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18/02/2025
13/02/2025 ENRICO FILIPPI (TEODICEA)
''I mass media fanno passare soltanto mediocrità, perché un popolo di ignoranti è più facile da gestire...''
Ho incontrato il musicista che ci accingiamo a conoscere qualche anno fa, con la sua band di allora, gli Aliante, nell’ambito di uno special prog radiofonico che curavo con l’amico Alberto, in occasione dell’uscita del loro primo disco (''Forme Libere'', MP Records, 2017). Fu una conversazione densa e piacevole dove si parlò (anche) di questo bel disco a impronta tastieristica, la mia preferita. Poi si sa, come ci insegna Eraclito, la vita scorre (pantarei), tanto più coi nostri insani ritmi accelerati dove il sovraccarico di stimoli e incombenze tende ad affastellare le informazioni rendendo la memoria non certo indelebile (spero non sia per lo scrivente una questione ehm ehm di età 😉).
Nei miei ascolti riguardanti le ultime uscite di quella variegata galassia inquadrabile nel neo-progressive contemporaneo italiano, mai valorizzata come meriterebbe da un mainstream musicale troppo spesso basato sui criteri dell’obsolescenza programmata (Latouche), sia dei prodotti che degli artisti, avevo sulla scrivania il disco di esordio dei Teodicea, Il mondo esausto (M.P. & Records, distribuito da G.T. Music, 2024). Senza conoscerli, né aver letto nulla, lo inserii nel lettore CD.
Fin dalle prime note sono stato catturato dalla calda pastosità di tastiere analogiche ben integrate con sonorità contemporanee e padroneggiate con maestria, amalgamate da una ottima base ritmica basso-batteria che non ti fa sperimentare cali di attenzione dall’inizio alla fine. Formazione classica a tre che sul piano storico richiama i maestri assoluti del genere come gli EL&P e nostrani Le Orme.
Scelta (o necessità?) coraggiosa quella dei Teodicea di fare a meno della voce (almeno al momento), che tendenzialmente, come si sa, rende meno agevole la fruizione. Scelta comunque particolarmente apprezzata dallo scrivente, sia in quanto prediligo le tastiere (“al cuor non si comanda”), sia in quanto ritengo che, riprendendo un gran bel disco dei Marillion, in certi casi ''Less is more'' (2009). Mi riferisco alla vexata questio della vocalità nel prog italiano contemporaneo, ovvero a quella compenetrazione “alchemica”, fra il cantato e la componente strumentale che fa di una band quella band. Un obiettivo non certo facile ma quando è raggiunto si ottiene una sorta di “pietra filosofale” che marca l’identità del gruppo. E ribadisco, a scanso di equivoci: tutto questo nulla c’entra con la qualità e la bravura dei cantanti che le più volte è elevata, ma se e come la vocalità è adeguata al filone progressivo. Pertanto, quando non ci sono le condizioni per aspirare a questo ambito traguardo è meglio rinunciare al microfono.
Aprendo l’interno del jewel case e leggendo nella formazione a tre, il nome del tastierista, Enrico Azrael Filippi (con Jacopo Morandi, basso, Giacomo Putrino, batteria e tastiere), mi richiamava qualcosa di noto. Giusto il tempo di riassestare la memoria ed ecco l’insight: l’incontro radiofonico, era lui! Dopo una breve ricerca iniziale abbiamo ripristinato i contatti ed ecco Enrico con la sua nuova band presentarsi al nostro pubblico.
Ciao Enrico e benvenuto a MusicMap.
Prima di focalizzare l’attenzione sui Teodicea e sul disco riprenderei il filo del nostro precedente incontro, partendo quindi dalla tua biografia e invitandoti a ricostruire le principali fasi del percorso musicale che ti-vi ha-hanno... ''Il percorso che mi ha portato ad oggi è stato variegato di incontri e situazioni musicali di ogni genere che ogni volta mi hanno fatto crescere, sia quando si trattava di lavorare su cover che su brani originali. Ho sempre prediletto la composizione di musica originale tant'è che con il progetto Aliante sono riuscito a rendere fruibile tanta di quell'esperienza maturata con gli anni. Sono sempre stato un grande osservatore ed un ricercatore di verità, trasformando in musica sensazioni ed emozioni che ogni volta provavo con queste mie caratteristiche. Mi hanno sempre detto che le mie composizioni sono molto cinematografiche, probabilmente per questa mia peculiarità di vedere musica in ogni dove, ogni azione, luogo, situazione, oggetto che per me è musica. Ed eccoci quindi ai Teodicea che grazie al contributo di Jacopo, Giacomo, a cui si devono aggiungere Vannuccio Zanella, Antonino Destra e OndemediE, si è realizzato in musica tutta una serie di immagini, sensazioni ed emozioni''.
