Sono presenti 1377 interviste.

01/04/2025
ENTEN HITTI
''Molte fedi sotto lo stesso cielo e tutte puntano all’uno...''

27/03/2025
VORIANOVA
''Sentirsi uguali nelle mille sfaccettature e nelle mille sensibilità identitarie dell’essere umano...''

tutte le interviste


interviste

22/03/2025   EVELINE'S DUST
  ''Bisogna recuperare la bellezza di conoscere un'artista a 360°, ascoltare un intero album e non canzoni sconnesse...''

FOTO: Senio Firmati

Se è vero che con il raggiungimento della “terza età”, come ahimè nel caso dello scrivente, aumenta la tendenza a ripetersi, stavolta la tendenza ci sta tutta. Repetita iuvant. Coglieva perfettamente nel segno il genio di Battiato quando nel lontano 1981 cantava “…e sommersi soprattutto da immondizie musicali” (''Bandiera bianca''), situazione immutata se non peggiorata (la mercificazione dell’arte di cui parlava Adorno, noto esponente della Scuola di Francoforte, già negli anni 30 e 40 del Novecento). E tutto questo a dispetto di un underground italiano (e non solo) ricco di talenti, e di tanta buona ottima musica, un mondo ricco e variegato che se non fosse per le etichette indipendenti (una di queste è la spesso citata Lizard Records) verrebbe sistematicamente ignorato. Nihil novum sub solem.

I toscani Eveline’s Dust (Nicola Pedreschi, voce e tastiere; Lorenzo Gherarducci, chitarre; Marco Carloni, basso; Angelo Carmignani, batteria), band toscana che andiamo a presentare intervistando Lorenzo Gherarducci, esprimono una di queste realtà. Ho conosciuto il gruppo, e in particolare Lorenzo, anni fa, apprezzando le loro grandi potenzialità espresse fin dalle prime produzioni, l’EP ''Time Changes'' (2012) e ''The Painkeeper'' (2016), un progressive ben calato nel contesto attuale dove traspariva una serie di influenze (Porcupine Tree in primis) riuscendo nel contempo a mantenere una significativa originalità. Insomma, la stoffa c’era: non per nulla hanno partecipato a importanti eventi live come il festival Prog di Veruno e il Prog Day alla Fiera Internazionale della Musica.

Dopo la loro grande occasione inglese con l’uscita di “K” per Giant Electric Pea ltd (2019), seguita da diversi concerti in Europa, li ho persi di vista (mia lacuna) fin quando ho appreso del loro ritorno alla Lizard Records con una nuova uscita discografica che porta il titolo della band. Quale migliore occasione per riordinare le fila della loro proposta artistica e presentarla ai nostri cybernauti?

Ciao Lorenzo, piacere di reincontrarti e benvenuto/i su Music Map. Partirei dalle vostre origini, descrivendo in sintesi come è nata la band e come siete arrivati al primo disco… ''Ciao Mauro, piacere mio e di tutta la band. Gli Eveline’s Dust nascono circa tra 2011 e 2012 a Pisa tra un gruppo di amici che aveva come repertorio qualche cover e qualche brano originale in stile progressive rock moderno. Inizialmente alla batteria c’era Marco Calafà con il quale abbiamo fatto uscire il nostro primo EP “Time Changes”. Dopo l’EP è subentrato l’attuale batterista Angelo Carmignani con il quale abbiamo iniziato a dare vita ad un progetto più concreto. Da lì, come ben sai, gli album “The Painkeeper”, “K” e adesso l’omonimo “Eveline’s Dust”. In più siamo riusciti a collezionare diversi concerti in Italia e all’estero con anche partecipazioni a festival di settore''.

Accennavamo alle influenze musicali, inevitabili in ogni artista, checché se ne possa dire sul mito di una presunta originalità “assoluta”, che intendiamo, non solo non esiste nell’arte ma non ne viene affatto inficiata se, come auspicabilmente accade, quello che si ascolta e che ci cattura va a costruire il terreno creativo su cui si articola ogni proposta musicale. E in tal senso il “Sacro Graal” della originalità viene raggiunto quando già dalle prime note si riesce a riconoscerne la provenienza. Tanto premesso (e spero chiarito), ti do il “là” per ripassare quelli che ritenete abbia/no avuto l’impronta/e più significativa/e sulla musica di Eveline’s Dust… ''E’ indubbio che su tutti le influenze di Steven Wilson e i Porcupine Tree sono le più riconoscibili in quanto propongano un prog più fresco e contaminato pure da sonorità pop, ma nelle orecchie abbiamo sempre avuto anche tanta musica funk e fusion e ci siamo sempre ispirati anche al groove e alle sonorità degli Snarky Puppy. Infatti in molti ci hanno sempre fatto notare che, nonostante le influenze riconoscibili, siamo sempre riusciti ad esprimere il nostro stile personale; almeno, così dicono e speriamo pure noi''.

