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18/02/2025
11/02/2025 SAMUELE STANCO E I GABBIANI MALVAGI
''Rimane la musica che nasce da un bisogno, e non dai bisogni dell’industria..''
Samuele Stanco e i Gabbiani Malvagi: come Frank Zappa nei tempi moderni.
Beh, l’accostamento al grande genio americano è sicuramente azzardato. Di certo non lo è secondo l’allegoria che ci piace sottolineare, quella potenza narrativa che arriva dall’essere liberi di trattare il suono e la melodia come un eterno gioco. E gioca Samuele Stanco, gioca con i suoi Gabbiani e giocano tutti dentro un disco che dal titolo non la manda a dire: “Amore vita sentimenti posto fisso”. Tracce di pop scanzonato, allegorico, macchiato di rock e dalle forme bizzarre, non folli come forse avrebbero potuto ma di sicuro quanto basta per non lasciare questo disco nel cesto dei tanti.
Dance, rock, hiphop, rap, canzone pop d'autore... l'indie manco a dirlo... secondo voi cosa manca a questo disco? ''Ci manca un bel pezzo drum n bass, ma sicuramente compenseremo col prossimo disco.
La cosa bella di questo progetto è che ognuno ha gusti ed influenze differenti, e questa cosa si traduce in una grande versatilità, soprattutto nel momento in cui la nostra intenzione dichiarata non è fidelizzare con un genere in particolare, ma spaziare tra diverse tendenze. Difatti in questo album si può trovare veramente di tutto''.
Parlateci degli intermezzi: come sono stati realizzati? E perché? ''Diciamo che ci siamo divertiti nel creare una cornice quanto meno poco convenzionale con la quale appendere al muro i diversi quadri che sono i brani veri e propri; in una stanza decisamente invasa dal disordine e ricolma di souvenir di viaggi lontani in posti esotici e spesso, agli antipodi tra loro. La “mission impossible” era dare un presupposto di coerenza tra pezzi diversissimi, sia a livello di genere che di intenzione. Tra i vari frammenti sono presenti tra l’altro delle registrazioni di recenti viaggi in India e Sud America con l’intenzione di esasperare le collisioni di mondi così lontani''.
Una dimensione visiva? Questo disco che ha un forte potere in tal senso… ''Sì, la copertina ce la siamo immaginata come un reperto arcaico-futuristico di una stazione radio intergalattica, collocata su un pianeta sconosciuto, che trasmette da un mare di monnezza. Un’autoradio monnezza che trasmette la qualunque, perfino la nostra musica''.
Sicuramente ha bisogno di numerosi ascolti, penso, prima di essere digerito e di trovarne una chiave di lettura personale. Secondo voi? Che tipo di dialogo ha in rapporto alle mode del momento? ''Sì, sicuramente abbiamo cercato di rimanere lontani dalle logiche del “cosa va forte in questo momento”. Abbiamo voluto dare priorità a una certa urgenza espressiva. C’è da dire che molte canzoni sono state scritte nell’arco di un paio di anni e quindi riflettono momenti di vita decisamente differenti. Molti pezzi immagino abbiano bisogno di tempo per essere metabolizzati, però possiamo dire che ciascuno di essi è un microcosmo autonomo, che inizia e chiude un racconto. Relativamente alle mode del momento, penso che se ci si mette a scrivere tenendo troppo conto di queste, si perda in partenza in termini di autenticità.
Poi, per carità, le influenze esistono. Uno mastica e digerisce la musica che ascolta, la musica che fa sicuramente ne risente. Sono convinto però che nel tempo rimanga la musica che nasce da un bisogno, e non dai bisogni dell’industria''.
Mode che in qualche misura citate... per scimmiottarle o per celebrarle? Ad esempio "Canzone indie"? È una presa in giro del cliché? Potremmo leggerlo in entrambi i modi… ''Diciamo che ci piace creare dei piccoli cortocircuiti, e sicuramente stiamo a nostro agio nella dimensione del dissacrante. Ci diverte tutto quello che può solleticare ed essere guardato da una prospettiva inedita, i cliché permettono grande libertà in questo senso. I luoghi comuni garantiscono per l’appunto uno spazio di incontro e di autoironia''.
La provincia ha una importanza centrale in questa normalità di amore e posti fissi... in che modo secondo voi ha contribuito a scrivere il disco? ''La provincia è uno dei tanti elementi che compongono l’album. La provincia sa di infanzia, di adolescenza, e quindi si ha a che fare con tutte quelle dinamiche lì. La provincia ha un sapore un po’ di ritorno, di nostalgia. Ha un sapore di liceo, di prime volte, quindi diciamo che finisce a buon titolo dentro alcune delle canzoni più intimiste ed introverse. Ha un ruolo centrale ad esempio nella canzone “Saliva” o “Ma dove vai”''.
E questa seconda prova completamente diversa dall'esordio...? Perché una simile "rivoluzione"? Il terzo lavoro dove sta puntando allora? ''Al momento di “Disco mio bellissimo” la band non esisteva ancora, e le canzoni sono state registrate nella loro semplicità, così come erano state scritte; prevalentemente chitarra e voce. Col secondo disco la band esiste ed è rodata, quindi diciamo che è stata solamente una naturale evoluzione delle cose. Il terzo disco sta guardando a contaminazioni più elettroniche, sicuramente c’è l’interesse a sperimentare e a toccare generi non ancora affrontati''.