Da appassionato di filosofia e di antropologia religiosa non potevo non rimanere colpito dalla pregnanza semantica del nome che definisce la band. Teodicea (dal greco theós=dio e díkē=giustizia), termine introdotto da Leibinitz (1710), rimanda ad una questione tanto antica quanto inquietante a cui sono state date (o meglio tentate) diverse risposte nei vari secoli ma che è ben lungi dall’esser risolta: i motivi della presenza del male nel mondo con un Dio giusto, onnipotente, buono. Ci sono delle motivazioni particolari per la scelta di un nome così significativo e originale? ''Beh sì. Come ti dicevo prima sono un osservatore ed un cercatore di verità animato da un’ancestrale curiosità che spinge ad interessarmi di molte cose. L'analisi del mondo, dell'essere umano, di tutte le dinamiche che ruotano intorno ad esso mi ha fatto conoscere il Weltschmerz. Uno dei brani secondo me più suggestivi ed interessanti del disco è infatti proprio “Weltschmerz” che nasce per tentare di rappresentare in musica quel malessere, così comune oggi, causato dall'insoddisfazione del vivere in una società dove sono presenti ovunque ingiustizie e violenze di ogni tipo, fisiche e mentali. Chi si riconosce in questo malessere è purtroppo consapevole di essere inadeguato di fronte ai mali del mondo e ne soffre. Di qui il passo alla domanda spirituale ‘come può un Dio, il Creatore, permettere tutto questo?’ è breve ed ecco sopraggiungere la Teodicea che cerca di spiegare il rapporto tra la giustizia divina ed il male. Si è giunti a questo nome proprio grazie a quel gruppo di lavoro di cui parlavo al punto sopra, Vannuccio Zanella su tutti ha analizzato i temi che volevano trattare ed ha suggerito il nome Teodicea che è stato subito apprezzato ed è divenuto il nome della band''.
Teodicea è un trio strumentale. Riprendendo quanto accennato sopra, per quanto vi riguarda si è trattato di una scelta o di una necessità? E poi, come si suol dire, “mai dire mai”, nel caso, al la possibilità del cantato. Vale anche per voi? ''E’ una scelta ben precisa, ben definita. Già gli Aliante erano un trio strumentale e rappresentavano l'idea di estrema libertà compositiva ed esecutiva. Si è continuato in tal modo per sfruttare la proprio la velocità compositiva e realizzativa; l'interazione tra noi tre è molto veloce, riusciamo a dare forma a quel che vogliamo esprimere senza perdere tempo e soprattutto senza rischiare di rovinare quella che è la sensazione iniziale che dà vita al brano. Ci sono delle idee di inserire qualche cantato per migliorare la fruibilità, magari non nel secondo disco che è già in fase di realizzazione, però probabilmente sì, in futuro proveremo ad inserire delle parti vocali''.
Veniamo al disco. Non so se dal lato musicale ti riconosci nei primi elementi che ho tracciato sopra, ma in ogni caso ti invito a delinearne i tratti essenziali, per quanto possibile, fermo restando che le parole non sono mai adatte e men che meno esaustive, trattandosi di linguaggi diversi. Sul piano dei significati invece l’interrogativo che mi verrebbe di porti è suggerito dal titolo stesso: “il mondo è dunque esausto?” ''Sì, a grandi linee direi proprio di sì. Sì è perso la fiducia nel futuro, nel prossimo, e ci si sente decisamente impotenti di fronte ai problemi globali. ‘Ma è tutto da buttare?’, aggiungo io: no, il punto è proprio questo analizzare, capire ed evolvere. La lotta sta proprio nel proporre qualcosa di alternativo, di tentare una via diversa, la difficoltà sta purtroppo nella trasmissione dei messaggi. Per assurdo nell'era della massima comunicazione ed interazione tra gli esseri umani resta difficoltoso far passare temi, idee che migliorerebbero la condizione umana. Si perdono nel caos delle informazioni, abbiamo tutto a disposizione e ci perdiamo; trascuriamo gli elementi importanti che ci eleverebbero perché faticosi da apprendere e passiamo le ore ad intrattenerci con argomenti superficiali. Un po' come la medicina moderna che piuttosto che curare il male ti fornisce i medicinali per tenere sotto controllo i sintomi. Certo i mass media tendono in ogni modo a far passare soltanto mediocrità perché un popolo di ignoranti è più facile da gestire, basta vedere in musica in Italia cosa viene proposto e con che cosa siamo giornalmente bombardati''.
