto ''Candles for Elvis'' una decina di anni fa, l'ho registrata e ri-registrata tante volte e la suono praticamente a tutti miei concerti. Non riesco a togliermela di dosso. Credo sia perché affronta un tema molto ampio e fuori dal tempo: parla della tendenza delle persone a idealizzare in maniera distorta certi personaggi, a farne dei simbolici feticci dietro i quali trincerarsi per giustificare il loro egoismo, le loro paure, la loro mentalità antiquata e e piena di odio, poco incline alla solidarietà. E mi riferisco a figure di certi politici contemporanei come Donald Trump, Putin, o Erdogan e alle masse retrograde che li seguono. ''If you wanna stay'' l'ho scritta sulle Alpi, da ubriaco, dopo una notte di flirt alcolico alla maniera degli austriaci. Loro sono dei maestri in questa disciplina e io ho provato a imparare da loro. ''Whole lotta room'' era inizialmente destinata all'album ''Nero''. Ma ho avuto la geniale idea di spendere tutti i miei soldi per stampare quell'album anche su vinile. Sappiate che oltre a essere costosi, fragili e dannatamente fastidiosi da trasportare, un'altra incredibile qualità dei vinili è che possono contenere solo 40 minuti di musica. Per questo motivo, ho dovuto tagliare fuori tre canzoni da ''Nero'', tra cui appunto ''Whole Lotta Room''. Mi sono sentito come se avessi sacrificato il mio primogenito e anche per questo sentivo l'esigenza di pubblicare un nuovo album». Ian, sei stato definito "un musicista del mondo senza patria", e in quanto musicista girovago sei sempre in movimento, con continue trasferte da una città all'altra. Nonostante ciò, hai fatto dichiarazioni molto chiare sulla politica americana e hai espresso il tuo enorme disappunto riguardo alla recente vittoria di Donald Trump. Senti di avere delle radici fortemente impiantate da qualche parte, e se sì, dove? «Ho delle radici profonde nella mia città d'origine, Ste. Genevieve in Missouri. E ho radici profonde anche nella città in cui ho vissuto da adulto, Vienna. Ho qualche radice anche a St. Luis, a New York, a Berlino, a Monaco e in un altro paio di città in Europa in cui mi sento – o mi sono sentito – a casa. Mi sento più legato a luoghi nei quali sono circondato da persone la cui identità è fondata su ciò che fanno, su ciò che suscita il loro interesse e su ciò a cui danno valore, anziché su quale sia il loro territorio di nascita, la loro religione o la loro lingua. Non mi sento legato a nessun paese. Ho viaggiato troppo per credere nell'idea di appartenenza nazionale. Più si viaggia, più si capisce che "le nazioni" non esistono davvero. Prendi l'Italia, per esempio: ogni volta che attraverso questo paese mi sembra di stare viaggiando in una dozzina di paesi diversi. E credo sia un bene! È una delle cose che mi piacciono di più del viaggiare in Italia». Credi che il pubblico europeo sia abituato ad ascoltare musica country? E quello italiano? «Talvolta il pubblico europeo ha in mente un'immagine stereotipata della musica country che ha poco a che vedere con il genere di musica che faccio io. Secondo molti, sembra che la musica country sia da associare ai cowboy, ai cavalli e alle armi. Questo non va bene. La musica country è molto più di questo. Nella sua forma più pura, il contry può essere una variante molto onesta della musica tradizionale, con influssi pop. Storicamente, il rock 'n' roll delle origini ha sue radici nella musica country. Provengono dalla stessa famiglia. Credo che sempre più Europei si stiano aprendo alla musica country, ma ci vorrà un po' di tempo. Quanto agli italiani, non devono far altro che venire ai miei concerti per accorgersi che la musica country può assomigliare molto all'indie o al folk al quale sono già abituati». A proposito dell' Italia: verrai presto a farci visita, e non per la prima volta. Qualche consiglio per gli italiani che verranno ad ascoltarti? «Sì, attraverserò in tour l'intera penisola per la terza volta! Sarò lì da voi tra gennaio e febbraio e passerò da tantissime città: Milano, Vicenza, Livorno, Latina, Taranto, Catanzaro, Catania, Palermo, Cosenza, Roma, Siena, Treviso, Mantova, Varese... Il mio consiglio è di portare con voi degli amici al concerto e fare baldoria insieme a noi!».