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13/04/2016   ALESSANDRO FLORIO
  Incontro tra la migliore tradizione jazzistica americana e la cultura mediterranea ed europea

Si intitola “Roots Interchange” il nuovo album soul jazz firmato dal chitarrista e compositore jazz Alessandro Florio con due tra i più importanti e quotati musicisti della scena jazzistica internazionale: Pat Bianchi all’Hammond e Carmen Intorre alla batteria, quest’ultimo fulcro della rhythm section di George Benson e di Joey Defrancesco, ed entrambi musicisti del trio di Pat Martino, leggenda della chitarra jazz. Abbiamo incontrato il giovane chitarrista originario della Costiera Amalfitana alla vigilia della seconda ristampa dell’album che sta riscuotendo unanimi consensi di pubblico e di critica. “Roots interchange” nasce da un incontro, quello con gli americani Pat Bianchi e Carmen Intorre. Ci puoi parlare di questo incontro e quali sono gli elementi musicali che vi accomunano? ''Ho conosciuto Pat a una jam session al "Fat Cat" di New York, dove fui invitato da Paul Bollenback, uno dei più grandi e rispettati chitarristi della scena Jazz mondiale con il quale ho avuto la fortuna di studiare. Al momento non avevo neppure capito si trattasse di Pat Bianchi, che già ascoltavo su molti dischi che per me erano un riferimento; fu proprio Pat a presentarmi Carmen Intorre, sua spalla fissa in molte formazioni di rilievo come nel trio del leggendario Pat Martino. Era un po' che avevo in testa un disco in trio ma mai avrei pensato che la cosa si sviluppasse così in fretta e con musicisti di tale levatura che per me erano già un’ispirazione da quando li ascoltavo e li studiavo dai dischi...''. I brani che compongono questa registrazione sono standard della tradizione oltre che tuoi brani originali. Come avete selezionato le tracks? ''Il compito di selezionare le tracks è stato quasi esclusivamente a carico mio: avevo dei brani miei che ritenevo adatti al sound dell'Hammond ed al modo di suonare di Pat e Carmen. Gli unici due brani non originali presenti nel disco (''In Walked Bud'' e ''Straight, No Chaser'') sono un retaggio del mio album precedente e dei miei studi sulla musica di Thelonious Monk, che però in questo ambito va usata con cautela, poiché non sempre si sposa a meraviglia con le sonorità tradizionali dell’organo Hammond''. Quali sono le caratteristiche che rendono una song, uno standard destinato a durare nel tempo? ''Senza dubbio la melodia: è proprio da lì che i jazzisti, dal bebop in poi, hanno attinto e sviluppato il tutto arricchendolo armonicamente e ritmicamente. Anche nelle improvvisazioni è un po' la stessa cosa: a mio avviso i migliori improvvisatori sono quelli che suonano elementi della melodia sviluppandola durante i loro soli in maniera anche non del tutto evidente''. Oggi com’è possibile lavorare su questi brani riuscendo a mantenerne integra la tessitura originale e al contempo comunicare qualcosa di contemporaneo? Qual è il segreto? ''Credo che il segreto sia interiorizzare il più possibile un certo linguaggio per poi poter dire la propria. Non tanto il copiare ma l'osservare e studiare quel che c'è dietro la musica dei grandi del passato può aiutare molto: quasi tutti caratterizzano il loro linguaggio grazie a determinate scelte ritmiche e melodiche che danno un taglio ben preciso alla loro musica. Lo stesso accade nell’arte figurativa che può risultare più immediata: alcuni pittori prediligono determinati colori e forme, elementi che li rendono riconoscibili a un primo sguardo. Le combinazioni nel jazz sono pressoché infinite. Bisogna solo realmente seguire il proprio gusto e inclinazione naturale. Dopo anni e anni di studio generale ovviamente...''. Dove è stato registrato “Roots interchange”? ''E' stato registrato in due sessioni differenti: la prima presso i Tedesco Studios di Jersey City (NJ) e la seconda presso Elios Studios di Castellammare (NA). Tutte le tracce presenti nel disco sono però quelle della seconda session, mentre molti stralci della prima sono finite (con tanto di video) su youtube''. Ci parli delle tue esperienze live legate alla presentazione del cd? ''Esperienze pressoché indimenticabili... Ogni sera succede qualcosa di diverso quando suoni con musicisti di quel livello. Ed ogni sera funziona a meraviglia. Mi riferisco soprattutto ai tre tour che abbiamo già fatto in Italia con Pat e Carmen, toccando gran parte della nostra penisola ed esibendoci nei migliori Jazz Club e Festival del nostro paese. Ho inoltre presentato il disco in Indonesia, Grecia, Belgio, Italia affiancato da sideman locali, asiatici ed europei, che sono state ritmiche altrettanto validissime''. Quali sono i tuoi prossimi progetti? ''Continuare la presentazione del disco nei club prima e nei festival durante l’estate, da settembre registrare e andare in tour con un altro assai celebre nome del panorama jazzistico internazionale... ma siamo in fase di "lavori in corso": diciamo che per scaramanzia non anticipo nulla. Dico solo in futuro comincerò a muovermi più spesso in contesti fuori dall'organ trio, anche se per Ottobre è già previsto un altro tour di presentazione di “Roots Interchange” in Nord Europa''. Dove si può trovare il cd? ''Si può scaricare su tutte le piattaforme digitali (iTunes, Amazon, Google Play, Shazaam ecc), o, per quanto riguarda le copie fisiche si può acquistare direttamente ai miei concerti live o scrivendo alla sezione "contatti" del mio sito ufficiale www.alessandroflorio.com''. Descrivi in tre parole “Roots interchange”. ''Swing, divertente, Italo-americano!''.