Siamo vivendo in un’era dominata dalla rivoluzione digitale dove la dilagante espansione della Intelligenza Artificiale Generativa presenta aspetti tanto affascinanti quanto inquietanti, anche per la creatività e la produzione musicale. Al tempo stesso, il genere da noi più amato, il progressive rock, non può in alcun modo privarsi delle sue componenti essenziali quali il talento umano e la relativa capacità di evocare emozioni, sensazioni, immagini, vissuti che non sono riproducibili nei circuiti al silicio o in musiche generate da robot. Fatto sta che se un giorno si arrivasse a dotare l’IA di una sensibilità emotiva abbinata a capacità decisionali, come profetizzano alcune correnti del Transumanesimo (detto fra noi, sono fra quelli che non credono affatto a questa possibilità), il destino di Homo Sapiens sarebbe segnato. Come vi ponete, anche musicalmente, di fronte a questi scenari distopici? ''Tra gli elementi che vorrei trattare nei prossimi lavori c’è proprio la singolarità tecnologica, il momento in cui l'uomo creerà un’intelligenza artificiale sovraumana che renderà di fatto inutile l'esistenza dell’umanità stessa. L'accelerazione tecnologica degli ultimi anni è spaventosa. Abbiamo a disposizione cose che solo pochi anni erano fantascienza quindi la possibilità che un supercomputer possa prendere il controllo è tra i possibili scenari. Il Transumanesimo è un concetto estremamente interessante, da sviluppare nei dischi che verranno''.
Tutti gli appassionati del pianeta rock come noi credo siano concordi nel considerare la dimensione dal vivo, dei concerti, del rapporto diretto con chi è interessato alla tua musica, sia una esperienza irrinunciabile sia per il musicista che per i fruitori, anche di fronte alle più sofisticate tecnologie utilizzabili in sede di registrazione da godere nei propri impianti hi-fi. E questo chiama in causa il problema degli spazi e delle opportunità per suonare dal vivo che notoriamente, purtroppo, nel nostro paese non abbondano. Su questo, i Teodicea cosa si sono trovati (e si trovano) di fronte? E magari potresti accennare a qualche programma (o desiderio) in cantiere… ''Purtroppo questa è la parte peggiore del mondo moderno, soprattutto in Italia. Non ci sono spazi per potersi esibire dal vivo con alcuni tipi di musica. Noi siamo stati chiamati a suonare in Canada in uno dei più grandi festival prog del mondo, purtroppo con tutta probabilità non riusciremo ad andare, ma in Italia abbiamo suonato soltanto una volta in un ottimo locale di Firenze, l'Antisalotto Culturale che propone ancora arte in molte sue forme. Si torna al discorso di sopra. Per evolvere si deve fare fatica, esercitarsi, informarsi. L’uomo moderno ormai recepisce solo quello che gli viene inviato rimanendo bloccato nella sua condizione senza sentir la necessità di migliorarsi. Si vanno a vedere concerti solo delle cose che conosciamo, cover band, oppure delle cose che ci fanno sentire fino al vomito, rap, trap, pop di scarsissimo livello. I brani, anche i più terribili, vengono passati ovunque pur di farteli entrare in testa, una sorta di lavaggio del cervello. Sono lontani i tempi di quando si ascoltavano gli Area di Demetrio Stratos che nel bene o nel male ti facevano riflettere e pensare, che tentavano di aprirti la mente. Adesso sono tutti schiavi più o meno coscienti, più o meno ricchi''.
Bene Enrico e grazie di essere stato con noi. Come mia consuetudine a te la parola finale per congedarti dai nostri lettori… ''La parola finale è un pensiero positivo, riprendere ad ascoltare buona musica, a leggere, informarsi, aprirsi agli altri, discutere, confrontarsi ed utilizzare gli strumenti tecnologici a nostro pro per evolvere, per un futuro migliore''. (Intervista di MAUROPROG)