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25/03/2025   NOINDEX
  ''Accettare la nostra fragilità, perché è lì che risiede la nostra forza...''

Parliamo di un progetto distopico decisamente interessante per la complessità strutturale sia nel suono che dentro le liriche e i suoi messaggi. Andiamo mille anni nel domani con “3024”, primo EP dei napoletani NOINDEX guidati da Francesco Paolo Somma (voce, autore dei testi e compositore) e Cris Pellecchia (bassista, compositore e arrangiatore dei brani). Al progetto collabora Gianfranco Balzano in qualità di live producer e sound engineer. Il suono etereo ma dalle decise intenzioni rock (mai volutamente esplicitate a dovere). E quella sospensione, la sezione di drumming che mi riporta nell’Inghilterra elettronica anni ’90. L’uso dell’italiano è una scelta coraggiosa che sembra funzionare anche se inevitabilmente riporta tutto nel “pop” da radiofonica commerciale. C’è un mondo dietro, anche nei video che troviamo in rete… due chiacchiere con Francesco Paolo Somma...

Mi incuriosiscono i video short che campeggiano su Spotify. I volti… come a dire: restiamo uomini di questa terra? È questa la vera cosa che conta? ''Sì, è esattamente questo il punto. I volti nei nostri canva di Spotify sono il simbolo dell’identità umana che resiste all’omologazione, al silenzio imposto da un sistema che vuole cancellare tutto ciò che ci rende vivi. Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia e l’iperconnessione ci fanno credere di essere più vicini, ma in realtà rischiamo di perdere il contatto con noi stessi. Restare umani significa non smettere di sentire, di pensare, di ricordare. E significa anche accettare la nostra fragilità, perché è lì che risiede la nostra forza''.

E poi questa copertina, parlando di volti: un circolo di volti come a dire cicli e ricicli storici dell’uomo sulla terra? ''Esattamente. La copertina di 3024 rappresenta l’umanità collettiva, un loop di volti che si intrecciano in un ciclo senza fine. Ogni volto è unico, ma insieme formano un’unica entità, come se la memoria e l’essenza umana fossero frammenti che cercano di ricomporsi. Questi volti, però, non sono casuali. Sono stati fotografati da Luca Somma durante la nostra mostra d’arte e concerto "3024: Memorie di un Residuale", che si è tenuta il 7 dicembre presso Itaca Colonia Creativa a Pomigliano d’Arco (Napoli). Chiunque fosse presente poteva farsi fotografare e diventare parte di questa memoria collettiva. Quelle persone sono i Residuali di oggi. Coloro che hanno partecipato all’evento, mettendoci la faccia, rappresentano chi ancora oggi si interroga sulla propria umanità, sulla propria identità in un mondo sempre più digitalizzato e standardizzato. Sono gli ultimi custodi della memoria e dell’emotività in un’epoca che tende a cancellarle. Il design della copertina è opera dell’artista Giulia Galgano, che ha utilizzato una tecnica mista tra arte digitale e collage. Dopo la fase fotografica, i ritratti sono stati stampati, ritagliati a mano e posizionati per formare questo cerchio. Successivamente, sono stati fotografati di nuovo, digitalizzati e rielaborati, dando vita a quest’immagine ibrida tra il fisico e il virtuale. Il cerchio che vediamo in copertina è quindi molto più di una semplice composizione grafica: è un simbolo di resistenza, un archivio vivente, un atto di sfida. Ma resta anche una domanda aperta: è un’unità che si rafforza o una catena che ci tiene prigionieri? L’umanità può ancora riscrivere il proprio destino, o è destinata a ripetere sempre gli stessi cicli?''.

Che poi questo futuro immaginato, perché secondo voi deve sempre essere lontano dalla felicità? Siamo sempre distopici… ''Forse perché il futuro, oggi, sembra sempre più qualcosa che ci viene imposto, piuttosto che qualcosa che costruiamo con consapevolezza. Ci vendono l’idea che progresso significhi annullare tutto ciò che è caotico, imprevedibile, emotivo… ma non è proprio questo il cuore dell’umanità? La felicità non può essere solo efficienza e ordine perfetto, perché l’essere umano non è una macchina. Forse tendiamo alla distopia proprio per questo: è un monito, un modo per dire “Attenzione, non perdiamoci”. Ma nei nostri testi c’è sempre un punto di rottura, un seme di ribellione. C’è chi sogna, chi si ricorda, chi cerca di cambiare il corso degli eventi. Quindi forse non è solo distopia… è resistenza''.

Il suono di questo disco quanto inneggia al futuro? E quanto invece respira di forme classiche? ''Il nostro suono è sospeso tra questi due mondi, proprio come la nostra narrazione. Da un lato ci sono suoni sintetici, glitch digitali, distorsioni che evocano il futuro ipercontrollato di Ataraxia. Dall’altro, c’è il calore degli strumenti classici, le armonie umane, il respiro di qualcosa che viene dal passato e che non può essere cancellato. È un contrasto voluto: il futuro non può esistere senza la memoria del passato. Se la musica deve parlare di un conflitto tra l’essere umano e la macchina, allora deve portare dentro di sé entrambe queste nature''.

Il messaggio primo che mi resta dal disco: l’emotività ci salverà contro le macchine? ''Sì, ma non solo. L’emotività è il cuore pulsante della resistenza, è ciò che rende l’essere umano diverso da una macchina. Ma non basta provare emozioni: bisogna anche avere il coraggio di ascoltarle, di accettarle, di condividerle. In un mondo che ci vuole anestetizzati, il semplice atto di sentire qualcosa in profondità diventa un atto rivoluzionario. E poi c’è il sogno: nei nostri testi, il sogno è l’ultimo spazio inviolabile, il luogo dove la memoria dell’umanità si rifugia quando tutto il resto viene cancellato. Se il futuro sarà scritto solo dai dati e dagli algoritmi, allora saremo davvero persi. Ma finché qualcuno continuerà a sognare, a sentire, a ricordare… ci sarà sempre una speranza''.