Ed ecco che nel 2019 si presenta l’opportunità del “grande salto inglese” con la Giant Electric Pea ltd. legata ai grandissimi IQ attraverso Michel Holmes, loro storico chitarrista e fondatore. Cosa ci puoi dire di questa esperienza e, nel caso, su eventuali, significative differenze rispetto alla realtà musicale italiana? ''L’esperienza con GEP è stata sicuramente molto positiva perché ci ha aperto a più canali di visibilità esteri per quanto riguarda visibilità e recensioni. Rispetto alla realtà musicale italiana non ci sono differenze significative, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto del live. La scelta di tentare l’uscita di un album con GEP, ripeto, fu dettata più dall’aspetto del potenziale aumento del bacino di utenza della band''.

…Dopo di che, il rimpatrio discografico con il nuovo approdo alla Lizard Records, se vogliamo una sorta di (esigenza di?) ritorno alle origini, scegliendo come titolo il nome della band… ''Con la Lizard e Loris (Furlan) c’è sempre stato un bellissimo rapporto e siamo molto legati e grati a questa realtà poiché è grazie a lui che siamo riusciti ad emergere. Il titolo “Eveline’s Dust” è stata una scelta dettata dal tema di quest’album, ovvero il viaggio, prendere delle decisioni, cambiare la propria vita come vorrebbe fare Eveline nel libro di James Joyce “Dubliners”, da cui appunto prendiamo il nostro nome. La polvere di Eveline è l’elemento che opprime la vita e che deve dare la spinta per una rinascita''.

Da un primo ascolto di ''Eveline’s Dust'' si percepisce un retrogusto dark caratterizzato da un groove malinconico, potente, a tratti lievemente aggressivo, che sembra esprimere perfettamente (anche) il disincanto giovanile di quella che il filosofo e psicoanalista argentino Miguel Benasayag definiva nell’omonimo libro (con Gérard Schmit) “L’era della passioni tristi” (2007), inconfondibilmente presente anche nella società contemporanea, digitalizzata ed iperconnessa, ma al tempo stesso dominata da un pervasivo senso di solitudine (del cittadino globale, richiamando Bauman, 2000). Non so se – quanto – ti/vi puoi riconoscerti/vi in queste sensazioni ma soprattutto cosa vuoi dirci del nuovo disco… ''Le sensazioni che hai menzionato sono perfettamente in linea con l’intenzione compositiva di questo album e anche col messaggio dei testi, i quali appunto richiamano il voler cambiare vita, uscire da delle oppressioni. Credo che questi brani sono nati molto anche da delle jam session fatte in sala prove, motivo per il quale il groove è molto predominante. Ci siamo lasciati trascinare molto dall’istinto. Se vogliamo possiamo dire che sicuramente alcuni brani sono stati composti, almeno in una prima fase, “più di pancia”, non so se mi spiego. Ad esempio “Better lie bitter life” è un perfetto esempio''.

Credo di sfondare la classica porta aperta nel ribadire le difficoltà dei gruppi (e delle etichette) che operano fuori dai grandi circuiti dell’industria musicale nel trovare i meritati spazi (starei per dire dovuti, in una utopica società basata sul merito e sulla qualità), sia mediatici che dal vivo. La vostra esperienza in merito e, in base a questa, i vostri programmi a medio termine… ''Dici bene, oggi più che mai tenere in vita un progetto del genere, se vogliamo in parte di nicchia, è davvero difficoltoso. E’ cambiata la distribuzione e la fruizione in modo profondo, di fatto anche noi ci siamo adeguati facendo uscire nel tempo 4 singoli per poi pubblicare l’intero album. Insegnando però chitarra moderna nelle scuole di musica mi rendo conto che però molti giovani sono curiosi di scoprire nuova musica e che non vivono solo dei singoli del momento. Secondo me l’industria dovrebbe ormai rendersi conto che non può essere tutto omologato a una tendenza temporanea. Ci sono migliaia di progetti inediti ed emergenti validissimi che valgono la pena di essere scoperti. Bisogna recuperare la bellezza di conoscere un’artista a 360 gradi, ascoltare un intero album e non canzoni sconnesse in modo approssimativo. Chi si occupa dell’industria musicale, oltre a fare soldi, dovrebbe rendersi conto della responsabilità culturale che ha sulle spalle. Per tornare ai nostri programmi, per adesso abbiamo la data di presentazione dell’album a Pisa il 6 aprile presso il Teatro Nuovo''.

Nell’auspicio di poterci incontrare ad un prossimo vostro concerto, a te la parola per rivolgerti direttamente al nostro pubblico… ''Ogni album che abbiamo fatto uscire ha una sua sonorità e una sua storia. Speriamo che anche quest’ultimo venga gradito e che non deluda le aspettative dopo 5 anni di attesa. Per chi fosse interessato a vederci o rincontrarci dal vivo, vi aspettiamo il 6 aprile al Teatro Nuovo di Pisa. Speriamo di poter comunicare presto nuovi appuntamenti. Nel frattempo buon ascolto e buona musica!''. (Intervista di MauroProg)